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Centrodestra

La sinistra sbanda pure sulla Tunisia

La sinistra critica l'incontro di Meloni con Saied ma non parla di quel rischio che in Tunisia sta al primo posto quando si parla di democrazia: ovvero quello del radicalismo islamico, contro il quale la Repubblica tunisina costituisce ancora un fondamentale baluardo. La nota di Paola Sacchi

 

Guardare il dito e non la mezza luna. Ovvero, il simbolo della bandiera tunisina. Attacchi e critiche da una sinistra sempre più divisa al suo interno e dai suoi media all’importante visita del premier Giorgia Meloni in Tunisia per il fatto che non c’è stata una conferenza stampa, per la modalità della sua dichiarazione senza giornalisti di fronte, al Palazzo presidenziale di Cartagine, dopo il lungo colloquio con il presidente tunisino Kais Saied, suonano come una provinciale bega da opposizione a prescindere. Anche dal dramma della Tunisia. Un Paese al collasso, a rischio default, con inevitabile riverbero sulla vicinissima Italia, a cominciare dal fenomeno degli sbarchi, che già stanno assumendo le dimensioni dell’esodo.

Il vicesegretario dem Beppe Provenzano ha accusato Meloni di aver incontrato “un autocrate”. Su alcuni giornali del mainstream si fa l’elenco del numero degli arresti e delle censure alla libertà di informazione. Certamente di un problema di “crescita della democrazia” ha parlato Meloni dallo stesso palazzo di Cartagine. Dove il premier ha discusso con Saied di quel prestito del Fmi decisivo per la disperata situazione del Paese del Nord Africa e ancorato a un piano di riforme che comprendono anche la crescita democratica. Ma da nessuna parte i detrattori di casa nostra parlano di quel rischio che in Tunisia sta al primo posto quando si parla di democrazia: ovvero quello del radicalismo islamico, contro il quale la Repubblica tunisina costituisce ancora un fondamentale baluardo.

La Tunisia è da sempre tassello decisivo del Mediterraneo verso il quale si sono storicamente indirizzate le politiche di dialogo e aiuto del nostro Paese con Bettino Craxi, Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi. Oggi Meloni, in una situazione molto più drammatica, che ha registrato ritardi da parte di altri governi di sinistra nel dialogo euro-italo-mediterraneo, nell’ambito del “Piano Mattei” per l’Africa, per la Tunisia chiede sostegno alla Ue sul controllo dell’immigrazione, ormai esplosiva, a cominciare dalla lotta ai trafficanti.

Ma la questione, sostiene il premier, “non può essere solo affrontata sul piano securitario”. Serve quel piano di aiuti per l’Africa con il quale si affermi anche “il diritto a non immigrare”. Meloni, che ha anche ricordato le centinaia di aziende italiane che operano in Tunisia, e il governo si faranno da mediatori con il Fmi e il suo stringente piano di riforme per l’erogazione del prestito. Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, già in visita nei mesi scorsi a Tunisi, incontrerà a Washington il segretario di Stato Antony Blinken e il direttore del Fmi. Lo stesso Tajani ha più volte ricordato ai detrattori di casa nostra il pericolo del radicalismo islamico con cui la Tunisia, la presidenza Saied hanno a che fare.

Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato, sottolinea l’importanza della visita di Meloni: “Testimonia il forte legame che unisce l’Italia alla realtà nordafricana. Siamo da sempre vicini al popolo tunisino, sosteniamo la crescita economica e il progresso sociale del Paese, anche nella consapevolezza che prosperità e sviluppo siano la chiave di volta per affrontare al meglio le complesse sfide comuni”. E sulla democrazia la Craxi osserva: “Al tempo stesso, siamo certi che il presidente Kais Saied saprà e vorrà tenere dritta la barra dei valori democratici”.

Ieri sera al Tg4 l’editoralista del quotidiano La Verità e opinionista Mediaset, Daniele Capezzone, in controtendenza con certo mainstream è stato netto: “Vedo troppe persone in giro per il mondo che fanno l’esame del sangue alla Tunisia. È un Paese che sta per esplodere: un disastro economico per loro, un disastro migratorio per noi, un disastro culturale perché vinceranno gli islamisti radicali”. E forse un giorno, superata la grave emergenza, si dovrà pur fare anche un serio bilancio delle “primavere arabe” e la situazione tunisina così drammaticamente precipitata, seppur in uno scenario internazionale profondamente mutato con l’aggressione della Russia all’Ucraina.

E, intanto, dopo il viaggio del nostro premier, qualcosa si muove in Tunisia. Domenica prossima in missione a Tunisi la presidente della commissione UE, Ursula von der Leyen, il primo ministro olandese Mark Rutte e di nuovo la stessa Meloni.

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