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Vaticano, tutti i dettagli sullo scandalo che sconquassa l’Antiriciclaggio

L'approfondimento di Andrea Mainardi

 

Non si riesce a trovare memoria di gendarmi a caccia di carte e computer sotto gli affrescati soffitti della Terza loggia del Palazzo apostolico. Lì dove lavora la Segreteria di stato vaticana. Nel cuore del governo della Chiesa cattolica. I poliziotti ne sono usciti martedì con scatoloni di materiali. In confronto l’analoga ispezione effettuata nelle stesse ore a Palazzo San Carlo – nei più laici locali dell’Aif, l’autorità antiriciclaggio della Santa Sede, due passi da Casa Santa Marta, scelta da Papa Francesco come residenza – fa meno impressione.

Ma anche da quegli uffici la gendarmeria vaticana ha raccolto documenti e memorie di pc. In meno di ventiquattro ore gli ispettori coordinati dal comandante Domenico Giani hanno vagliato il materiale. Fino alla decisione di sospendere “cautelativamente dal servizio” cinque dipendenti vaticani. Circolare firmata il 2 ottobre. Due nomi tra gli altri. Di primissima grandezza. Per una vicenda che raccontata così potrebbe essere l’intreccio di un thriller finanziario per un bookshop da aeroporto. Ma che è accaduta davvero. Primi passi di qualcosa che, se dimostrato nelle tesi investigative, ambisce a candidarsi a surclassare gli scandali finanziari vaticani dai tempi del crac del Banco Ambrosiano.

SOSPESI ECCELLENTI. DON CARLINO, EX SEGRETARIO DI BECCIU

Don Mauro Carlino, residente nella stessa Santa Marta di Papa Francesco, è uno dei sospesi dall’incarico di maggior peso. Leccese, classe 1976, è da fine luglio a capo dell’Ufficio informazione e Documentazione della Segreteria di stato vaticana (Uid). Lo hanno nominato il segretario di Stato, Pietro Parolin e il suo “secondo”, il venezuelano, Edgar Peña Parra, il sostituto per gli Affari generali dello stesso organismo. Ruolo delicatissimo e cruciale quello di Carlino: cura i rapporti giornalieri della Segreteria di stato con il Dicastero per la comunicazione, in particolare con il prefetto Paolo Ruffini, e la Sala stampa. La comunicazione vaticana è, tra le riforme curiali avviate da Papa Francesco, quella arrivata praticamente a destinazione. Il suo ufficio fa riferimento alla prima sezione della Segreteria di Stato. Carlino è stato segretario del predecessore di Peña Parra in Segreteria di stato. Ovvero del sardo Angelo Becciu. Scelto “ministro degli Interni” nel 2011 da Benedetto XVI e confermato da Francesco due anni dopo. Becciu è stato poi creato cardinale nel 2018 e promosso a prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Il monsignore da Pattada è considerato molto vicino a Jorge Mario Bergoglio. Nel pieno della crisi che ha travolto i Cavalieri di Malta, Francesco non ha esitato a esautorarne il cardinale patrono, il conservatore americano Raymond Burke, delegando Becciu come suo delegato speciale presso l’ordine. In quel caso, la vicenda profumava di questioni etiche (la presunta distribuzione di preservativi da parte dei nobili cavalieri cattolici) quanto di cospicue eredità transitate per conti svizzeri che hanno agitato non poco le devote, aristocratiche discussioni. A dirimere la tenzone, il sostituto Becciu.

SOSPESO IL NUMERO DUE DELL’ANTIRICICLAGGIO

Tra i cinque dipendenti vaticani sospesi cautelativamente dal lavoro secondo l’ordine di servizio diramato dalla Gendarmeria vaticana a tutto il personale dello Stato, risulta Tommaso Di Ruzza. Direttore dell’organismo antiriciclaggio Aif, è genero dell’ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio. Di casa in Vaticano, Di Ruzza è stato nominato in quel ruolo operativo nel 2015 su proposta del presidente Aif, René Brülhart. Stimato giurista, braccio destro dello svizzero Brülhart, stando ai rapporti ufficiali in questi anni ha incassato più di un risultato sul fronte anticorruzione. Sul suo conto non sono mai emerse ombre o chiacchiere rumorose. A differenza del suo presidente.

Alcune indiscrezioni di stampa su Brülhart, avvocato di Friburgo – non toccato dalle attuali indagini vaticane – spinse nel maggio scorso la Sala Stampa vaticana ad una netta smentita su presunti coinvolgimenti in uno scandalo finanziario tra il Paese Elvetico e la Malesia. Nessun procedimento penale risulta a carico di Brülhart, dettavano da via Della Conciliazione. Rimane invece un mistero la sua retribuzione per il servizio svolto in Vaticano dal novembre 2015. Secondo fonti di stampa – mai smentite né confermate – lo sceriffo delle finanze vaticane può contare su uno stipendio mensile sui 30mila euro più 5mila per le spese. Spesso interrogato sul punto dai giornalisti, ha sempre elegantemente glissato la risposta.

L’INCHIESTA PROSEGUE

Gli altri tre dirigenti e amministratori vaticani sospesi cautelativamente dal lavoro sono dipendenti dalla Segreteria di stato: Vincenzo Mauriello, Fabrizio Tirabassi, Caterina Sansone. Lo riferisce Emiliano Fittipaldi sull’Espresso. Il giornalista, a suo tempo finito a processo per il Vatilikeas 2 per avere pubblicato carte riservate dagli archivi Cosea – la Pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede – insieme ad un altro giornalista, Gianluigi Nuzzi, la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e il responsabile di Cosea, il monsignore spagnolo Lucio Angel Vallejo Balda. I due cronisti furono prosciolti dal tribunale vaticano che si dichiarò incompetente per difetto di giurisdizione a giudicarli. Furono invece condannati gli altri due.

LA MAGISTRATURA DI FRANCESCO INDAGA

La stessa magistratura vaticana è quella che si è mossa nelle ultime ore autorizzando le perquisizioni negli uffici della Prima sezione della Segreteria di stato e in quelli dell’Aif. Tutto – compila una inconsueta, non dettagliata ma esaurientemente informativa nota stampa del Vaticano – per accertare le “denunce presentate agli inizi della scorsa estate dall’Istituto per le opere di religione (la banca vaticana Ior, ndr) e dall’Ufficio del Revisore generale, riguardanti operazioni finanziarie compiute nel tempo”. Nel tempo? Quando non è dato sapere. Ma la Città leonina non è tranquilla. L’espressione “nel tempo” rimanda ad una gestione della Prima sezione della Segreteria di stato non condotta dall’attuale reggente, l’arcivescovo Peña Parra. A caccia di cosa vanno dunque gli inquirenti?

L’ESPRESSO: GIRI IMMOBILIARI OPACHI. E BENEFICENZA ALLEGRA

Secondo il giornalista dell’Espresso, Fittipaldi, le “operazioni finanziarie” sotto la lente degli investigatori riguarderebbero alcune compravendite immobiliari milionarie all’estero, in particolare immobili di pregio a Londra, e alcune società inglesi che avrebbero partecipato al business. Fittipaldi riporta sue fonti secondo cui gli investigatori starebbero analizzando anche alcuni flussi finanziari dei conti su cui transita l’Obolo di San Pietro, le offerte di beneficenza che ogni anno arrivano dai fedeli di tutto il mondo al Pontefice per le sue opere di carità. Gestioni e spostamenti di denaro sono sempre stati trasparenti?

IL REVISORE DIMISSIONATO E I NODI AL PETTINE

Non vanno dimenticati alcuni aspetti cruciali di una vicenda che non sembra nascere ieri. Il ruolo di Revisore generale dei conti vaticani – uno degli uffici da cui sono partite le denunce – è vacante da circa due anni. Quando il responsabile, Libero Milone, fu accompagnato alle porte  senza troppi complimenti. Dimissionato proprio da monsignor Becciu per “prove inconfutabili”. Milone non è mai stato però processato in Vaticano. Piuttosto ne sono seguiti scambi di accuse reciproche a mezzo stampa. Dal Vaticano si accusava l’ormai ex revisore di avere travalicato le sue competenze, fino a incaricare una società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede. Dopo qualche tempo in silenzio, Milone – che a sua volta aveva subìto una perquisizione dei gendarmi nei suoi uffici – dettagliava: “Mi hanno mostrato due fatture intestate a un unico fornitore, e accusato di aver compiuto una distrazione di fondi: dunque un peculato, come pubblico ufficiale. Vidi che su entrambe le fatture c’era il timbro del mio ufficio, ma solo una era firmata da me. L’altro aveva come firma uno scarabocchio. Mi chiesi chi l’avesse timbrata e pagata, e a chi”. La risposta che si è data è che “una delle due era falsa. Erano conti per indagini ambientali, per 28 mila euro, per ripulire gli uffici da eventuali microspie. Si accennava anche ai controlli sull’antiriciclaggio e la lotta alla corruzione. Dal settembre 2017 il suo ruolo è vacante. Ne ricopre l’incarico un vice, facente-funzione di un ufficio da cui è partita la denuncia che ha portato alle perquisizioni delle ultime ore. Insieme agli uffici Ior, la banca vaticana che da anni ha intrapreso una “ripulitura” di conti sospetti o per lo meno non autorizzati.

NON DIMENTICARE PELL

Vacante è ancora anche la sedia del prefetto della Segreteria per l’economia. Ruolo ricoperto dall’australiano George Pell dal 2014 al 2017. I suoi modi manageriali poco romani non sono mai stati digeriti in Curia. Travolto da una inchiesta per due abusi sessuali presuntamente commessi da sacerdote poi da vescovo, il cardinale è ora in carcere in Australia in attesa dell’ultimo ricorso giudiziario. C’è chi, oltre le Mura, invita a leggere proprio in questo repentino e discusso procedimento giudiziario i giochi di palazzo e di potere delle ultime settimane. Appena insediato, Pell scovò nei conti un tesoretto di un miliardo di euro nascosto nei bilanci della Santa Sede.

SANTO BUSINESS. MA CON GIUDIZIO. RETROSCENA IDI

Non ultima. Un intreccio Vaticano-Idi-Usa. Da Roma era arrivata un anno e mezzo fa alla Papal Foundation degli Stati Uniti una richiesta: sostenere il piano triennale di rilancio dell’Istituto dermatologico dell’Immacolata di Roma finito in bancarotta. La donazione, secondo i media americani, doveva aggirarsi intorno ai 25 milioni di euro. La charity si è opposta, decidendo per una cifra di entità decisamente inferiore. Tra i fondatori della Papal Foundation risulta Theodore McCarrick. Ai tempi della richiesta denari dal Vaticano era ancora una tonaca potente. Muoveva influenze e tanto cash. Il cardinale statunitense ormai ha perso la Cappa ed è stato dimissionato allo stato laicale da Francesco per storie di letto. Qualcuno sotto il Cupolone ha mosso denari per sopperire? Nei cattolici Usa rimane il rammarico e la rabbia per non avere compreso la doppia vita di McCarrick. Ma se l’anziano ex cardinale oggi ha tutto il tempo per ripensare ai fatti suoi, a Roma altri porporati tra conti e denari potrebbero accusare più di un’uggia.

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