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Giorgetti

Vi racconto gli ultimi grilli di Grillo

Povero Conte, ha un Grillo per la testa. I Graffi di Damato

 

Povero Conte, verrebbe voglia di dire, nonostante i guai da lui combinati nella offensiva contro Draghi prima che gli dessero sorprendentemente una mano anche Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Povero Conte, dicevo, che verrebbe voglia di consolare dopo l’altra terra che gli ha scavato sotto i piedi Beppe Grillo commentando l’infausto epilogo della legislatura ruotata attorno alla “centralità”, addirittura, del MoVimento 5 Stelle.

Finalmente staccatosi da quel pur metaforico telescopio spaziale James Webb esibito per giorni sul suo blog per ammirare le stelle ben più reali, numerose e lontane delle sue, il fondatore, garante, “elevato” e via sproloquiando ha rilanciato come proposta di legge dello Stato il limite massimo dei due mandati stabilito per il proprio movimento. In deroga al quale, invece, Giuseppe Conte stava lavorando nella valutazione una volta tanto realistica dei danni derivanti dall’improvvisazione di una classe dirigente e parlamentare selezionata senza meriti ed esperienza. E ciò, per giunta, nella prospettiva di elezioni come quelle del 25 settembre, che i grillini dovranno affrontare da soli, cacciati praticamente fuori dal “campo largo” di Enrico Letta e del Pd.

Da soli, in verità, i grillini avevano corso anche nel 2018, ma in condizioni ben diverse, vincendo -o quasi- grazie al fatto che nessuno li aveva davvero sperimentati. Ora che essi hanno potuto dimostrare di cosa fossero e siano tuttora capaci, facendo aumentare per esempio la povertà che avevano baldanzosamente annunciato dal balcone di Palazzo Chigi di avere eliminato col reddito di cittadinanza, sarà impossibile ripetere la lotteria di quattro anni e mezzo fa. Adesso davvero rischiano di essere “mandati a quel paese”, come dice il titolo felice del solito manifesto giocato appunto sui mandati reclamati da Grillo nel numero di due e non di più.

Anche dove e quando ha voluto dare spazio agli umori, stupori e quant’altro di Conte, per esempio a causa dell’”aggressione” di cui il movimento sarebbe vittima per gli attacchi che riceve da ogni parte, Grillo ha finito più per danneggiarlo che aiutarlo reclamando orgoglio e non paura. “Sono tutti contro di noi. Siamo appestati”, ha convenuto il “garante” prendendosela anche con “i bulli della stampa”, ma per aggiungere: “Ciò significa una sola cosa: vuol dire che abbiamo ragione. Non fatevene un problema. Noi siamo antibiotico e se perdiamo questo perdiamo il baricentro in cui collocarci”. E’ un pò la versione farmaceutica del famoso motto di Benito Mussolini “molti nemici molto onore”. Che il vignettista Stefano Rolli su un giornale che dovrebbe essere di casa per Grillo -il genovese Secolo XIX- ha felicemente tradotto nella follia di andare con allegria “contromano in autostrada”.

A proposito di Mussolini e dintorni, il giornale che più vistosamente e rapidamente si è schierato a favore del Pd – la Repubblica- ha molto valorizzato, facendone l’apertura, l’alternativa gridata da Enrico Letta: “O noi o Meloni”. Il cui partito è ormai prevalente nel centrodestra, anche se Berlusconi non gli vuole perciò riconoscere la prenotazione di Palazzo Chigi in caso di vittoria, sostenendo che debbano poi essere i parlamentari eletti nelle sue liste a designare il candidato a presidente del Consiglio prima delle consultazioni del capo dello Stato per la formazione del nuovo governo.

Ma più ancora di quel “noi o Meloni”, pur messo graficamente sotto il titolo -ripeto- di apertura di prima pagina, vale per la campagna elettorale e ciò che accadrà dopo questo vistoso richiamo di un articolo all’interno: “Il passato che non passa. L’anima nera del neofascismo di Fratelli d’Italia”. Eppure siamo solo agli inizi, e neppure formali, di questa breve e rovente campagna d’estate per il rinnovo autunnale delle Camere nel formato ristretto, voluto dai grillini con la complicità di tutti gli alleati di turno, di 600 seggi, contro i 945 uscenti.

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