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Vi racconto che cosa si è detto al Bilderberg su Putin

Analisi, interrogativi e scenari su Putin e non solo nell’edizione 2022 della conferenza Bilderberg che si è tenuta dal 2 a 5 giugno a Washington. L'articolo di Stefano Feltri, direttore del quotidiano Domani

Già a fine ottobre 2021 l’intelligence americana ha avuto la certezza che Putin stesse preparando l’invasione e che era questione urgente: nella visione del Cremlino c’era una finestra di opportunità, con il passaggio di leadership in Germania tra Angela Merkel e Olaf Scholz e la Francia di Emmanuel Macron impantanata nelle elezioni presidenziali.

A novembre la Cia si convince che il progetto di invasione è irreversibile e il presidente Joe Biden decide di rendere pubbliche alcune informazioni di intelligence, cosa assai rara, per cercare di segnalare anche ai partner europei quello che sta accadendo. In quelle settimane di fine 2021, però, sono in molti a sottostimare il pericolo: sia i servizi segreti europei che la comunità dell’intelligence di Washington.

L’errore si deve, per paradosso, a una analisi corretta: le truppe che Putin ammassa al confine con l’Ucraina a fine 2021 – fino a 190.000 uomini – non sono abbastanza per realizzare quello che pare essere il suo piano, cioè la sostituzione del governo Zelensky con un regime fantoccio putiniano dopo l’occupazione del paese. Sono troppo pochi, deve essere un bluff, pensano in tanti a Washington. E invece non era un bluff, soltanto la Cia ci aveva visto giusto, ma non è bastato a organizzare una reazione all’altezza.

Sul passato la diagnosi è, quindi, abbastanza condivisa. Sul presente molto meno e sul futuro è buio fitto. Molti dei partecipanti al Bilderberg hanno incontrato Putin per lavoro: dai capi di governo ai capi azienda ai diplomatici.

L’unica cosa su cui sono tutti concordi è che il presidente della Federazione russa è tanto abile quanto ambiguo: lavora a ogni meeting con cura, sembra sempre preparatissimo, conosce le parole chiave per sedurre l’interlocutore.

Analisti di intelligence, diplomatici e militari osservano che negli ultimi anni, e soprattutto durante il Covid, Putin ha ridotto sempre di più il gruppo ristretto di consiglieri dei quali si fida. Questo gli è costato cattive informazioni e scarsa lucidità decisionale.

Ma la guerra non è il prodotto della follia di una persona sola: il putinismo è un sistema di potere, che tanto gli americani quanto gli europei dell’est considerano in grado di sopravvivere a Putin, anche nel caso il presidente dovesse morire (l’argomento della sua salute è considerato marginale, dunque, e al Bilderberg non se ne parla quasi).

Le sanzioni internazionali riducono la torta della crescita economica da spartire tra oligarchi e politici corrotti, ma la scarsità renderà il sistema putinista ancor più rapace.

 

(Estratto di un articolo pubblicato sul quotidiano Domani: qui l’articolo integrale)

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