In attesa che la Federal Trade Commission sveli l’azione antitrust contro Facebook, l’Agenzia federale americana pare aver registrato un record che Margaret Harding McGill di Axios definisce “in chiaroscuro” sul piano della regolamentazione del comparto tecnologico: gli esperti ritengono cioè che la Federal Trade Commission si trovi in quella condizione che gli anglosassoni definiscono “put up or shut up”, in soldoni “fai quello che hai detto oppure smetti di parlarne”.
UN’AUTHORITY PRIVA DI POTERI EFFETTIVI?
La maggior parte dei casi tecnologici affrontati dalla Federal Trade Commission Usa hanno riguardato, infatti, la protezione dei consumatori o il contenimento di comportamenti monopolistici. Ma le precedenti indagini antitrust su fusioni o società tecnologiche, come una review su Google che si è conclusa nel 2013, hanno portato i più critici a dipingere la Federal Trade Commission come praticamente priva di poteri effettivi.
Per capire nel dettaglio perché si è arrivati a questa conclusione, basta dare un’occhiata ai successi e alle critiche nei confronti della Federal Trade Commission nel campo della tecnologia.
NEL 2019 L’AFFAIRE YOUTUBE E L’ACCORDO SULLA PRIVACY CON FACEBOOK
Nel 2019 è da segnalare l’accordo da 170 milioni di dollari di YouTube: il popolare social video aveva accettato di pagare una multa e di apportare modifiche al modo in cui gestisce i video dei bambini per risolvere le accuse di violazione delle leggi sulla privacy online. “Neil Chilson, ricercatore senior per la tecnologia e l’innovazione di Stand Together ed ex consulente FTC, aveva ammesso che i cambiamenti ottenuti dall’agenzia, che includono lo stop a tutti i tracciamenti dei minori senza il consenso dei genitori, hanno avuto ‘un grande impatto sul modo di operare di YouTube’”, ricorda Axios.
Sempre lo scorso anno è da segnalare l’accordo sulla privacy siglato da Facebook per un valore record di 5 miliardi di dollari: la multa per violazione della privacy degli utenti, compreso lo scandalo di Cambridge Analytica, ha stabilito un primato. “Ma i critici l’hanno giudicata inefficace, data la ricchezza di Facebook, oltre all’indicazione che un accordo analogo sulla privacy del 2012 sempre con Facebook si è rivelato poco incisivo”, spiega Margaret Harding McGill di Axios che cita le parole dell’ex commissario della FTC William Kovacic, ora professore alla George Washington University Law School: “Penso che la progettazione e l’implementazione del precedente accordo si sia rivelata imperfetta. Se fai bene il tuo lavoro, impari da questo e non commetti più gli stessi errori”.
NEL 2017 I CASI AMAZON-WHOLE FOOD E QUALCOMM
Nel 2017 era stata invece Amazon a finire nel mirino per l’acquisto di Whole Foods: La FTC Usa aveva indagato sull’acquisizione del colosso del cibo da parte di Amazon, senza prendere alcun provvedimento. E questo, secondo Stacy Mitchell, co-direttrice dell’Institute for Local Self-Reliance, ha finito per “rafforzare il potere di Amazon come rivenditore online in diversi modi”, fornendogli anche nuovi dati sulle abitudini di acquisto offline dei consumatori, evidenzia Axios.
Sempre dello stesso anno è il provvedimento intentato contro Qualcomm per comportamenti monopolistici, durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Obama: la Federal Trade Commission citò in giudizio Qualcomm per aver presumibilmente usato tattiche anticoncorrenziali per mantenere il monopolio. L’agenzia vinse il processo ma quest’anno ha perso la causa in appello.
NEL 2014 GLI ACQUISTI IN-APP DI APPLE, GOOGLE E AMAZON E GLI ACQUISTI DI WHATSAPP E INSTAGRAM DA PARTE DI FACEBOOK
Nel 2014 la Federal Trade Commission Usa aveva puntato Apple, Google e Amazon per la questione degli acquisti in-app accusando le aziende di aver ingiustamente addebitato ai consumatori le spese sostenute dai bambini senza il consenso dei loro genitori In casi distinti le aziende hanno accettato di rimborsare ai consumatori circa 121,5 milioni di dollari in totale.
Procedendo a ritroso, tra il 2012 e il 2014 l’agenzia federale americana ha affrontato Facebook nel caso dell’acquisizione di WhatsApp e l’acquisto di Instagram. Queste due fusioni hanno dato forma all’azienda di oggi – e secondo quanto riferito da numerosi media americani – sono al centro dell’attuale indagine della FTC sul fatto che la società abbia soffocato la concorrenza acquistando dei rivali diretti.
“La FTC è responsabile dell’incendio del cassonetto che è l’internet moderno – ha detto Matt Stoller, direttore della ricerca dell’American Economic Liberties Project citato sempre da Axios -. C’è stata una grande ondata di fusioni nello spazio pubblicitario ed editoriale online e la Federal Trade Commission e il Dipartimento di Giustizia non ne hanno bloccato una”. Chilson ha sostenuto, inoltre, che la FTC ha dato priorità all’azione antitrust per affrontare i danni più evidenti per i consumatori.
NEL 2013 IL CASO DEL MOTORE DI RICERCA DI GOOGLE
Tornando ancora più indietro nel tempo è del 2013 l’indagine sul motore di ricerca di Google: la FTC Usa aveva indagato sul fatto se il colosso di Mountain View avesse usato il suo potere nel mercato delle ricerche per schiacciare i rivali: l’agenzia aveva vinto strappando a Big G l’impegno a cambiare alcuni comportamenti. Impegno non vincolante, tuttavia, che secondo Kovacic avrebbe dovuto essere contenuto in un’ordinanza del tribunale.
Insomma, guardando soprattutto a quest’ultimo caso in funzione della prossima azione contro Facebook, “rinunciare a portare avanti il caso dopo tutti i discorsi che ne sono stati fatti sarebbe un fallimento istituzionale devastante”, ha concluso Kovacic.