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Sudan

Sudan: il golpe, la crisi economica, gli affari dei militari e lo schiaffo a Biden

Il golpe in Sudan fa congelare gli aiuti internazionali e rischia di aggravare ancora di più la crisi economica di un Paese già alle prese con carenza di cibo, carburante, medicine e inflazione alle stelle. Fatti, numeri e analisi

 

Ieri mattina presto, il primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdok, e sua moglie sono stati arrestati e i militari, guidati dal generale Abdel Fattah al-Burhan, con un colpo di Stato hanno preso il potere a Khartum.

Migliaia di sudanesi sono scesi in piazza per protestare e ci sono già stati i primi morti e feriti. Il golpe, per ora è stato condannato da Unione Europea, Nazioni Unite, Lega Araba e Unione Africana. Intanto, gli Stati Uniti, principale finanziatore del Paese, hanno bloccato 700 milioni di dollari di aiuti.

IL COLPO DI STATO

A due anni e mezzo dalla caduta dell’autocrate Omar al-Bashir, era l’aprile del 2019, il Sudan è ripiombato in uno stato di emergenza. Il premier Hamdok e la moglie Muna, entrambi economisti, sono agli arresti da domenica notte. Dopo essersi rifiutati di sostenere il golpe, sono stati portati in una località non rivelata, a quanto fa sapere il ministero dell’Informazione citato da Deutsche Welle.

Rapporti dall’interno del Paese hanno riferito che anche altri esponenti della società civile sono stati prelevati dalle case. Tra loro ci sono alcuni ministri che facevano parte del Consiglio sovrano, l’organo composto da militari e civili che doveva occuparsi della transizione democratica del Sudan.

LA (MANCATA) TRANSIZIONE DEMOCRATICA

Il governo “misto” di transizione era attualmente guidato proprio dal generale Al-Burhan che, in base alla turnazione prevista dagli accordi del 2019, a novembre avrebbe dovuto lasciare il posto ad Hamdok.

Al-Burhan, con un discorso in diretta tv, ha ufficializzato la deposizione del governo e annunciato lo stato di emergenza. La decisione sarebbe quella di mantenere il potere fino alle elezioni del luglio 2023 e di formare un nuovo governo composto da tecnocrati che possano rimettere in sesto l’economia del Paese.

Secondo i generali, infatti, oltre alle crescenti difficoltà causate dalla pandemia, si aggiungono quelle dovute a un’economia traballante che non ha saputo essere rafforzata dall’esecutivo di Hamdok, che tra l’altro è stato vice segretario della Commissione economica dell’Onu per l’Africa.

LE PRIME CONSEGUENZE

Già nelle ultime settimane c’era fermento tra la popolazione, ma con il colpo di Stato migliaia di sudanesi pro-democrazia sono scesi in piazza per protestare e, si legge su Reuters, che finora ci sarebbero stati almeno 7 morti e 140 feriti.

I militari, oltre ad aver iniziato a reprimere la popolazione, hanno tagliato internet e presto faranno lo stesso con tv e radio. Come fa sapere un think tank di Khartum, citato da DW, è stato chiuso l’aeroporto internazionale e le strade che portano alla capitale sono state bloccate da soldati e paramilitari.

L’ECONOMIA E GLI AFFARI DEI MILITARI

“La politica sudanese è incredibilmente complicata”, ha detto Dan Watson, esperto di Sudan e ricercatore della Sussex University. Nonostante la creazione del governo di transizione, l’esercito sudanese, che comprende molti ex complici della dittatura di Al-Bashir, detiene ancora la maggior parte del potere sul terreno, ha affermato Watson.

Come ricorda l’Ispi, “le Forze di supporto rapido (Rsf) – un’organizzazione paramilitare creata dall’ex presidente al Bashir per reprimere le rivolte in Darfur – restie ad essere integrate nell’esercito regolare e a cedere parte del loro enorme potere economico e politico”, secondo varie investigazioni, controllano indirettamente l’80% dell’economia sommersa sudanese.

Controllano, inoltre, molte attività strategiche del Paese, “tra cui il commercio del gas da cucina e l’estrazione mineraria. La totale assenza di trasparenza, inclusa la mancata dichiarazione dei propri profitti nel bilancio dello stato – prosegue l’articolo – hanno alimentato le speculazioni sui reali interessi dei vertici militari sudanesi nella transizione democratica”.

Il governo di transizione, sottolinea DW, ha dovuto affrontato diverse sfide. Le riforme finanziarie hanno portato a maggiori sofferenze economiche e all’aumento dell’inflazione. Un blocco in corso da parte delle tribù locali del più importante porto nell’est del Sudan sta causando carenze di beni essenziali. E, nonostante l’accordo di pace dello scorso anno con i gruppi ribelli in tutto il Paese, le vittime della violenza politica sono aumentate negli ultimi 12 mesi.

Secondo i dati riportati dall’Ispi, il tasso di inflazione ha raggiunto il 388%, il debito estero ammonta a 50 miliardi di dollari, la crescita del Pil prevista per il 2021 è dello 0,9 e il tasso di disoccupazione è al 17,7%.

COME SI È ARRIVATI A QUESTO PUNTO?

L’economia del Sudan è in profonda crisi. Inflazione alle stelle, carenza di cibo, carburante e medicine si aggiungono alle tensioni politiche come benzina sul fuoco. “L’economia è per molti versi la chiave della transizione”, ha detto a TRT Jonas Horner dell’International Crisis Group. “La miseria nelle strade è profondamente impopolare e penso che i leader militari stiano per scoprire quanto siano popolari”, ha aggiunto.

Già martoriata da anni di cattiva gestione e sanzioni, l’economia del Paese ha perso il 75% delle sue entrate petrolifere quando il Sud Sudan, ricco di risorse, ha ottenuto l’indipendenza nel 2011. La sterlina sudanese è crollata rispetto al dollaro, mentre l’inflazione e il debito pubblico sono aumentati.

Dal 2019, le misure prese dal governo di transizione – intraprese per porre fine a venti anni di isolamento internazionale e sostenute sia dalla Banca mondiale che dal Fondo Monetario Internazionale – sono state giudicate profondamente impopolari da alcuni gruppi della popolazione. “Il sentimento nel Paese è diviso perché una parte del pubblico che soffre per l’aumento delle difficoltà a causa delle riforme sostenute dal FMI è ora a favore di un colpo di Stato”, ha scritto su Twitter Sanya Suri, analista dell’Africa presso l’Economist Intelligence Unit.

Le riforme, infatti, comportavano anche misure di austerità come la fluttuazione della moneta e la rimozione dei sussidi statali, che hanno portato a ulteriori aumenti del prezzo del carburante e di altri beni di prima necessità. Secondo l’Onu, quasi 10 milioni di persone in Sudan vivono in una condizione “gravemente insicura” dal punto di vista alimentare.

COSA SUCCEDERÀ ORA?

“Nel corso del prossimo anno, impegneremo circa 2 miliardi di dollari in sovvenzioni per sostenere gli sforzi del governo per ridurre la povertà e stimolare la crescita economica”, aveva detto il presidente della Banca mondiale David Malpass durante la sua prima visita in Sudan da parte dell’istituzione in quasi 40 anni.

Sul fronte opposto di chi ha condannato il colpo di Stato si schiera la Russia che ha dato il proprio consenso, mentre Cina e Arabia Saudita restano in silenzio. La comunità internazionale ha già annunciato che la riduzione del debito del Sudan e gli aiuti internazionali sono subordinati a una transizione verso la democrazia e gli Stati Uniti, scrive Bloomberg, hanno bloccato 700 milioni di dollari diretti a Kharthum. Tre giorni fa, ricorda il Corriere della Sera, l’inviato Usa era stato nella capitale e il golpe è quindi anche “uno schiaffo in faccia a Joe Biden”.

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