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Spese militari, Ue e Nato: fatti, numeri e dibattito

Chi e come si discute sull'aumento delle spese militari al 2% del Pil fra politica e analisti

 

Avanti per obiettivo del 2% del Pil per le spese militari entro 2028.

L’Italia onorerà l’impegno nei confronti della Nato di aumentare la spesa per la difesa al 2% del Pil. Ovvero, passare dai 25 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) a 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno), in base ai dati forniti dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini (Pd).

In settimana il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha tirato dritto sulla questione chiarendo che non ci si può sottrarre agli impegni con la Nato. Il termine però non è più il 2024 ma il 2028. È questa la posizione espressa ieri dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, un segnale di pace nei confronti del movimento presieduto da Giuseppe Conte che chiedeva il 2030.

E se il governo ha posto la questione di fiducia al Senato sul decreto legge Ucraina, oggi è arrivato in Aula senza l’ordine del giorno sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil entro il 2024.

L’attuale spesa per la difesa ammonta a circa l’1,4% del Pil e Draghi ha rassicurato i suoi partner internazionali che avrebbe aumentato questa cifra dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Ma la mossa è al grido del “ce lo chiede l’Ue o la Nato”?

Perché l’obiettivo di spesa Nato del 2% del Pil “compare in un accordo informale del 2006 sottoscritto dai ministri della Difesa, rilanciato nel 2014 al vertice dei Capi di Stato in Galles, con un traguardo al 2024”, ha ricordato il quotidiano Avvenire. Ma tutto ciò è in sinergia con la difesa europea?

Secondo una analisi della Corte dei conti europea del 2019, la cooperazione e le capacità militari attuali degli Stati membri non corrispondono al nuovo livello di ambizione della politica di difesa dell’Ue. Allo stesso tempo, “è essenziale sviluppare sinergie tra le iniziative Ue e altri quadri di difesa e sicurezza”, avvisava la Corte, riferendosi proprio alla Nato.

Ecco fatti, numeri e dibattito.

I CHIARIMENTI DEL MINISTRO DELLA DIFESA GUERINI

A proposito dell’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari arrivano ieri i chiarimenti del titolare della Difesa.

“L’impegno assunto in sede Nato nel 2014 e riconfermato da tutti i Presidenti del Consiglio che si sono succeduti da allora prevedeva il raggiungimento del 2% del Pil per le spese della Difesa entro il 2024. Fin dal momento in cui ho assunto la guida di questo dicastero ed anche in questi giorni ho sempre indicato sia l’esigenza di rispettare l’obbiettivo del 2%, sia la gradualità con cui raggiungerlo”, ha sottolineato il ministro alla Difesa Lorenzo Guerini interpellato ieri dall’Ansa sul dibattito sulle spese militari.

“Dal 2019 ad oggi abbiamo intrapreso una crescita graduale delle risorse sia sul bilancio ordinario che sugli investimenti, che ci consentirà, se anche le prossime leggi di bilancio lo confermeranno, di raggiungere la media di spesa dei Paesi dell’Unione europea aderenti alla Nato e poi, entro il 2028, il raggiungimento dell’obiettivo del 2%”, ha aggiunto.

“Il ministro della Difesa, del resto, sa bene come le spese militari, soprattutto quelle di investimento, non si improvvisano. Il principio di una costante gradualità di incremento resta un punto fermo. Basta prendere le cifre dell’ultima legge di bilancio con le previsioni fino al 2024”, ha commentato il Sole 24 Ore.

LA NOTA DEL SOTTOSEGRETARIO MULÈ

“L’obiettivo del 2 per cento del Pil entro il 2028 non è la notizia dell’ultima ora annunciata dal ministro Guerini e che i cinque stelle vorrebbero sbandierare come una vittoria”, ha precisato in una nota il sottosegretario alla Difesa e deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè. “Lo stesso Guerini lo aveva già detto a novembre del 2019. Ciò è stato ripetuto nel tempo in ogni modo possibile ed è anche scritto nel documento programmatico pluriennale della Difesa”, ha concluso il sottosegretario.

L’ANDAMENTO DELLE SPESE MILITARI IN ITALIA

“Invero, l’Italia, da quando Lorenzo Guerini ha assunto il dicastero della Difesa, ha costantemente aumentato il proprio bilancio della Difesa”, aveva già notato su Startmag Aurelio Giansiracusa di AresDifesa.

Il bilancio della Difesa era già passato da 21,4 miliardi del 2019 a 24,5 miliardi del 2020, pari rispettivamente all’1,38 e 1,41% del Prodotto interno lordo.

Ma il vero balzo in avanti ci sarà nei prossimi anni. “Nel 2022 si passerà a 25,8 miliardi di euro l’anno (1,4% del Pil), in aumento del 3,4% rispetto al 2021 e del 19,6% rispetto al 2019”, ha sottolineato Giansiracusa.

Come evidenzia l’Osservatorio dei Conti pubblici italiani, “l’aumento nel 2020 è dovuto sia all’incremento degli stanziamenti (circa 1,6 miliardi), sia alla caduta del Pil indotta dalla crisi Covid-19. Anche nel 2021 gli stanziamenti sono aumentati di altri 2,2 miliardi rispetto all’anno precedente. A causa dell’aumento delle risorse nel biennio 2020-2021, il rapporto sarebbe cresciuto anche in assenza della caduta del Pil”.

I RILIEVI DELLA CORTE DEI CONTI EUROPEA

Ma quali sono i progetti europei a tal proposito?

Come segnala una relazione della Corte dei conti europea del 2019, nel 2016 “la Commissione europea ha proposto un marcato incremento del bilancio Ue per la difesa e la sicurezza esterna” Questo ammonterebbe a 22,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, contro i 2,8 miliardi di euro del periodo 2014-2020″.

Secondo la Corte, vi è il rischio che i sistemi di controllo esistenti non siano in grado di far fronte a questo incremento della spesa Ue.

Non solo. “Esistono evidenti differenze strategiche tra gli Stati membri dell’UE, che non percepiscono le minacce alla sicurezza né intendono il ruolo dell’Ue in materia di difesa necessariamente nello stesso modo. Gli Stati membri, inoltre, hanno regole d’ingaggio diverse e un ampio ventaglio di opinioni sull’uso della forza militare”.

Inoltre, “alcuni concetti (come quelli di “autonomia strategica” o “esercito europeo”) rimangono ampi e vaghi” rileva la Corte.

“EVITARE DUPLICAZIONI E SOVRAPPOSIZIONI” CON LA NATO

Infine, la questione della complementarietà dell’Ue rispetto alla Nato.

“Si osserva poi che è cruciale assicurare la coerenza delle iniziative Ue, nonché le sinergie con altri quadri di difesa e sicurezza.” Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la Nato sottolinea la Corte. “Per 22 Stati membri rimane il quadro di riferimento più importante nel campo della difesa collettiva. Una questione critica è far sì che l’Ue sia in grado di svolgere un ruolo complementare a quello della Nato ed evitare duplicazioni e sovrapposizioni” concludeva la Corte dei conti europea.

FABBRI: “NATO E DIFESA COMUNE EUROPEA SONO COSE DIVERSE”

Se la Corte dei conti europea pone l’accento sui rischi di una sovrapposizione tra difesa europea e Nato, c’è chi ricorda che non sono la stessa cosa.

““Nato e difesa comune europea sono cose diverse. C’è molta confusione in questi giorni in Italia – ha detto durante lo speciale di La7 sulla guerra l’analista Dario Fabbri, curatore del mensile Scenari – Nato e difesa comune europea sono cose diverse. C’è molta confusione in questi giorni in Italia. La Nato è contraria alla difesa comune europea”.

LUCIOLLI: “DA SEMPRE LA NATO CHIEDE DIFESA EUROPEA

Di avviso diverso Fabrizio Luciolli, presidente del Comitato Atlantico Italiano.

“I fatti: la Ced è abortita nel 1954. Da allora la Nato ha garantito sicurezza dell’Europa. Da sempre la Nato chiede difesa europea. Dal 2014 impegno del Governo per 2% del Pil per spese militari. C’é chi ancora immagina difesa europea ma senza credibile impegno per spese militari”, ha commentato su Twitter Luciolli.

APPROVATA LA BUSSOLA STRATEGICA

Nel frattempo, il 25 marzo il Consiglio europeo ha approvato la “bussola strategica” per rafforzare la difesa e la sicurezza dell’Ue entro il prossimo decennio, ossia il 2030.

E tra le varie mosse annunciate dall’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, quella riguardante l’aumento della spesa militare.

“Dobbiamo spendere di più. Ma dobbiamo spendere meglio. Meglio significa evitare duplicazioni e lacune” ha dichiarato Borrell.

Fino al 2014 “stava diminuendo abbastanza rapidamente. Dal 2014, ha ricominciato ad aumentare fino all’1,5% del Pil. Ma dobbiamo investire di più” ha aggiunto. Secondo Borrell “questi 200 miliardi di euro sono più o meno quattro volte la spesa militare della Russia. Tutti insieme spendiamo quasi quattro volte più della Russia. Ma certamente non con la stessa efficienza. 200 miliardi di euro sono la stessa spesa militare della Cina. Tutti insieme spendiamo quanto la Cina. Ma, certamente, non è la stessa cosa avere 27 strutture militari diverse rispetto a una struttura militare integrata”.

CAMPORINI: STRUMENTO MILITARE EUROPEO SOLO SE AL SERVIZIO DI POLITICA ESTERA COMUNE”

Infine, ad Avvenire il generale Vincenzo Camporini ha ricordato che “Lo strumento militare europeo ha senso solo se è al servizio di una politica estera comune, anche cominciando da un piccolo gruppo di Paesi. Ci vuole una politica estera che si muova su interessi comuni con la diplomazia, la politica, l’economia. E infine, dico infine, uno strumento militare comune”.

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