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Giorgetti

Tutte le convulsioni di Conte anti Draghi

Che cosa succede fra Conte e Draghi. I Graffi di Damato

Dopo le smentite quasi congiunte di Mario Draghi e di Beppe Grillo alla tentazione praticamente loro attribuita di “farlo fuori” dalla presidenza delle 5 Stelle e l’assicurazione dello stesso Draghi che il governo non sopravviverebbe ad un’uscita di quel che resta dell’omonimo movimento, per quanto non più di maggioranza relativa per la scissione consumata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, doveva essere un incontro di chiarimento e di riconciliazione quello concordato fra il presidente del Consiglio e il predecessore Giuseppe Conte per lunedì pomeriggio. Invece lo stesso Conte, come hanno titolato praticamente un pò tutti i giornali, ha voluto avvertire che il risentimento, anche a costo di sembrare a questo punto più personale che politico, non gli è ancora passato.

In particolare, tra cose dette chiaramente o allusivamente e cose attribuitegli, Conte continua a sospettare che dietro la scissione di Di Maio ci sia stato lo zampino del presidente del Consiglio, se non anche quello davvero paradossale di Grillo. Che ha appena diffuso sul suo blog un attacco ai “traditori”, al plurale sottolineato significativamente dal Fatto Quotidiano di Marco Travaglio: lo stesso giornale che ha provocato l’esplosione di tutta questa vicenda con un’intervista al sociologo Domenico De Masi. Cui Grillo avrebbe confidato le pressioni ricevute da Draghi contro il presidente del movimento di cui egli è garante, e da qualche settimana anche consulente praticamente retribuito per la comunicazione.

In più, oltre alla faccenda personale del tentativo o progetto di “farlo fuori”, Conte considera ancora aperti politicamente -nei rapporti fra Draghi e il MoVimento 5 Stelle- la fine del cosiddetto bonus edilizio, la revisione del reddito di cittadinanza, l’inceneritore a Roma autorizzato al nuovo sindaco ed ex ministro del Pd Roberto Gualtieri, infine ma non ultimo per importanza l’annuncio di altri aiuti militari italiani all’Ucraina. Che contrasterebbero -secondo Conte, ma anche secondo molti altri parlamentari pentastellati vogliosi di disimpegnarsi dal governo- con la necessità di spianare la strada ad una soluzione diplomatica della guerra avviata da Putin.

Qualsiasi cosa volesse o dovesse dirgli lunedì Draghi per cercare di rasserenarlo maggiormente, anche a costo di contraddirsi clamorosamente, Conte si è proposto di “coinvolgere gli organi” del MoVimento nella valutazione del “disagio politico”. Potrebbe al limite verificarsi  il caso di un Consiglio Nazionale delle 5 Stelle, convocato più volte in questi giorni, più rigido di lui. E pensare che il povero Aldo Moro, di cui Conte si è detto tante volte non dico erede ma quanto meno ammiratore, non riuscì nel 1978 dalla prigione delle brigate rosse in cui era rinchiuso ad ottenere dai dirigenti della Dc la convocazione del Consiglio Nazionale di cui pure era presidente.

A consolazione di Draghi, sospettato a torto o a ragione di avere manovrato dietro le quinte per la scissione delle 5 Stelle, potrebbero essere ricordate altre scissioni attribuite al presidente del Consiglio di turno per ricavare o cercare di ricavare vantaggi alla prosecuzione dell’esperienza a Palazzo Chigi. Accadde negli anni Settanta a Giulio Andreotti per la scissione del Movimento Sociale ad opera di Delfino, De Marzio, Nencioni ed altri promotori della “Destra Nazionale”. Riaccadde nel 2013 ad Enrico Letta per la scissione del berlusconiano Partito della libertà -con la nascita del “Nuovo Centro Destra”- ad opera dell’allora vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno Angelino Alfano. Che è poi scomparso dal panorama politico come gli scissionisti della destra missina una quarantina d’anni prima. Ma qualche giorno fa Alfano è stato nominato dal buon Sergio Mattarella cavaliere della Repubblica.

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