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Che cosa ha svelato Sallusti sui bisticci tra Fini e Berlusconi

Cronaca e ricordi su Gianfranco Fini. Il corsivo di Damato.

La mancata uscita dei giornali per la festa del lavoro ha allungato la vita a quelli di ieri. Dove la condanna di Gianfranco Fini, in primo grado, a 2 anni e 8 mesi di carcere in un processo per riciclaggio durato 7 anni si trovava sulle prime pagine. Non tutte però. La notizia era relegata all’interno, senza nemmeno un rigo di richiamo in prima su non pochi quotidiani: dal Secolo XIX di Genova ad Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, dal Gazzettino di Venezia al Mattino di Napoli, dalla Gazzetta del Mezzogiorno di Bari al manifesto ancora orgogliosamente comunista, dalla Ragione di Davide Giacalone al Riformista di Claudio Velardi, che da buon garantista attende l’eventuale condanna definitiva, improbabile anche per l’incombente prescrizione, dal Quotidiano del Sud a ItaliaOggi, dal Secolo d’Italia del fu partito di Fini al – pensate un po’ – Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, che vive di condanne di primo grado sparate come definitive, a soprattutto Repubblica.

FINI, I GIORNALI E IL GIORNALE

La riguardosa distrazione, chiamiamola così, del Fatto è in qualche modo coerente con tutta la simpatia che a suo tempo Fini si guadagnò da certe parti contestando nel centrodestra Silvio Berlusconi e tentando, pur da presidente della Camera eletto su sua sostanziale designazione, o rassegnazione, di rovesciarne il governo. La distrazione di Repubblica ha forse qualcosa a che fare, sul filo della coerenza e della memoria, con una circostanza ricordata da Alessandro Sallusti parlando col Foglio dello scoop del suo Giornale sulla vendita di una casa del partito di Fini a Montecarlo, da cui sono nate la lunga vicenda giudiziaria e la fine della carriera dell’ex leader della destra italiana. “Certa stampa, Repubblica in testa, si limitò a scrivere articoli feroci contro di noi: doveva essere tutta una montatura organizzata da Berlusconi e dai suoi servi”, ha detto Sallusti, sarcastico.

Ma il direttore del Giornale ha ricordato anche altro, utile a valutare uomini e situazioni. Egli ha raccontato che l’inchiesta del Giornale sulla casa di Montecarlo divenne il settimo di nove punti elencati da Fini, in un incontro con Berlusconi, per trattare la sua permanenza nel centrodestra, dove scalciava da tempo, insofferente della leadership dell’uomo di Arcore. Egli chiese il licenziamento dello stesso Sallusti e di Vittorio Feltri dal giornale di famiglia, cui Berlusconi cercò di sottrarsi dicendo a Sallusti per telefono, alla presenza dell’interessato, che bisognava “chiedere scusa a Fini e pubblicare un relativo articolo in prima pagina”, di cui era stata già preparata “una bozza”. Salvo poi telefonare a bassa voce “dal cesso” allo stesso Sallusti per dirgli: “Ma tu sarai mica matto a pubblicare quella roba lì”. “Tutta una sceneggiata. Era fatto così il Cavaliere”, lo rimpiange ancora il direttore del Giornale.

Fini leggendo sarà rimasto peggio che sentendo la sentenza di condanna in piedi, fra i suoi avvocati, nell’aula del tribunale di Roma prima di sedersi e bere un po’ d’acqua.

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