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Centrodestra

Chi è stato l’architetto della rielezione di Mattarella al Quirinale

Che figure come quella di Ceccanti - artefice della rielezione di Mattarella - ora siano fuori dal parlamento è anche questo uno dei paradossi della crisi profonda in cui si è avvitato il Pd. La nota di Paola Sacchi

Lo ricorda Lanfranco Palazzolo in un’intervista per Radio Radicale (trasmessa ieri) a Stefano Ceccanti: gli applausi per la ri-elezione di Sergio Mattarella alla fine se li presero Enrico Letta e Giuseppe Conte e non il principale artefice dell’operazione, ovvero lo stesso Ceccanti.

È il costituzionalista, deputato del Pd, non rieletto alle Politiche del 25 settembre, al quale peraltro in un primo momento Letta addirittura preferì Nicola Fratoianni, leader della Sinistra radicale. Ceccanti fu poi riammesso come capolista in quello che era stato il suo collegio in Toscana. Eppure, il costituzionalista dem, solida formazione riformista, garantista che votò tre sì ai referendum sulla giustizia di Lega e Radicali, leader, con Enrico Morando, dell’Associazione Libertà Eguale, fu davvero la chiave di volta per uscire dal drammatico avvitamento del sistema politico nelle elezioni presidenziali di un anno fa.

Ora, un anno dopo Ceccanti è fuori dal parlamento, il Pd versa in una crisi di identità e prospettive senza precedenti. Il professore pisano che non ha mai voluto enfatizzare il suo ruolo da vero protagonista della soluzione di quel cruciale appuntamento, personaggio discreto e dotato anche di senso dell’ironia, politico che gode di stima trasversale anche per il suo approccio aperto, non ideologico con gli avversari politici, quella sera dopo l’elezione del Capo dello Stato lo incrociammo da solo verso l’uscita di Montecitorio. Mentre al centro del Transatlantico un gruppo di deputati del Pd faceva applausi scroscianti a Letta e Conte. “Va bene così”, disse comunque soddisfatto e anche un po’ divertito il vero regista dell’operazione.

Ceccanti quotidianamente ne era il tessitore. Operazione, ricorda a Radio Radicale, partita dal basso, in cui il protagonista fu proprio il Transatlantico e non i vertici dei partiti. Perché era lì che c’erano i grandi elettori. “L’operazione è nata e si è svolta tutta in parlamento, mentre i giornali puntavano l’attenzione sulle stanze dei vertici esterni, era lì che si andava avanti per cerchi concentrici, con un numero sempre maggiore e trasversale di singoli parlamentari verso l’elezione del presidente”, racconta Ceccanti a Radio Radicale.

“La svolta – spiega – ci fu quando non andò in porto l’elezione di Elisabetta Alberti Casellati e anche un gruppo di parlamentari di centrodestra incominciò a votare Mattarella”. Spiega: “Non a caso a chiedere a Mattarella di essere rieletto furono i capigruppo che salirono al Colle e non i segretari di partito come avvenne per il bis di Giorgio Napolitano”.

In quel caso c’era un governo anche da formare, per il bis dell’attuale Capo dello Stato c’era, invece, sullo sfondo la possibilità anche che il governo Draghi, governo del presidente, cadesse, nel caso lo stesso Draghi o, dice Ceccanti, una figura terza rispetto a lui e Mattarella fossero eletti al Colle.

L’esecutivo di emergenza nazionale è caduto sei mesi dopo. Lo scenario è completamente cambiato. C’è un governo di centrodestra. Ma, comunque si pensi, che figure come quella di Ceccanti ora siano fuori dal parlamento è anche questo uno dei paradossi della crisi profonda in cui si è avvitato il Pd.

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