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Vi spiego chi ha vinto e chi ha perso in Siria. Parla Di Liddo (Cesi)

Il peso della Turchia nella sconfitta di Assad in Siria. Il ruolo di Israele e Stati Uniti. Ma le prospettive in Siria con i nuovi potenti non sono tanto rassicuranti. Ecco cosa serve per stabilizzare davvero il Medioriente. L'analisi di Marco Di Liddo, direttore del Cesi (Centro studi internazionali).

Le nuove forze al potere in Siria non sono rassicuranti: “Il loro passato è macchiato dalla militanza jihadista. Al di là delle operazioni di pulizia dell’immagine, bisognerà vederle all’opera, quando le telecamere saranno spente”.

Quando si stabilizzerà il Medioriente? “Molto dipende dal futuro degli accordi di Abramo e dal processo di normalizzazione tra Israele e le Monarchie del Golfo”.

Parola di Marco Di Liddo, direttore del Cesi (Centro studi internazionali) presieduto da Andrea Margelletti.

Ecco la conversazione di Start Magazine con Di Liddo sulle ultime novità in Siria.

Chi ha vinto e chi ha perso in Siria? Ha vinto la Turchia e ha perso l’Iran?

Partiamo dal fronte interno: la classifica vede al primo posto le milizie islamiste radicali di HTS, al netto della loro “operazione simpatia” e del loro tentativo di marketing politico, e al secondo posto l’arcipelago di milizie filoturche del nord. I Curdi, al momento, attendono gli sviluppi del conflitto ma partono indietro nelle gerarchie.

Per quanto riguarda il fronte internazionale, i grandi vincitori sono la Turchia, gli Stati Uniti ed Israele che liquidano Assad ed infliggono un danno importante alla Russia e all’Asse della Resistenza (o del Male a seconda dei punti di vista). L’Iran è il grande sconfitto, al momento. La valutazione sulla Russia dipende dal riuscire o meno a preservare le basi militari sulla costa. Non sarà semplice, però. Se ci riuscirà, per il Cremlino sarà una retrocessione, se non ci riuscirà, una catastrofe.

Cosa ha voluto dimostrare la Russia accogliendo Assad?

La Russia, accogliendo Assad, lo ha salvato dal destino che fu di Saddam Hussein o, peggio, di Muammar Gheddafi: processo e/o morte. Si tratta di un messaggio rivolto agli altri autocrati tutelati dal Cremlino, consistente nel fatto che, anche nella peggiore delle ipotesi, una via di fuga disperata c’è sempre. Tuttavia, è una magra consolazione, perché a nessun dittatore piacciono gli esili, per quanto dorati.

Come mai a Damasco il cambio di regime non ha provocato spargimenti di sangue? Come mai l’esercito di Assad si è di fatto arreso?

Perché nessuno più, ormai, credeva nel regime. Il regno di Assad era un simulacro vuoto, tenuto insieme dalla Russia, dall’Iran e dal traffico di captagon. L’esercito, poi. Esisteva solo sulla carta. SI è arreso per manifesta inferiorità e perché non aveva più ragione di combattere.

C’è stato un ruolo di Israele nella cacciata di Assad? Ci sono dunque convergenze parallele fra Israele e Turchia?

Il quadro informativo è abbastanza oscuro al momento. Tuttavia, la possibilità che Israele abbia supportato, in qualche modo, i ribelli è molto concreta. Anche le attività successive, volte a disintegrare l’arsenale militare siriano per evitare che cada nelle mani sbagliate è esemplificativo di un canale di comunicazione esistente con i ribelli. Infatti, nessuno ha protestato in maniera significativa.

Per quanto riguarda la Turchia, Ankara e Tel Aviv hanno trovato un’intesa tattica sulla Cacciata di Assad ma, per il resto, i rapporti sono complessi.

Qual è la stata la posizione degli Stati Uniti?

Molto semplice: colpire Assad è funzionale ad infliggere un colpo durissimo a Russia e Iran. La speranza è indebolire entrambi per strappare migliori condizioni sul dossier ucraino e diminuire i rischi di escalation in Medio Oriente, spingendo Teheran in una situazione di immobilismo e prudenza.

In tutto questo, però, non si può permettere una recrudescenza di ISIS e, quindi, si bombardano basi e istallazioni militari del Califfato. La curiosità maggiore riguarda il rapporto con HTS. Per Washington è un gruppo terroristico ma anche l’attore principale per il futuro politico della Siria. Sono curioso di vedere quali piroette diplomatiche si inventeranno oltreatlantico per rendere rispettabile chi, ad oggi, rispettabile non è.

Per l’Occidente, le nuove forze al potere in Siria sono più rassicuranti di Assad?

Sinceramente no. Il loro passato è macchiato dalla militanza jihadista. Al di là delle operazioni di pulizia dell’immagine, bisognerà vederle all’opera, quando le telecamere saranno spente.

Cosa pensano del cambiamento di regime Egitto, Giordania e Paesi del Golfo?

Per tutti questi Paesi, in particolare per le monarchie del Golfo, la Siria è il laboratorio politico dove misurare le proprie ambizioni regionali e le nuove responsabilità che derivano dal disimpegno statunitense. Coloro che contribuiranno maggiormente alla costruzione del nuovo assetto politico siriano avanzeranno la loro candidatura forte alla leadership nella regione.

Sta nascendo un Medioriente più stabile o più instabile?

Il Medioriente è instabile per antonomasia. Molto dipende dal futuro degli accordi di Abramo e dal processo di normalizzazione tra Israele e le Monarchie del Golfo. Se questo riprendesse, l’intera regione potrebbe beneficiarne. In ogni caso, sarà un processo lungo.

La mia sensazione è che siamo ancora lontani da risolvere le problematiche strutturali ed i fattori di crisi profondi di questo quadrante di mondo. Questo vuol dire che, a mio modo di vedere, continueremo a confrontarci con focolai di instabilità.

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