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Tutte le sberle fra Meloni e Molinari (che non convince sulla Repubblica di Elkann)

Che cosa succede fra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e Maurizio Molinardi, direttore del quotidiano Repubblica del gruppo Gedi-Exor. I Graffi di Damato

MELONI SCARTA REPUBBLICA

Come ai tempi non solo di Silvio Berlusconi, a 30 anni dal suo esordio politico e a meno di uno dalla morte, ma anche, o forse ancor più di Bettino Craxi, a 24 anni dalla morte e a 41 dal suo approdo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove rimase per quasi quattro, interminabili anni agli occhi e alle viscere dei suoi avversari, è guerra ad alta intensità per fortuna soltanto politica fra la Repubblica di carta, che non è quella naturalmente del Quirinale, e Palazzo Chigi. La Repubblica che, allora diretta da Eugenio Scalfari e posseduta da Carlo De Benedetti, Ugo Intini definiva anche, per conto di Craxi, “il partito irresponsabile”. Così inteso perché non rispondeva a nessun elettore ma riusciva a portarsi appresso, nelle sue offensive, partiti piccoli e grandi, a cominciare dal Pci addirittura del mitico Enrico Berlinguer.

LA DIFESA POCO CONVINCENTE DI MOLINARI SU REPUBBLICA

Ospite di un’altra Repubblica ancora, la quarta di una rete televisiva dei Berlusconi, Gorgia Meloni è sbottata contro quella di carta che l’aveva accusata qualche giorno fa di avere messo “l’Italia in vendita”, rinfacciando all’editore nipote del mitico avvocato Gianni Agnelli di avere lui sì venduto davvero la Fiat ai francesi, per cui il maggiore dei suoi giornali non è il pulpito adatto a impartire “lezioni di italianità”. In un tentativo di sobrietà tradottosi in reticenza il direttore Maurizio Molinari, evitando poco coraggiosamente di riportare esplicitamente nella sintesi della prima pagina la faccenda della francesizzazione dell’ex Fiat, Fca, ha contestato alla premier “carenza di rispetto e comprensione per la libertà di informazione”, sotto il titolo “Chi ha paura di un giornale libero”. Che non potrebbe essere “delegittimato”, specie al livello politico e istituzionale della Meloni, “a causa della proprietà”. Come se questa avesse il sesso degli angeli.

COSA DICONO GLI ALTRI GIORNALI SU MELONI E REPUBBLICA

Solidale una volta tanto con la Repubblica già posseduta da Carlo De Benedetti, il nuovo giornale dell’ingegnere – Domani – deluso dei figli per la gestione delle sue eredità ha tentato di dare una mano a Molinari e al suo nuovo editore titolando contro una “Meloni senza freni”. Che, per tornare a Repubblica, oltre a “vendere” l’Italia la starebbe “spaccando” con la legge sulle autonomie differenziate il cui percorso parlamentare si integra con la riforma costituzionale per l’elezione diretta del premier.

La Meloni e alleati sarebbero senza freni naturalmente anche nelle nomine, a tutti i livelli, compresa quella a direttore adottata al Teatro di Roma per Luca De Fusco, inviso ad artisti le cui proteste sono state sostenute sul Fatto Quotidiano da Marco Travaglio anche per essere stato nel 2011 l’autore, in Rai, di un documentario riabilitativo di Bettino Craxi. Colpa evidentemente imperdonabile. Come quella di Giorgio Napolitano a 10 anni dalla morte del leader socialista scrivendo pubblicamente alla vedova per lamentare la “severità senza uguali” riservata ad un uomo la cui storia politica non poteva essere schiacciata da quella giudiziaria.

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