Il 13 ottobre l’esercito turco ha posto in essere diverse operazioni contro il Syrian Democratic Forces (SDF), situate nel nord della Siria. Nello specifico nelle zone Misherfah, Jabal e Ain Issa, nella periferia settentrionale di Raqqa, siti nel sud di Afrin e nel nord di Tal Rifaat, nella periferia nord di Aleppo, nel nord-ovest della Siria, oltre ad altre località nel nord-est siriano, nei pressi di Hasakah.
In base alle informative, sembra che alcune postazioni delle forze democratiche siriane siano state distrutte. A tale proposito non dobbiamo dimenticare che le forze democratiche siriane – insieme all’unità di protezione popolare curde, che sono il vero e proprio braccio armato dell’esercito siriano – sono considerate da Ankara un gruppo terroristico, è cioè considerato il ramo siriano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).
Nonostante il PKK sia considerata la più pericolosa organizzazione terroristica da parte della Turchia, è necessario sottolineare che i curdi sono stati sostenuti dagli Stati Uniti contro il presidente siriano Bashar al-Assad, sostenuto da Russia e Iran, anche se nel 2019 l’allora presidente Donald Trump ha ritirato la maggior parte delle forze statunitensi dalla Siria per consentire un’offensiva turca contro i curdi.
Nonostante il ritiro americano dall’Afghanistan, gli Stati Uniti hanno dato un chiaro mandato ai curdi e cioè quello di distruggere lo Stato islamico e lavorare per costruire infrastrutture nel nord-est della Siria.
Se non vi è dubbio alcuno che la Turchia in Siria porta avanti una politica certamente coerente con le sue esigenze di ordine politico e militare, nello stesso tempo le sue scelte politiche sono in aperta contraddizione con quelle dei due suoi più importanti alleati: e cioè Russia e Stati Uniti.