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Gabon

Tutte le ricchezze del Gabon sfruttate dalla Francia

Le ingenti riserve minerarie, forestali, di gas e petrolio del Gabon, dove i militari hanno rivendicato un colpo di Stato che destituisce dopo 56 anni la “dinastia” Bongo, lo rendono uno dei Paesi africani con il Pil pro capite più alto, nonostante un abitante su tre viva al di sotto della soglia di povertà. Questo perché le risorse sono nelle mani di pochi, oltre che sotto al controllo di Paesi stranieri, con la Francia in testa, che non ha mai veramente lasciato libera la sua ex colonia. Fatti, nomi e numeri

 

A poco più di un mese dal colpo di Stato in Niger, la storia si ripete. Anche in Gabon, altra ex colonia francese, i militari hanno annunciato “la fine del regime di Ali Bongo”, la cui famiglia, oltre a essere un riferimento politico per la Francia (che ha sempre mantenuto una salda presenza militare nel Paese), era al governo dal 1967.

Considerato stabile, anche perché tra i Paesi più autoritari al mondo, il Gabon, con le sue ingenti riserve minerarie, forestali, di gas e petrolio, resta uno degli Stati africani più poveri e con un altissimo tasso di emigrazione verso l’Europa.

Riguardo al suo posizionamento internazionale, nonostante la dinastia Bongo abbia “sempre scelto di restare fedele all’ex madrepatria coloniale francese”, già a maggio dell’anno scorso il manifesto scriveva che “sembra proprio che un altro tassello della Françafrique potrebbe allontanarsi da Parigi e finire sotto l’influenza russa, dopo che anche il Camerun, stato confinante del Gabon, ha firmato un nuovo accordo di cooperazione militare con Mosca”.

LA DINASTIA BONGO, IL COLPO DI STATO E L’ANNUNCIO DEI MILITARI IN GABON

Questa mattina, in seguito ai risultati delle elezioni che si sono tenute sabato scorso in Gabon, i militari hanno annunciato con un messaggio letto alla televisione nazionale di averne annullato l’esito, che dava vincitore Ali Bongo Ondimba, già presidente e dittatore dal 2009. Prima di lui aveva governato ininterrottamente per 42 anni suo padre, Omar Bongo, e il figlio, nel 2018, si era premurato di far approvare una riforma della Costituzione per assicurarsi il potere vita natural durante.

Oggi, però, i progetti di Ali, accusato tra l’altro di brogli dallo sfidante Albert Ondo Ossa, sembrano finire qui così come la dinastia Bongo. I militari, affermando di “voler rispettare gli impegni assunti dal Paese a livello internazionale”, hanno comunicato la chiusura delle frontiere del Paese e lo scioglimento del Parlamento e delle altre istituzioni costituzionali. Già nel 2019, mentre Ali riceveva cure mediche in Marocco, c’era stato un tentato golpe.

Durante la dichiarazione sono stati uditi colpi di armi automatiche in diversi quartieri della capitale Libreville.

TUTTE LE RICCHEZZE DEL GABON

Secondo i dati della Banca mondiale, sebbene il PIL pro capite del Gabon (8.820 $) superi di parecchio quello delle maggiori economie subsahariane – Sudafrica (6.776 $) e Nigeria (2.184 $) -, un abitante su tre vive al di sotto della soglia di povertà e nel 2020, a causa della crisi economico e sociale profonda in cui versa il Paese, quasi il 40% dei gabonesi di età compresa tra i 15 e i 24 anni era senza lavoro.

La maggiore ricchezza, come osserva Affari Internazionali, si spiega grazie alle sue “ingenti risorse minerarie – come manganese, diamanti, oro, fosfati e ferro – e alle sue riserve petrolifere e forestali”, che ovviamente sono nelle mani di pochi locali oltre che di Paesi stranieri, con Francia in testa.

LE AZIENDE FRANCESI CHE DEPREDANO IL GABON

Proprio in queste ore, mentre la Francia “condanna il colpo di Stato in corso” e “raccomanda ai suoi connazionali di non uscire di casa”, la società mineraria francese Eramet, principale produttore di prodotti a base di manganese per l’industria chimica e secondo produttore di manganese di alta qualità a livello mondiale, ha annunciato l’interruzione di tutte le operazioni nel Paese, facendo crollare le sue azioni di quasi il 5%.

Eramet, che impiega circa 8.000 persone nel Paese, per lo più gabonesi, ha lì due filiali: Comilog, specializzata nell’estrazione di manganese, e Setrag, una società di trasporto ferroviario di proprietà di Comilog, che l’anno scorso ha prodotto 7,5 milioni di tonnellate di metallo.

Ma anche la controllata di TotalEnergies, TotalEnergies Gabon, è scesa di oltre il 10% a 166 euro, riferisce Le Figaro. Il Gabon, membro dell’Opec e dell’Unione africana ma non dell’Ecowas, produce circa 200mila barili di petrolio al giorno, principalmente da giacimenti in via di esaurimento. Oltre a TotalEnergies è presente il produttore anglo-francese Perenco.

Infine, Maurel & Prom, compagnia petrolifera francese specializzata nella produzione di idrocarburi, che secondo il rapporto annuale del 2022 ha quasi il 70% delle riserve accertate e probabili in Gabon, ha riportato il maggior calo sul mercato SRD, perdendo quasi il 20% a 3,93 euro.

LA FINE SOLO APPARENTE DEL FRANCO CFA

Come scriveva ItaliaOggi citando Mohamed Konare, originario della Costa d’Avorio che nel 2018 ha guidato a Roma una manifestazione per contestare la politica africana della Francia di Emmanuel Macron, “il giogo francese su questi Paesi [riferendosi a 14 Stati africani, ndr], è soprattutto economico e monetario, ed è congegnato in modo tale da garantire a Parigi un ferreo controllo della loro moneta, oltre a un monopolio esclusivo sulle ricche materie di cui abbondano (oro, uranio, petrolio, gas, cacao, caffè), con un risultato duplice: arricchire la Francia e le sue élites imprenditoriali da un lato, con uno smisurato trasferimento di ricchezza (circa 500 miliardi di dollari l’anno, secondo alcune stime); dall’altro lato, impoverire fino alla miseria i popoli indigeni, che sono così costretti a fuggire per fame verso l’Italia e l’Europa, in cerca di fortuna”.

Il riferimento era al franco cfa, moneta coloniale riformata e sostituita in parte solo nel 2020 con un’altra valuta (almeno nell’area della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale ma non in quelli dell’Africa centrale) denominata eco, in seguito alle crescenti critiche da parte di Africa ed Europa a Macron. Tuttavia, osservava ai tempi Internazionale, “secondo diversi economisti ed esperti di geopolitica africani, a fronte di alcuni elementi di parziale evoluzione, i principali pilastri del dominio monetario della Francia sulle ex colonie resteranno invariati” e, dunque, l’Africa si sarebbe liberata del franco cfa ma non del controllo francese.

LA PRESENZA MILITARE FRANCESE IN GABON E I GOLPE NELLE EX COLONIE

L’ingombrante presenza della Francia in Gabon è – o era, almeno fino a poco tempo fa – ben radicata, anche da un punto di vista militare. Come ricorda il manifesto, è proprio lì che si trova “la più antica base delle Forze armate francesi, composta da alcune centinaia di uomini presenti nel Paese sin dalla sua indipendenza nel 1960”. “Il contingente francese – prosegue l’articolo del maggio 2022 – addestra e dà supporto operativo all’esercito gabonese, ma dalla capitale Libreville sono partite molte operazioni militari francesi in Africa come la missione Epervier in Ciad o la missione Licorne in Costa d’Avorio”.

Il Gabon è, tuttavia, l’ottavo golpe in tre anni che interessa una ex colonia francese. Prima ci sono stati quelli di Mali (2020 e 2021), Guinea (2021), Burkina Faso (gennaio e settembre 2022), Ciad e Niger (entrambi lo scorso luglio).

LE REAZIONI DAL MONDO

Intanto, nel mondo tutti osservano con attenzione quanto sta accadendo. Il capo della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha detto un che colpo di Stato in Gabon causerebbe solo maggiore instabilità nella regione. Mentre Pechino ha invitato “tutte le parti a partire dagli interessi fondamentali del Paese e del popolo, a risolvere le differenze attraverso il dialogo e a ripristinare l’ordine normale il prima possibile”, oltre che a garantire la sicurezza del presidente Ali Bongo .

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