Come non era purtroppo difficile prevedere, si continua a morire sul lavoro. Una giovane madre ha perso la vita a Modena finendo negli ingranaggi di una macchina, così com’era accaduto a Prato qualche mese fa. Il giorno dopo è morte una operaio a Parma. Va detto per inciso che si tratta di realtà territoriali dove il sindacato non solo è storicamente presente ma è anche molto rappresentativo. Nonostante la forte campagna di allarme e di sensibilizzazione la media giornaliera degli infortuni mortali sul lavoro rimane a livelli inaccettabili.
Sarà certo importante conoscere i risultati delle indagini che dovranno accertare ogni responsabilità. Bisogna però far sì che, se è difficile risanare in tempi rapidi questa piaga sociale, si possa ridurne la gravità in misura significativa utilizzando tutti gli strumenti di provata efficacia.
La causa principale degli infortuni è certo il mancato rispetto delle regole: se funzionassero sarebbe difficile perdere la vita. Ma questo avverrà solo se si radicherà profondamente una cultura della sicurezza e non sarebbe male se si cominciasse ad insegnarla fin dalle scuole elementari.
Non basta disporre dei più moderni macchinari se in tutti i soggetti che compongono l’impresa manca la comune convinzione che la sicurezza è un fattore essenziale del successo aziendale e che i comportamenti individuali di rispetto delle norme antinfortunistiche costituiscono un elemento di responsabilità contrattuale. Si dirà che questo risultato non si ottiene dall’oggi al domani. Verissimo. Bisognerebbe piuttosto cominciare ad adottare alcune misure di prevenzione e nello stesso tempo di formazione, come potrebbe essere l’utilizzo delle telecamere. Come si è detto un numero infinito di volte le telecamere non riporteranno in vita nessuno ma assolverebbero ad una funzione di deterrenza tanto nei confronti del responsabile d’impresa quanto nei confronti dei dipendenti. In ogni caso le telecamere potrebbero divenire un importante momento di formazione se i filmati fossero rivisitati coinvolgendo management e lavoratori interessati per “scoprire” e poter correggere in futuro comportamenti non idonei o addirittura assai pericolosi, come la rimozione delle protezioni che hanno con alte probabilità causato gli incidenti mortali a Prato e a Modena.
Un altro ragionamento riguarda la denuncia che viene fatta sistematicamente dei vuoti di organico degli Ispettori del lavoro. Sarebbe auspicabile che si effettuassero nuove assunzioni ma la situazione non cambierebbe di molto nel breve considerato che il problema è prima di tutto di atteggiamento culturale. Non sarebbe possibile avere un ispettore per ogni azienda. Questo lavoro in parte lo potrebbero fare però le parti sociali che godono di una presenza capillare pressoché in ogni azienda, assumendone anche nuove responsabilità politiche.
La diffusione di una nuova e più organica visione progettuale di “cultura per la sicurezza”, che comprenda anche le misure antipandemiche concordate e da concordare, potrebbe essere affidata a strutture paritetiche miste nelle imprese e nei territori. Sarebbe determinante se questo progetto fosse accompagnato da misure premiali che riducono i costi assicurativi di fronte a risultati apprezzabili in materia antinfortunistica.
Le strutture bilaterali già oggi esistono ma dovrebbero essere potenziate e riqualificate assumendo il ruolo di interfaccia operativo con i soggetti istituzionali deputati alla tutela della sicurezza del lavoro. Occorre pensare a un salto di qualità rispetto alle attuali funzioni che seppur di grande rilevanza sindacale mantengono una natura prevalentemente contrattuale. Una politica organica per la sicurezza imporrebbe alle parti sociali di affrontare, anche sul terreno delle responsabilità di natura istituzionale, le due emergenze con cui bisogna confrontarsi, quella recente del Covid 19 e quella, purtroppo permanente, degli infortuni mortali, con progetti organici e coerenti.
Sindacato, Imprenditori e Governo avrebbero una grande occasione per aggredire con strumenti nuovi ed efficaci una situazione come quella della sicurezza e della salute nei posti di lavoro che allo stato rimane preoccupante.
Sarebbe un errore sottovalutare che, per quanto riguarda il finanziamento delle strutture che svolgono funzioni antinfortunistiche, non mancano importanti esperienze tra le parti sociali. Lo stesso artigianato dispone già da alcuni anni di risorse cospicue ma, anche per un ritardo culturale di parte degli imprenditori, la capacità di intervenire nei luoghi di lavoro è ancora inadeguata.
Fermo restando il ruolo dello stato, se la sicurezza sul lavoro in senso ampio è un valore essenziale d’impresa, al pari di un brevetto o della professionalità del personale, allora deve assumere un carattere prioritario e ciascuna parte sociale deve condividere con nuove e adeguate iniziative la responsabilità della sua difesa.