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Tutte le vere differenze tra “Lega Nord” e “Lega per Salvini premier”. L’opinione di Cazzola

"Nella mia lunga vita ho avuto l’occasione di assistere a partiti che decidevano di cambiare nome, allo scopo di mutare identità. Ora tocca alla Lega". L'opinione dell'editorialista Giuliano Cazzola

Nella mia lunga vita ho avuto l’occasione di assistere a partiti che decidevano di cambiare nome, allo scopo di mutare identità e di liberarsi di un passato scomodo.

La decisione più travagliata fu quella del Pci dopo la svolta di Achille Occhetto alla Bolognina, il 12 novembre 1989, appena trascorsi tre giorni dal crollo del Muro di Berlino. Quel processo – che si concluse il 3 febbraio 1991 con lo scioglimento del Partito Comunista Italiano – si trasformò in una sorta di psicodramma collettivo in cui fu coinvolto tutto il Paese, anche perché il dibattito tra gli iscritti venne ripreso in un film-documentario, ‘’La cosa’’, girato da Nanni Moretti e mandato in onda, la prima volta, da Rai Tre il 6 marzo 1990, alla vigilia del Congresso di Bologna. Persino il grande regista Ettore Scola volle dedicare, nel 1993, un film (‘’Mario, Maria e Mario’’) a quel dibattito, prefigurando una crisi coniugale tra il marito che stava con Occhetto e la moglie sostenitrice delle tesi contrarie portate avanti da Pietro Ingrao. Quando il Pci cambiò nome vi fu una scissione alla sua sinistra (con la nascita del Prc).

Poi, da allora, i mutamenti di nome furono più frequenti e meno traumatici (prima Pds poi Ds), fino alla confluenza nel Pd. Anche il Psi, decenni prima, nel lontano 1964, subì una scissione ad opera della corrente di sinistra (che diede vita al Psiup) quando il partito partecipò al primo governo organico della coalizione di centro sinistra (e con la Dc). Ma eravamo ancora ai tempi della c.d. Prima Repubblica, quando le scelte erano serie, difficili, a volte dolorose. Sul finire di quella stagione anche la Dc – l’architrave del sistema politico nel dopoguerra – cambiò nome cercando un approdo nel popolarismo di stampo europeo.

In seguito, nel corso della Seconda Repubblica, i raggruppamenti politici hanno riscritto e falsificato più volte i certificati di nascita, si sono composti e ricomposti sotto varie sigle, sono nati dei nuovi soggetti, spesso, svaniti nella nebbia delle elezioni.

La discesa in campo di Silvio Berlusconi non si limitò a costituire un partito – Forza Italia – che divenne un protagonista degli ultimi venticinque anni, raccogliendo gli elettorati delle formazioni politiche travolte da Tangentopoli. Il Cav. riuscì a sdoganare sia la Lega (che mise nel freezer le propensioni scissionistiche accontentandosi della chimera del federalismo), sia il Msi che, sotto la guida di Gianfranco Fini, cercò di ripulirsi dai marchi di fabbrica, adottando il nome di Alleanza nazionale (una scelta che portò, anche in questo caso, a dissidi e a separazioni con i ‘’duri’’ e ‘’puri’’).

Oggi il partito con maggiore anzianità, con un po’ di storia alle spalle è la Lega. Anche questa forza politica ha deciso di cambiare nome in occasione di un Congresso straordinario svoltosi prima di Natale. In verità la vecchia ‘’Lega Nord per l’indipendenza della Padania’’ non è scomparsa; è stata abbandonata come un cane sull’autostrada, con addosso tutti i carichi finanziari della passata gestione. Adesso il nuovo soggetto si chiama ‘’Lega per Salvini premier’’.

Anche se la rinascita leghista non è dovuta a motivi ideali, ma a ragioni essenzialmente pratiche (ci sono di mezzo le responsabilità per un uso illegittimo di 49 milioni di finanziamento pubblico), la nuova ditta è coerente con la trasformazione intervenuta nel Carroccio.

La Lega di Bossi (e della sua classe dirigente) si considerava un partito di rappresentanza territoriale, difensore degli interessi del Nord; un partito, a suo modo antisovranista, perché non riconosceva neppure le istituzioni della sovranità nazionale; a suo modo europeista, in quanto consapevole del ruolo che spettava al Nord nel novero delle nazioni del Continente (in parole povere: le regioni del settentrione erano le sole all’altezza di stare in Europa).

Il sénatur coltivava, con tanto folklore, una sua cultura delle origini (celtiche?) che a volte si avvaleva di simboli pagani (come gli omaggi al dio Po); ma non avrebbe mai esibito un rosario in un comizio. Soprattutto, la Lega di Bossi era antifascista. Basta ricordare un episodio molto significativo.

Nel 1994, Berlusconi vinse le elezioni grazie ad un’operazione assai abile, mettendo in campo due diverse alleanze: ‘’Il Polo della libertà’’ insieme alla Lega e il ‘’Polo del Buon Governo’’ insieme ad Alleanza nazionale (formata allora, prima di Fiuggi, dal Msi e da altre forze). La prima coalizione operava nel Nord; la seconda nel Meridione.

Oggi la Lega del Capitano non considera scomode certe alleanze, si qualifica come forza di (estrema?) destra e vanta parentele, a livello (anti)europeo, con formazioni eredi o neofiti di un passato odioso che – con ottimismo rivelatosi eccessivo – ritenevamo confinato per sempre nell’immondezzaio della storia.

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