Skip to content

Chi pagherà davvero le sanzioni anti Russia. L’analisi di Magri (Ispi)

Come si muoverà la Russia in Ucraina e quali saranno gli effetti delle prossime sanzioni contro Mosca. L'analisi di Paolo Magri, vicepresidente e direttore dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale)

 

Come si muoverà la Russia e quali saranno gli effetti e di destinatari reali delle sanzioni contro Mosca? Tutti i dettagli nell’analisi di Paolo Magri, direttore dell’Ispi..

Russia, Donbass e sanzioni

Dopo più di un mese di trattative la Russia sembra aver calato la maschera sui suoi reali interessi in Ucraina. Mosca ha riconosciuto l’indipendenza delle due repubbliche separatiste del Donbass di Lugansk e Donetsk e vi ha inviato truppe. “Putin ha calato le carte della partita a poker che stava conducendo con le sue richieste impossibili alla Nato – ha detto il vicepresidente e direttore dell’ISPI Paolo Magri al TG1 -. Alla fine ha abbandonato la diplomazia e ha riconosciuto le regioni contese dell’Ucraina, manda soldati come forze di pace”.

Che cosa succederà con le sanzioni alla Russia

Quello messo in atto da Putin sarebbe, in realtà, uno schema già visto. “Putin ha, alla fine, fatto in Donbass fatto quello che ha fatto negli anni passati con la Transnistria, in Moldavia, con l’Abcasia, con l’Ossezia e in Georgia – ha rimarcato Magri nel corso di Coffee Break su La7 -. Riconosce dei pezzi di paesi su cui ha delle mire, manda dei soldati per fare i peacekeeper che, di fatto, sono lì a presidiare, e lascia questi conflitti surgelati (quelli della Transnistria, in Georgia e in Ossezia lo sono da anni) per impedire che questi paesi possano entrare nella Nato. Perché se un paese che vuole entrare nella Nato ha al suo interno una contesa territoriale, un conflitto congelato, non può entrare nella Nato”.

I rischi di una tensione crescente e il capitolo sulle sanzioni contro la Russia

Se le azioni della Russia dovessero limitarsi al Donbass le ripercussioni potrebbero non essere devastanti. “Le reazioni vere dipenderanno dai prossimi passi del presidente ucraino Zelenski – ha aggiunto Magri al TG1 -. Se si fermasse al Donbass avremmo comunque sanzioni ma non durissime, come quelle che sarebbero scattate se Putin avesse invaso l’Ucraina. Se invece alzasse la posta e ci dovesse essere un confronto militare tra soldati russi e ucraini, il quadro si complicherebbe molto e tutti gli scenari di sanzioni pesantissimi tornerebbero possibili”.

La reazione dell’Ucraina e i pericoli di provocazioni

I nervi sono molto tesi anche tra i nazionalisti ucraini. “Zalenski ha gruppi e bande di nazionalisti che sono duri e puri – ha spiegato Magri su La7 -. Il punto è la reazione ufficiale di Zelenski, sul quale faranno pressione tutti i paesi europei per indurlo ad accettare lo status quo e non creare ulteriori problemi. Ma poi bisogna capire cosa faranno i gruppi paramilitari e di autodifesa, ed è lì che può scattare lo scontro, la provocazione”. Del resto la Nato ha già chiarito, più e più volte, che non interverrà a sostegno dell’Ucraina. “Però – ricorda Magri – il secondo intervento nei Balcani della Nato fu un intervento in un paese che non era Nato, che non minacciava alcun Paese Nato e che non fu nemmeno approvato dal consiglio di sicurezza. Quindi le promesse di non intervento della Nato dipendono da quello che succederà in futuro”.

L’impatto delle sanzioni sulle economie europee

Oggi l’UE ha annunciato le sanzioni, il primo a partire è stato il premier inglese Boris Jonhson, poi arriveranno gli USA.  Le sanzioni producono effetti secondari, collaterali, anche sui paesi che le impongono. “Qui stiamo avendo sanzioni implicite che stanno toccando tutti Paesi europei. Le sanzioni creano contro-sanzioni e tutti paghiamo, soprattutto chi ha più interscambio – dice il prof. Paolo Magri nel corso dello speciale del TG1 -. Le sanzioni più sono forti più sono efficaci ma più incidono su chi le impone. Le sanzioni di cui stiamo parlando in questi giorni (addirittura pensiamo di boicottare il petrolio e il gas che arriva dalla Russia) avrebbero sicuramente un impatto fortissimo su chi le impone”.

I risultati delle sanzioni nel passato

In passato il ricorso alle sanzioni non ha avuto effetti particolarmente positivi. “Basti pensare a quelli che sono i tre paesi più sanzionati per far cambiare postura ai loro governi: Corea del Nord, Iran e Venezuela – aggiunge Magri a CoffeeBreak -. Paesi che continuano a fare le stesse cose per le quali li abbiamo sanzionati e li stiamo sanzionando da anni”.

Le sanzioni che già stiamo pagando

L’Europa, e l’Italia in particolare, sta già pagando un conto molto salato come effetto delle animosità al confine ucraino. “Le sanzioni più sono dure e più sono globali più fanno male anche a chi le emette – continua Paolo Magri -. Qui dobbiamo essere onesti, noi stiamo parlando di sanzioni forti e pesanti per il futuro, ma stiamo già pagando delle sanzioni non dichiarate che si riflettono nell’aumento del prezzo dell’energia. E le stiamo pagando tutti e sono altissime. L’Italia ha dovuto stanziare 20 miliardi, finora, per sostenere i consumatori e le imprese per l’aumento del gas. Quando ci furono le sanzioni nel 2014 per l’invasione della Crimea il costo fu di 4 miliardi. E qui non abbiamo ancora iniziato a mettere sanzioni, quando succederà la Russia risponderà con contro-sanzioni”. Il risultato per non dover pagare tutti, troppo, per una guerra che nessuno vuole? “Ci saranno pressioni su tutti affinché ci si faccia andare bene l’annessione del Donbass”.

Le preoccupazioni per l’effetto delle sanzioni sull’Italia

Italia e Germania, come scrive l’ISPI, sono i paesi più esposti, e dunque più cauti nel ricorso alle misure, tuttavia l’impatto si farebbe sentire in modo diverso in tutte le economie europee. “Tutte le sanzioni che impattano indirettamente su mercato energetico impattano di più sul paese che importa più gas – ha detto il Premier Mario Draghi -. Al momento una valutazione sull’impatto quantitativo delle eventuali sanzioni ancora non c’è ma si sa che certe sanzioni avrebbero più impatto sull’Italia e meno su altri paesi. L’Italia ha solo il gas, non ha il nucleare e il carbone ed è più esposta. Si sta anche studiando come l’Italia possa continuare a essere approvvigionata da altre fonti se dovessero venire meno quelle dalla Russia”.

L’interdipendenza energetica

Chi non sentirebbe il peso delle sanzioni sono gli Stati Uniti, gli stessi che le stanno chiedendo a gran voce. Gli Usa godono di una totale autonomia energetica. “Il gas liquefatto invocato come soluzione del problema sarebbe venduto dagli USA – chiarisce Magri nel corso della trasmissione condotta da Monica Maggioni -. L’Europa non è in grado, se non a prezzi altissimi, di sostituire in tempi brevi gas e petrolio russo. Si può provare nel medio termine, qualche mese, un anno o due, ma i prezzi andrebbero alle stelle. Quindi la probabilità che sia unanimità sulla richiesta di boicottaggio del gas e del petrolio russo è molto improbabile”.

Sanzioni? Tutti i possibili vantaggi per la Russia

Le sanzioni potrebbero causare anche un altro effetto indesiderato: vantaggi economici per la Russia. “È probabile che ci sia un calo delle vendite russe e dei nostri acquisti, ma questo per la Russia non è una perdita perché la Russia vende meno gas ma a cinque volte del prezzo al quale lo vendeva prima – sottolinea Magri -. Il petrolio nell’ultimo anno è salito a 100 dollari al barile quindi nell’ultimo anno la Russia ha quadruplicato le riserve e l’accumulo al fondo sovrano”. Certo se la Russia interrompesse bruscamente l’erogazione del gas non sarebbe più un venditore credibile ma le cose cambiano nel medio termine. “Nel medio termine la Russia sta facendo soldi da questa crisi, non perdendo soldi”, chiosa Magri.

Torna su