Gli Stati Uniti e la Cina hanno annunciato di aver trovato un accordo di principio sulle loro controversie commerciali.
COSA HA DETTO LUTNICK
Dopo due giorni di trattative a Londra, martedì il segretario del Commercio Howard Lutnick ha detto ai giornalisti che l’accordo di principio aggiunge “sostanza” al patto siglato a Ginevra il mese scorso; patto che però era venuto meno per via dei controlli sulle esportazioni di terre rare imposti da Pechino e delle restrizioni al commercio di microchip e tecnologie associate applicati da Washington.
Lutnick ha spiegato che l’accordo di Londra porterà alla rimozione sia dei controlli cinesi sulle terre rare e sui prodotti derivati (come i magneti, fondamentali per l’industria automobilistica), sia di alcune limitazioni statunitensi. Non ha tuttavia fornito maggiori dettagli.
COSA HA DETTO TRUMP
L’accordo di principio andrà ora sottoposto ai presidenti di Stati Uniti e Cina, ovvero Donald Trump e Xi Jinping; se lo approveranno, allora entrerà in vigore.
In un post su Truth, il social network di sua proprietà, Trump ha scritto che la relazione tra Washington e Pechino è “eccellente” e che, per effetto dell’accordo, la Cina fornirà i magneti e “tutte le terre rare necessarie”; in cambio, gli Stati Uniti faranno a loro volta delle concessioni: ad esempio, ripristineranno la possibilità per gli studenti cinesi di frequentare le università americane.
COSA CAMBIERÀ CON L’ACCORDO DI PRINCIPIO TRA AMERICA E CINA
Josh Lipsky, analista del think tank statunitense Atlantic Council, ha spiegato a Reuters che l’accordo di Londra potrebbe evitare che l’imposizione vicendevole di controlli alle esportazioni vada fuori controllo, ma non risolve le tensioni economiche tra i due paesi: non fornisce una risposta, cioè, né alle proteste cinesi verso i dazi di Trump né alle contestazioni americane al modello economico della Cina, basato su una forte ingerenza dello stato e orientato all’export.
I negoziati commerciali tra America e Cina, dunque, proseguiranno e il tempo per il raggiungimento di un accordo completo non è molto. In mancanza di un’intesa entro il 10 agosto prossimo, i dazi americani sulle importazioni di merci cinesi passeranno dal 30 per cento al 145 per cento, mentre le tariffe cinesi sui prodotti americani saliranno dal 10 per cento al 125 per cento.
Intanto, gli ultimi dati doganali dicono che a maggio le esportazioni della Cina negli Stati Uniti sono diminuite del 34,5 per cento su base annua: si tratta del calo più netto dai tempi della pandemia di coronavirus.
SEGNALI DI DISTENSIONE
Che i negoziati di Londra si sarebbero conclusi positivamente era già stato anticipato sia da Trump, che aveva detto di aspettarsi che l’incontro tra le parti sarebbe andato “molto bene”, sia dalle autorità cinesi, che avevano concesso delle licenze di esportazione a diverse società di terre rare, come Innuovo Technology, Jl Mag Rare-Earth e Beijing Zhong Ke San Huan.
La Cina possiede un quasi-monopolio sulla filiera delle terre rare, in particolare sulle fasi di raffinazione e di trasformazione in magneti, le più critiche. Ad aprile, in risposta ai dazi americani, ha introdotto dei controlli commerciali su alcuni elementi delle terre rare. Gli Stati Uniti, a loro volta, hanno deciso a maggio di sospendere le esportazioni in Cina di software per la progettazione di semiconduttori e di componenti per l’aviazione.