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Sicurezza Online Hacker

Perché la caccia ai troll russi rischia di trasformarsi in un narcotico per i benpensanti

Il commento di Gianfranco Polillo sul caso controverso dei troll che avrebbero fomentato un attacco via Twitter contro il Quirinale

La caccia ai troll russi – il titolo di un prossimo film d’avventura – rischia di trasformarsi in un narcotico potente per i benpensanti. Alimenta l’illusione che le grandi trasformazioni politiche che stanno investendo l’Occidente – Stati Uniti in testa – siano il frutto della semplice manipolazione culturale. E non la conseguenza di fenomeni profondi che hanno scavato negli assetti dell’economia, mettendone in luce contraddizioni e criticità.

Che un effetto gregge nella diffusione delle fake news vi sia stato è altamente probabile. Che abbia prodotto le conseguenze temute è, invece, tutto da dimostrare. Limitarsi a constatare la grande diffusione dei social network serve a poco.

L’indagine dovrebbe riguardare la diversa tipologia degli utilizzatori. Un conto sono gli analfabeti di ritorno. Quelli, per intenderci, che non leggono un libro, che considerano la carta stampata sterco del demonio, che guardano all’informazione professionalizzata, in Tv ed altrove, come dominata da poteri opachi.

Altro conto è chi usa internet per la velocità che garantisce nella selezione delle notizie e per integrare il proprio retroterra culturale. In questo secondo caso è facile distinguere il grano dal loglio. Vedere quando si è di fronte ad una montatura senza capo né coda come fu la richiesta di impeachment, avanzata da Luigi Di Maio, contro il presidente della Repubblica. E solo dopo rilanciata sul web, ad opera di ingenui e manipolatori.

Questa varietà nel mondo dei cyber nautici dovrebbe invitare alla prudenza, onde evitare possibili reazioni incontrollate. Altrimenti si fornirebbero armi a chi vuole controllare la rete – avviene in molti Paesi dalle fragili strutture democratiche – per combattere non tanto le fake news di regime. Quanto la libera critica contro il dispotismo. Se queste considerazioni hanno un loro fondamento, ne deriva che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. La manipolazione è stata sempre una caratteristica del nostro tempo. Utilizza solo i diversi strumenti di cui dispone. Naturalmente l’impatto può essere diverso. Ma senza un’indagine approfondita è difficile stilare una possibile classifica.

Con l’avvento della televisione, un profondo conoscitore di quello strumento, come Jader Jacobelli, era solito mettere in guardia contro la potenza comunicativa di quel mezzo. Entrava di soppiatto nelle case degli spettatori. Ne condizionava la capacità critica con la potenza delle immagini. Trasmetteva un messaggio omologante al quale era difficile resistere. Oggi, secondo le critiche ricorrenti, anche questo mezzo è superato dal fuoco dei social network. Di nuovo le vecchie categorie di Umberto Eco: apocalittici e integrati.

È la storia che si ripete, con ben poche varianti. Ma con un effetto placebo che è bene non trascurare. Lo smottamento politico, in Italia, in Europa e nelle altre grandi Nazioni dell’Occidente, è stata conseguenza delle grandi trasformazioni strutturali che ne hanno colpito il cuore. All’origine del quale sono le grandi contraddizioni di una globalizzazione che va esaminata in tutte le sue luci ed ombre. Se è vero che essa ha prodotto ricchezza e benessere in alcune parti del mondo: soprattutto il Sud est asiatico.

Nelle vecchie cattedrali del benessere novecentesco, i risultati sono stati ben diversi. Una concorrenza, il più delle volte unfair, ha comportato la chiusura di attività produttive divenute, improvvisamente, obsolete. Forse ci voleva più tempo prima di abbassare la guardia delle tariffe doganali, per consentire i necessari processi di riconversione produttiva. Ed anche più lungimiranza da parte delle relative classi dirigenti. Basti pensare alle conseguenze della crisi finanziaria, dovuta al fallimento della Lehman Brothers. Far finta che tutto ciò possa essere facilmente archiviato per fomentare la caccia ai troll russi è solo un atto di ordinaria follia.

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