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Difesa

Ucraina: scenari di lunga guerra d’attrito, ma potrebbe arrivare la pace

Ci potremmo ritrovare di fronte ad un “regime change” in Russia che potrebbe mettere fine alla guerra in Ucraina? Nel frattempo la Casa Bianca valuta tutti gli scenari, incluso quello della fine della guerra in tempi brevi. L’approfondimento di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”

La maggior parte degli analisti e dei politici presume che l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, l“operazione militare speciale” progettata dal presidente Putin e dal suo entourage come una guerra lampo, si stia trasformando in una lunga guerra di attrito.

Si ritiene che il presidente russo Vladimir Putin, sempre più in difficoltà per le perdite subite durante un conflitto dal quale non si intravedono né vittoria né ritirata, consideri questa guerra una lotta esistenziale e stia ponendo le condizioni per una seconda ondata di mobilitazione e di una ulteriore offensiva. Sono dello scorso 28 gennaio le dichiarazioni del capo della Commissione per la difesa della Duma di Stato, Andrey Kartapolov, in cui afferma che si stanno esaminando oltre 20 leggi riguardanti nuove mobilitazioni.

Secondo alcuni recenti sondaggi italiani, nonostante la coraggiosa resistenza del popolo e dell’esercito ucraini, i contrari al sostegno occidentale ed all’invio di armi all’Ucraina sarebbero ancora numerosi.

Gli Stati Uniti, la Nato e l’Ue malgrado la politica ambigua di alcuni Stati alleati, stanno garantendo all’Ucraina il necessario sostegno per poter continuare a difendersi, perseguendo una strategia che da un lato mira a negare la vittoria del Cremlino, dall’altro a creare le condizioni per una pace giusta.

Sono di questi giorni le decisioni adottate dai membri dell’Alleanza Atlantica di inviare missili anti aerei a bassa quota Stinger e IRIS-T, artiglieria HIMARS e difese aeree ad alta quota Patriot. Il presidente Joe Biden, e finalmente anche un titubante cancelliere federale tedesco Olaf Scholz, hanno dichiarato che forniranno ulteriori veicoli da combattimento M1A2 ed oltre 100 Leopard 2, nonché di consentire agli altri Paesi che hanno in dotazione e la licenza di produrre i carri armati Leopard 2, di poterli consegnare alla fanteria ucraina. Una decisione che ha segnato un’inversione di rotta sia per il Presidente degli Stati Uniti, la cui amministrazione aveva dichiarato di non ritenere necessario l’invio di carri armati M1 Abrams, ma soprattutto del cancelliere Scholz, inondato dalle critiche per aver trascinato a lungo la decisione, provocandogli un notevole danno di reputazione e credibilità.

SCENARI PER LA FINE DELLA GUERRA

Grazie all’autorevole leadership del presidente degli Stati Uniti Biden, con il determinate sostegno del Regno Unito, della Polonia, degli Stati baltici e dell’Italia di Mario Draghi prima, e successivamente degli altri paesi dell’Europa centrale, è stato possibile elaborare ed attuare la strategia della Nato a sostegno alla resistenza ucraina di fronte all’aggressione russa.

Dopo un anno dall’inizio dell’”operazione militare speciale” ordinata il 24 febbraio 2022 dal presidente russo Vladimir Putin per invadere l’Ucraina su larga scala, l’aggressione russa ha causato centinaia di migliaia di vittime, sfollato milioni di persone e distrutto intere città e infrastrutture dell’Ucraina.

Ma quali sono gli eventi che potrebbero portare in tempi brevi alla fine della guerra in Ucraina?

È possibile che si verifichi un cambio di regime al Cremlino? Che vi sia un crollo dell’esercito russo o una vittoria ucraina, dove per vittoria si intende la riconquista dei propri territori occupati dall’invasione russa?

LA COMUNICAZIONE È UN FATTORE STRATEGICO

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky sta svolgendo un ruolo importante nell’influenzare i sostenitori internazionali dell’Ucraina, rivolgendosi direttamente a un’ampia varietà di Organismi internazionali, intervenendo in tutti i parlamenti nazionali Alleati, alle Nazioni Unite, al G7, all’Economic Forum di Davos, al Congresso degli Stati Uniti, al Parlamento europeo, parlando al Golden Globe, al Grammy, ai Festival del cinema di Cannes, a Sanremo, il leader ucraino adatta ogni messaggio al suo pubblico per massimizzarne l’impatto. Fa anche largo uso dei social media, virale è diventato il suo video mentre passeggiava a Kiev all’inizio della guerra. La sua presenza costante nei media occidentali e nei forum politici e pubblici rappresenta un fattore strategico per influenzare gli atteggiamenti negli Stati Uniti, in Europa e altrove.

A differenza della campagna politica globale portata avanti dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che oltre a garantirsi il sostegno delle opinioni pubbliche occidentali, tiene alto il morale dei cittadini e dell’esercito ucraini visitando spesso le sue truppe in prima linea, la leadership del presidente Putin è sicuramente indebolita, vive per lo più isolato, super protetto e lontano da qualsiasi zona di combattimento.

Diverse fonti hanno constatato la forte demoralizzazione dei soldati ed i continui cambiamenti ai vertici dell’esercito russo. Sono noti i casi di ammutinamento e di esecuzione di soldati russi che disertano o che si rifiutano di combattere, di reparti stremati ed in difficoltà nei loro spostamenti, di nuove reclute poco addestrate che combattono con attrezzature obsolete e che durante questi mesi di freddo potrebbero assiderare a causa della mancanza di indumenti adeguati e di forniture mediche. A queste enormi difficoltà si sono aggiunte le rivalità tra le truppe delle forze armate regolari del Cremlino e i miliziani del famigerato Gruppo Wagner.

FAR CROLLARE L’ESERCITO RUSSO

Secondo il Generale Carl von Clausewitz, scrittore e teorico militare prussiano, la guerra è un atto politico che ha due dimensioni: la sua natura, che è duratura, e il suo carattere, che cambia man mano che cambiano i modi e i mezzi usati per combattere le guerre. La natura della guerra è brutale e caotica. È un’attività intensamente umana in cui il nemico esercita il suo libero arbitrio e la sua determinazione a combattere fino alla morte.

La guerra tra Russia e Ucraina pur riconfermando alcuni elementi tradizionali ne evidenzia altri innovativi della guerra moderna tra Stati: la guerra del XXI secolo è una competizione dinamica di potenza in molteplici domini in cui vengono coinvolti molti altri Stati ed i loro abitanti. Una guerra regionale combattuta militarmente tra due eserciti nel cuore dell’Europa democratica, nell’era dell’intelligenza artificiale, dei social media e dell’economia globalizzata, si è trasformata in una guerra ibrida con ripercussioni mondiali. L’ambizione di un singolo uomo, leader di una potenza nucleare, è capace di lanciare una sfida all’ordine globale riportando indietro gli orologi della storia agli anni 30 del secolo scorso.

La strategia del presidente Biden, veterano della Guerra Fredda, di fornire all’Ucraina un crescente supporto militare tra cui un’ampia gamma di armi, munizioni, pezzi di ricambio e addestramento per impedire alla Russia di vincere la guerra, ha coinvolto l’intero Occidente in molteplici aspetti. Il ritorno del nemico nel cuore dell’Europa ha costretto gli Stati ad aumentare le spese militari, a stravolgere i propri assetti energetici, a far modificare le condizioni di vita e le abitudini ai propri cittadini, a far ritirare le imprese dalla Russia, anche se alcune élite occidentali corrotte stanno continuando a fare affari con la Russia ed enormi pressioni sui governi affinché allentino o rimuovano le sanzioni.

Un indomito popolo ucraino ha respinto i primi tentativi russi di conquistare Kiev, e altre città dell’Ucraina come Charkiv e Odessa. Recentemente, le forze ucraine hanno riconquistato metà del territorio dell’Ucraina orientale e meridionale, che i russi avevano occupato con l’invasione lanciata il 24 febbraio, compresa la capitale regionale Kherson.

Con le nuove forniture di armi, in queste ore la Casa Bianca sta valutando anche l’invio di missili a lungo raggio, l’esercito ucraino potrebbe condurre ulteriori operazioni per spingersi più a fondo nelle aree occupate, inclusa la Crimea. Azioni che potrebbero aver luogo prima che l’esercito russo possa addestrare e riorganizzare nuove truppe, con l’obiettivo di condurre la prevista nuova offensiva contro Kyiv o Kharkiv.

LA MINACCIA DI ESCALATION CHE LEGA LA GUERRA NUCLEARE ALLE FORNITURE MILITARI OCCIDENTALI È GUERRA PSICOLOGICA

Il presidente Putin non è disposto ad accettare la sconfitta e ad ogni invio di nuovi e più sofisticati armamenti da parte dell’Occidente esaspera la sua narrativa e la guerra psicologica sull’uso delle armi atomiche, nella speranza di riaccendere la vecchia isteria antiamericana e anti Nato che ha ostacolato gli Stati Uniti nel difendere i propri alleati durante la Guerra Fredda, ed oggi l’Ucraina. Guerra psicologica che ha come obiettivo l’implosione della coalizione occidentale alimentando le lacerazioni politiche con la propaganda, la disinformazione e continue minacce, come quelle lanciate dal Vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Dmitrij Medvedev, secondo il quale nessuno Stato dotato di armi nucleari ha mai perso una guerra di sopravvivenza nazionale, rilanciando quasi quotidianamente la minaccia dell’escalation nucleare nel tentativo di spaccare le opinioni pubbliche europee tra favorevoli e contrari all’invio di armi all’Ucraina. Certamente, una sconfitta di Mosca ci condurrebbe in uno scenario geopolitico inedito ma possibile, pertanto tutte le previsioni sugli esiti e sulla durata del conflitto meritano di essere considerate con le dovute cautele, soprattutto quelle che prevedono una lunga guerra di attrito che nessuno vincerà, considerando che molte ipotesi su questa guerra si sono già rivelate sbagliate, come per esempio quelle che escludevano che il presidente Putin avrebbe dato l’ordine di invadere l’Ucraina, o che Kiev sarebbe caduta in pochi giorni o che la Russia avrebbe annientato l’esercito ucraino e rapidamente conquistato tutta la parte sud-orientale dell’Ucraina.

Le previsioni catastrofiche di alcuni “esperti” e politici nostrani, secondo i quali un presidente Putin disperato possa espandere il conflitto, ad esempio con attacchi diretti alle basi di rifornimento e addestramento nei vicini Paesi della Nato o addirittura con un uso limitato di armi nucleari, sono caratteristiche delle operazioni informative e psicologiche dei Servizi segreti militari russi (GRU) che fino ad oggi non hanno inciso sul sostegno incondizionato dell’Occidente all’Ucraina, semmai hanno ritardato il processo decisionale di alcuni leader europei e confuso l’opinione pubblica italiana. La disinformazione russa in Italia meriterebbe una approfondita analisi ed adeguate contromisure, poiché è evidente che siamo bersaglio di in una vera e propria guerra cognitiva che sta creando più danni nella sfera del reale di quanto si pensi comunemente, confondendo, polarizzando, influenzando, radicalizzando e terrorizzando una cospicua parte di cittadini italiani.

In ambito prettamente strategico ed operativo, invece, le continue minacce russe di escalation hanno sortito l’effetto opposto, e cioè il rafforzamento di una Nato apparentemente delegittimata dopo la disastrosa ritirata da Kabul ad agosto del 2021. Alleanza atlantica che è tornata a dislocare il suo baricentro sul fianco orientale dell’Europa con l’accettazione delle candidature di Finlandia e Svezia e con il rafforzamento del dispositivo militare alle frontiere con la Russia. È del 30 gennaio la notizia dello schieramento di tre aerei di sorveglianza E-3A Airborne Warning and Control System (AWACS) a Bucarest, in Romania, per sostenere la presenza rafforzata della Nato nella regione e monitorare l’attività militare russa. Inoltre, la Nato nei mesi scorsi ha chiaramente innalzato il livello della deterrenza, informando il Cremlino che nella sciagurata ipotesi di utilizzo di armi nucleari la reazione dell’Alleanza Atlantica sarebbe devastante.

Decisioni disastrose come la detonazione di un ordigno nucleare sul Mar Nero o sull’Ucraina centrale, come colpo di avvertimento per fermare la resistenza e l’avanzata ucraina, porterebbero ad una ulteriore instabilità della leadership del presidente Putin, l’opposizione del suo alleato cinese e di altri Paesi come l’India, ma soprattutto sancirebbero l’inaffidabilità della catena di comando dell’arsenale nucleare russo, creando i presupposti per un “regime change” o un ammutinamento incontrollato che potrebbe avvantaggiare il colpo di mano di un nuovo leader nazionalista.

IL PRESIDENTE PUTIN POTREBBE ESSERE DESTITUITO?

Di fronte alle enormi perdite finora subite e a nuove chiamate forzose alle armi di centinaia di migliaia di giovani russi, il subbuglio al Cremlino potrebbe aumentare? I continui cambiamenti ai vertici militari del presidente Putin stanno indebolendo il Ministro della Difesa Sergei Shoigu e il Capo dell’Esercito Valery Gerasimov, minacciando le loro posizioni? Questo potrebbe essere il momento in cui Alexander Bortnikov (direttore dell’FSB) o Nikolai Patrushev (precedente direttore dell’FSB) potrebbero tentare un colpo di Stato per sostituire il presidente Putin?

Ci potremmo ritrovare di fronte ad un “regime change” che potrebbe mettere fine alla guerra?

Sicuramente le diverse sconfitte in Ucraina e la mobilitazione nazionale a sorpresa e mal eseguita della precedente chiamata alle armi di diverse centinaia di migliaia di uomini è stata impopolare e nonostante la censura e la repressione di qualsiasi forma di protesta, le tensioni e le critiche interne contro la guerra sono aumentate. Alcuni membri del Cremlino ma anche autorevoli esponenti della Federazione da tempo avvertono un crescente malcontento e Putin potrebbe subire pressioni o essere spodestato dall’interno o da forze incontrollabili, come quelle guidate dagli integralisti Yevgeny Prigozhin (Gruppo Wagner) o dal leader ceceno Ramzan Kadyrov.

La Federazione Russa potrebbe ritrovarsi con un nuovo leader più moderato che provenga anch’egli dell’ex KGB, oppure da uno che sia addirittura più falco, ma se Mosca dovesse persistere nella sua guerra, l’Occidente continuerebbe ad armare l’Ucraina, ad imporre sanzioni severe e a continuare a bloccare i beni confiscati alla Federazione Russa ed agli oligarchi, stimati tra i 300 ed i 500 miliardi di dollari.

Un brusco cambio di regime potrebbe essere rischioso per la Russia stessa, che potrebbe diventare ingovernabile, un “failed State”, mentre un cambio di regime liberalizzatore disposto a negoziare una pace stabile e a ritirare le forze di occupazione dall’Ucraina potrebbe alleviare la pressione.

LA GUERRA POTREBBE FINIRE PRESTO

La fine di questa guerra rimarrà incerta fino a quando l’Occidente continuerà a garantire che le forze ucraine mantengano il loro vantaggio qualitativo in termini di armi e di accesso alle informazioni di intelligence occidentali.

Ma la Casa Bianca valuta tutti gli scenari, incluso quello della fine della guerra in tempi brevi. Valutazioni utili anche agli altri leader europei per informare e preparare i propri cittadini ad affrontare le conseguenze di una possibile lunga ed estenuante guerra, a comunicare con assoluta chiarezza le intenzioni dell’Occidente di sostenere a oltranza l’Ucraina, ma anche a non trascurare le eventualità che potrebbero verificarsi le condizioni per porre velocemente fine alla guerra, e quindi a farsi trovare pronti per affrontare i negoziati di pace.

Negoziati che fino ad oggi sono stati gestiti dall’abile presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che da un lato fa valere il suo peso in seno alla Nato ostacolando l’ingresso di Finlandia e Svezia, perché quest’ultima continua ad ospitare alcuni rifugiati politici curdi considerati terroristi da Ankara, dall’altro non aderisce alle sanzioni contro la Russia diventando il mediatore privilegiato del presidente Putin. Ruolo di mediatore che gli sta permettendo di allargare a dismisura la sua influenza geopolitica, facendolo diventare un attore primario in ogni contesto di crisi, che abilmente sfrutta a vantaggio dell’interesse nazionale turco.

Ma la guerra in Ucraina racchiude il sofisticato e non più dissimulato progetto di stravolgere l’architettura di sicurezza internazionale e di costituire un nuovo ordine internazionale basato su un multilateralismo che vuole contrapporre democrazie e autoritarismi. Pertanto, gli Stati Uniti ed i leader europei dovranno presto assumere la regia dei negoziati di pace ed affrontare la sfida globale che potenze autoritarie, soprattutto la Cina di Xi Jinping e la Russia di Putin, ci hanno posto.

Negoziati di pace che dovranno disinnescare le ambizioni imperialistiche di Mosca e ridimensionare il ruolo geoeconomico del Cremlino, che rappresentano una insostenibile minaccia alla pace europea ed alla sicurezza internazionale. Inoltre, bisogna essere pronti a lanciare un nuovo Piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina e reperire le risorse economiche necessarie, che il governo di Kiev ha stimato in 750 miliardi di dollari.

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