Di fronte alla proiezione di potenza turca, anche gli Emirati Arabi Uniti stanno ponendo in essere una strategia volta a limitare e contenere la politica di Erdogan.
Sotto questo profilo la strategia seguita dagli Eau è certamente improntata alla lucidità strategica come dimostrano le scelte compiute ultimamente anche sullo scacchiere libico.
In primo luogo proprio ad agosto gli Emirati Arabi Uniti hanno organizzato esercitazioni militari congiunte con la Grecia, l’Egitto e Cipro; in secondo luogo gli Emirati hanno siglato un accordo di cooperazione militare proprio con la Grecia; in terzo luogo la recente esercitazione congiunta denominata Medusa 10 con la Grecia, l’Egitto, Cipro e la Francia che si è svolta dal 30 novembre al 6 dicembre nel Mediterraneo orientale -a largo di Alessandria- ha per gli Eau un valore strategico di grande rilevanza proprio perché finalizzato a dissuadere la proiezione di potenza turca.
All’interno di questa nuova conflittualità nel Mediterraneo orientale un ruolo importante è certamente rivestito dalle infrastrutture militari sia quelle turche sia quelle degli Emirati Arabi Uniti in Yemen, Eritrea, Somaliland e Libia volte a consentire agli Eau un proiezione di potenza marittima nel Golfo Persico e nel Golfo di Oman.
Gli investimenti posti in essere nelle infrastrutture portuali -per esempio in in Puntland (Bosaso) e Somaliland (Berbera) suppportati dalla Dubai Port World- sono propio finalizzati a porre le premesse per costruire una potenza marittima .
A tale proposito gli Eau non casualmente hanno investito nella Marina e in seconda battuta nei droni di fabbricazione cinese.