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Giorgetti

Tutte le passioni smodate del Fatto Quotidiano di Travaglio per Conte

Che cosa sussurra il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio al presidente del Consiglio dimissionario, Giuseppe Conte

 

Ormai, fallito il tentativo di neutralizzarlo con i “volenterosi” inseguiti al Senato, più che ai “giochi da tavolo” a Montecitorio, come il manifesto ha definito gli incontri fra i partiti voluti dal presidente della Camera sul programma, Giuseppe Conte è appeso alle parole di Matteo Renzi come ad un oracolo. E l’oracolo toscano ha espresso in una lettera elettronica ai militanti, simpatizzanti e amici la “speranza” nella formazione “entro la settimana” del nuovo governo. Che – ha aggiunto o ammonito – “dovrà essere all’altezza delle sfide di questo periodo”. In cui le emergenze si sprecano, essendo di natura sanitaria, sociale ed economica, come ha ricordato Sergio Mattarella a chiusura delle sue consultazioni. Ma personalmente aggiungerei anche una crisi addirittura istituzionale, essendo per esempio diventato di fatto il Parlamento da bicamerale a monocamerale.

Sui provvedimenti più importanti, a cominciare dal bilancio per finire ai decreti legge imposti dalle varie urgenze del Paese, o la Camera o il Senato, secondo le occasioni, ma prevalentemente il Senato, dove i numeri della maggioranza sono di solito ballerini, è costretto dall’uso abituale della fiducia a ratificare il voto espresso in prima battuta dall’altro ramo del Parlamento. La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati se n’è lamentata più volte, anche con una certa durezza o vivacità, ma il destinatario principale delle proteste ha scrollato le spalle, scambiando la signora per una rompiscatole non a caso proveniente dall’opposizione di centrodestra. L’ideale sarebbe stata la provenienza della presidente del Senato dalla Lega di Matteo Salvini o dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, e non invece dalla Forza Italia di quel Silvio Berlusconi che in certi passaggi di questa crisi è stato sognato come un possibile liberatore da mezzo Pd a voce alta e da una parte addirittura dei grillini a voce bassissima, quasi impercettibile.

Quella speranza dell’oracolo toscano nella formazione di un nuovo governo entro questa settimana, trattandosi ormai di pochi giorni, ha fatto comunque pensare ad almeno alcuni degli amici di Conte che esistano buone possibilità, nonostante certe apparenze, ed altri segnali ambigui dello stesso oracolo, che il presidente del Consiglio dimissionario venga incaricato di formare il suo terzo governo. In cui, magari, Conte dovrà rassegnarsi ad avere meno spazi di manovra e a fare ingoiare altri e più dolorosi rospi al movimento che lo ha portato a Palazzo Chigi, quello delle 5 Stelle, ma sarà pur sempre e ancora il presidente del Consiglio, meno ossessionato almeno per qualche mese dal fantasma di Mario Draghi. Che Renzi si prende il gusto ogni tanto di citare ed elogiare in coincidenza con auspici e sollecitazioni di altre parti politiche, compreso il pur odiato Salvini.

Se sono rose o roselline per Conte fioriranno in questi giorni, sia pure fuori stagione, a conclusione di una crisi che l’autorevole senatore del Pd Luigi Zanda, in una intervista a Repubblica, ha definito “la più delicata e difficile”, fra le “tantissime” cui ha “assistito”, perché “i problemi del Paese sono profondi e le condizioni dell’Italia in piena pandemia sono serie”. Ma ormai al Fatto Quotidiano i contiani integralisti, chiamiamoli così, hanno varcato il Rubicone e si sono messi a preferire anche loro le elezioni anticipate, come il centrodestra, incitando il presidente del Consiglio a “sfidare” le urne, dopo avere sfidato inutilmente il Senato scommettendo sui già citati “volenterosi”.

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