skip to Main Content

Facebook Shops

Sorpresa: Amazon, Facebook e Google benedicono l’imposta decisa dal G7. Ecco perché

Fatti, numeri, commenti, nodi e critiche sulla tassa minima del 15% per i colossi del tech

Dopo anni di discussioni, false partenze e velate minacce, lo scorso fine settimana i ministri delle Finanze dei paesi del G7, riuniti a Londra, hanno raggiunto un accordo per istituire una tassa globale di almeno il 15% per le multinazionali.

Una percentuale che piace ai colossi del tech, tra cui Google e Facebook, ma che difficilmente troverà il favore di quei Paesi dove vige una politica fiscale agevolata.

Si tratta di un accordo “scandaloso”, secondo l’economista francese Thomas Piketty.

Ecco fatti, numeri, commenti e reazioni.

L’ACCORDO

Partiamo dai fatti. I ministri delle Finanze dei paesi del G7 – Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Italia e Giappone – hanno raggiunto un accordo per istituire una tassa minima, del 15%, per tutte le aziende con margini di profitto superiori al 10 per cento. Per le aziende più redditizie, il 20% dei profitti che superano il 10%.

SERVE APPROVAZIONE DEL G20

L’intesa è solo un primo passo. Dopo il G7, la proposta deve essere approvata, prima, in seno all’Ocse, e dopo in seno al G20, che si riunirà a Venezia dall’8 all’11 luglio. Negli Usa la tassa dovrà ottenere l’ok di entrambe le aule, e al Senato i democratici hanno solo un voto di vantaggio.

LA SOSTITUZIONE DELLA DIGITAL-TAX

La tassa del 15%, in Italia, andrà a sostituire la Digital-Tax, che consiste in un’aliquota del 3% sull’ammontare dei ricavi tassabili conseguiti nel corso dell’anno solare.

DRAGHI: UN ACCORDO STORICO

Per il premier Mario Draghi, l’accordo rappresenta un “passo storico”, mentre il ministro dell’Economia Daniele Franco è convinto che a Venezia “si troverà un’intesa anche a livello di G20”, ma che serviranno “alcuni anni” per l’attuazione della norma.

AMAZON FESTEGGIA

L’aliquota al 15% è stata salutata con favore anche dalla Big tech. “Sono contenta di quello che è stato deciso dai ministri delle finanze del G7 perché mettere tasse randomiche è sbagliato e genera fenomeni di doppia tassazione; noi da anni diciamo che una soluzione per aziende globali deve essere una soluzione globale e quello deciso cerca di uniformare la tassazione. Questo concetto di multilateralità va nella direzione giusta”, ha commentato oggi Mariangela Marseglia, Country manager Italia e Spagna Amazon, in occasione del panel ‘Innovazione sostenibile per un nuovo Rinascimento’ della prima edizione del Forum in Masseria.

FACEBOOK SI AUGURA CHE ACCORDO ABBIA SUCCESSO

Anche Facebook festeggia l’intesa. “Vogliamo che la riforma della tassazione internazionale abbia successo, e riconosciamo che potrebbe significare un carico fiscale maggiore per Facebook, e in diversi Paesi”, ha detto Nick Clegg, vicepresidente degli affari globali di Facebook.

GOOGLE: ACCORDO BILANCIATO

E’ un accordo, quello sulla tassa minima, che è “ bilanciato e durevole”, sostiene Google, secondo Sky News.

COSA CAMBIA PER GOOGLE, FACEBOOK E NON SOLO?

D’altronde, poco cambierà cui bilanci dei colossi di internet, che vedono aumentare i loro introiti anno su anno. “In media Google e C. aumentano il loro giro d’affari del 20% medio annuo. Una cavalcata trionfale inarrestabile. Microsoft ad esempio nel 2020 ha fatturato 143 miliardi, erano solo 46 nel 2017. Facebook ha raddoppiato il suo fatturato salito da 40 miliardi tre anni fa a 86 attuali. Amazon oggi fa vendite per 386 miliardi contro i soli 177 miliardi del 2017”, ha spiegato Fabio Pavesi, giornalista esperto di finanza, su Dagospia.: “Google (oggi Alphabet) ha aggiunto altri 70 miliardi di nuovi ricavi ai 110 che produceva solo nel 2017”.

COME CRESCE LA CASSA DEI COLOSSI TECH

Secondo un recente report dell’Area studi di Mediobanca, “la liquidità nei bilanci delle prime 25 società tech a livello globale è salita a 589 miliardi di dollari; 70 miliardi in più rispetto al 2019 in era pre-Covid. La solo Microsoft ha in pancia 120 miliardi di denaro liquido; Google supera i 100 miliardi; Amazon oltre i 60 miliardi di dollari”, scrive Pavesi. E nello stesso report, si ricorda che la tassazione agevolata ha permesso alle aziende a risparmiare “46 miliardi di imposte altrimenti dovute. Fanno 9 miliardi l’anno spalmati su tutti i protagonisti”.

QUANTO ARRIVEREBBE ALL’ITALIA CON LA TASSA MINIMA?

L’introduzione di una tassa del 15%, porterebbe all’Italia 2,7 miliardi di denaro fresco, secondo i calcoli dell’Osservatorio fiscale europeo, l’organismo lanciato dalla commissione circa un anno fa. Si tratterebbe di una piccolissima parte di quei 48,3 miliardi di euro che dovrebbe riuscire a raccogliere l’Europa. Negli Stati Uniti il conto si attesterebbe a 40,7.

NON SOLO BIG TECH

Certo è che la questione non riguarda solo le Big Tech. La tassazione minima coinvolgerebbe, sottolinea l’Osservatorio europeo, anche colossi come Eni ed Enel. La prima opera in 72 Paesi, nel 2019 ha pagato poco più di 4,73 miliardi di tasse e dovrebbe aggiungere circa 171,5 milioni a causa della minimun tax; la seconda dovrebbe mettere sul piatto, invece, altri 356,3 milioni (su tasse pagate da 1,91 miliardi, per le attività realizzate in 15 Paesi).

Interessato anche il settore bancario, con una maxi tassa che spetta ad Intesa Sanpaolo (672 milioni, il 41% del suo carico fiscale attuale). Unicredit dovrebbe aggiungere 293 milioni agli attuali 901.

IL SETTORE DELLE BIG PHARMA

E poi c’è il settore delle Big Pharma, che globalmente fattura poco più di 1.300 miliardi di dollari annui. Pfizer “che godrà delle vendite del suo vaccino anti Covid è attesa superare nel 2021 i 20 miliardi di utili netti su 72 miliardi di ricavi. Merck nel 2020 ha realizzato utili netti per 7 miliardi su 48 di fatturato. La Glaxo ha prodotto 5,7 miliardi di profitti netti su 34 miliardi di giro d’affari”, ricorda Pavesi su Dagospia.

LE CRITICHE DI PIKETTY

Un accordo su una tassa del 15% è “scandaloso”, secondo l’economista francese Thomas Piketty.

“Dare alle grandi multinazionali il privilegio di pagare il 15% di tasse significa riconoscere loro il diritto di pagare meno di quanto non debbano fare le piccole e medie imprese, come del resto la maggior parte delle persone e in generale la classe media”, sostiene Piketty. “Alla proposta degli Stati Uniti di un’aliquota del 21% i paesi Ue hanno risposto nascondendosi dietro all’alibi di dover mettere tutti d’accordo, sapendo già che l’unanimità non c’era. Un modo per dire no a una proposta un po’ più coraggiosa dell’accordo siglato ora in Europa”.

A PAGARE LA TASSA SARANNO I CLIENTI

Per Eugene Fama, premio Nobel per l’Economia, sono due i problemi dell’accordo: “Il primo è legale. Il presidente degli Stati Uniti, come credo i leader di molti altri paesi coinvolti, non ha l’autorità per applicare un simile accordo. Deve passare al Congresso, e non sono sicuro che sarà così facile trovare la maggioranza per l’approvazione”, spiega Fama.

“Il secondo è invece economico. Questa tassa non la pagheranno le aziende, perché come sempre la scaricheranno sui clienti. Quindi sono fondamentali i dettagli dell’implementazione, per capire se può avere effetti positivi sulla crescita, o rischia di diventare una misura depressiva”.

SI RISCHIA DI DEPRIMERE ECONOMIA

Per Fama un accordo come questo rischia di deprimere l’economia. “Sarebbe necessario rivedere l’intero sistema, affinché tutti possano sapere in anticipo le tasse a cui saranno sottoposti. Soprattutto servirebbe che gli stessi dollari non fossero oggetto di più prelievi”, spiega Fama.

“Se aumenti le tasse è probabile”, si deprime l’economia. “Ma tanto le aziende non le pagano, le trasferiscono sui consumatori aumentando i prezzi”.

CHI SI OPPONE ALLA TASSA MINIMA

Tra gli scogli da superare anche i Paesi a fiscalità agevolata. “Ad opporsi alla norma sono soprattutto quei Paesi che, come l’Irlanda, l’Ungheria o Cipro, usano una fiscalità di vantaggio per attirare le multinazionali”, scrive Repubblica, ricordando che la procedura dell’approvazione è lunga e che negli Usa l’opposizione repubblicana è scettica.

Back To Top