La Francia ha un nuovo primo ministro, che è anche il più giovane della storia della Repubblica. È Gabriel Attal, il popolare ministro dell’Educazione Nazionale che ha costruito la sua reputazione di leader dal piglio deciso con campagne durissime contro la tunica islamica e il bullismo nelle scuole. Riuscirà a ridare slancio all’azione di un governo dal consenso fragile e privo per giunta di una maggioranza parlamentare? Start Magazine ne ha parlato con Alberto Toscano, giornalista, già corrispondente dalla Francia per diversi quotidiani italiani, saggista e presidente dell’Associazione della stampa europea in Francia.
Quali sono i retroscena delle dimissioni rassegnate dall’ormai ex prima ministra Élisabeth Borne?
Lei anzitutto non si è dimessa, ma è stata costretta alle dimissioni. Macron ha oramai come orizzonte le elezioni europee di giugno e in vista di questo obiettivo vuole rifarsi il look.
Perché lo fa?
Lo fa anche perché i sondaggi sono per lui disastrosi: il Rassemblement Nationale di Marine Le Pen viaggia intorno al 27% mentre la coalizione macronista raccoglierebbe meno del 20%.
Come si spiega questo crollo?
Queste previsioni sono anche il frutto della crisi dello zoccolo duro dell’elettorato macronista avvenuta dopo la lacerante discussione sulla legge sull’immigrazione, che è stata sostenuta dal partito di Le Pen in un atto inaccettabile per l’ala sinistra della coalizione. Ricordo solo le clamorose dimissioni del ministro della Salute. Il calo nei sondaggi riflette proprio la perdita di compattezza della coalizione.
Macron dunque ora rilancia?
Sì. Il suo obiettivo di ricostruire l’immagine del governo e dello stesso Eliseo passa attraverso la nomina di un nuovo primo ministro nella persona del giovane ministro dell’Educazione nazionale Gabriel Attal, persona che ha la fama di parlar chiaro e di raccogliere successi in tutte le sue iniziative.
Chi è Attal?
È un uomo che da ministro ha avuto il coraggio di lanciare segnali fortissimi su una materia molto simbolica in Francia come la laicità. Ha proibito alle studentesse di indossare l’abaya, la tunica islamica, provocando aspre polemiche ma mantenendo il punto. Ha anche lanciato una campagna durissima contro il bullismo, di cui lui stesso in un’intervista ha ammesso di essere stato vittima da studente a causa della sua omosessualità.
A lui dunque il compito di rinvigorire il macronismo.
Sì, ma è una sfida tutta in salita perché Macron e Attal non dispongono di una maggioranza parlamentare, ragione per la quale il nuovo governo entrerà in carica senza chiedere la fiducia alle Camere. Ricordo tuttavia che la Costituzione della V Repubblica attribuisce al presidente forti poteri che Macron senz’altro utilizzerà nel resto del suo mandato, esattamente come ha fatto prima. Ma questo potrebbe aggravare la frattura con un elettorato che non digerisce l’approvazione di provvedimenti importanti come la riforma delle pensioni senza l’appoggio parlamentare.
Cosa è rimasto del forte consenso di cui Macron godeva in tutto il Paese al momento della sua prima elezione, quando tutti lo paragonavano a Giove?
Quando Macron è stato eletto la prima volta, nel 2017, non aveva solo la carica di presidente ma anche una robusta maggioranza nell’Assemblea Nazionale che è invece evaporata nel suo secondo mandato. I tre partiti che lo sostengono hanno solo la maggioranza relativa alla Camera e sono in netta minoranza al Senato. Pertanto ogni volta che si vuol far passare un disegno di legge, il governo o chiede la fiducia, che in Francia è estremamente brutale perché implica l’approvazione del provvedimento senza voto in aula (e la premier uscente Borne vi aveva fatto ricorso ben 23 volte) o è costretto a cercare accordi sottobanco con gli uni o con gli altri.
Una situazione decisamente non ideale.
Già, è un singolare paradosso che un governo che si voleva decisionista e riformista sia ora in balìa di un Parlamento che gli è ostile. Nonostante la nuova immagine che ha assunto con la nomina di Attal, il macronismo oggi è azzoppato.