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Arnese

Il Vaffa di Grillo a Conte, la Cina si balocca con i giocattoli, la nuova Pac, Ita non decolla

Non solo 5 Stelle, Cina, giocattoli, Covid, Ita. Fatti, nomi, numeri, curiosità e polemiche. Pillole di rassegna stampa nei tweet di Michele Arnese, direttore di Start

 

IL VAFFA DI GRILLO A CONTE

 

ITA NON DECOLLA

 

PAC O PACCO?

 

TASSE, SCANSATEVI

 

LA CINA METTE A RISCHIO IL NATALE…

 

EFFETTO COVID

 

SAGA 5 STELLE

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE SULLA NUOVA PAC:

Più compiti con meno risorse. Potrebbe essere questa la brutale sintesi da trarre riguardo alla complessa riforma della Politica agricola comune 2023-2027, sulla quale è arrivato ieri il via libera formale dei ministri europei dopo l’accordo politico con l’Europarlamento di venerdì scorso. Una riforma definita dalla ministra portoghese dell’Agricoltura, Maria do Céu Antunes «la più grande riforma del Pac dagli anni ’90». Resta ora solo il passaggio definitivo, non scontato ma altamente probabile, al Parlamento europeo (che ha contribuito, va detto, a migliorare sensibilmente la riforma) per mettere la parola fine a un negoziato durato tre anni e che ha rischiato seriamente di naufragare. La proposta originale risale infatti alla Commissione Juncker, e per trovare l’accordo sono stati necessari due rinvii e un negoziato estenuante sui punti più controversi.

A cominciare dai contestati vincoli ambientali su cui si è consumato l’ultimo braccio di ferro istituzionale. Chiamata a dare un contributo decisivo all’attuazione del nuovo Green Deal, l’agricoltura europea dovrà infatti rispettare una serie di nuove norme, che si traducono in pratiche agricole rispettose dell’ambiente alle quali saranno vincolati un quarto degli aiuti europei. Alla fine si è deciso per una quota del 25%, compromesso tra il 30 chiesto dall’Europarlamento e il 20 proposto dal Consiglio. Le pratiche green andranno scelte all’interno di un menu fissato a livello Ue e che i singoli Stati membri dovranno poi declinare nei piani strategici nazionali, cuore e vera sfida della riforma, per garantire una governance ai 350 miliardi assegnati al settore dal bilancio Ue. Dopo anni di tagli il budget agricolo rappresenta ancora il 30% circa del bilancio complessivo Ue, era il 40% nella passata programmazione (2014-20). Era ben oltre il 50% negli anni ’90.

Per l’Italia, l’accordo vale circa 34 miliardi fino al 2027, che possono arrivare a quasi 50 miliardi considerando il cofinanziamento nazionale dei fondi destinati allo sviluppo rurale. Di fatto, sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, un taglio di 6,2 miliardi rispetto alla passata programmazione. Per l’Italia quindi una sforbiciata del 15% in termini reali, più pesante rispetto al taglio medio che nella Ue è stato del 10 per cento.

Nell’attuazione degli ecoschemi, per i primi due anni del nuovo sistema – vale a dire nel 2023 e 2024 – la percentuale potrà scendere di cinque punti (dal previsto 25%), ma sono stati fissati criteri rigidi per l’utilizzo a livello nazionale delle somme non richieste dagli agricoltori. Il 15% del plafond complessivo potrà essere destinato al sostegno di singole produzioni con pagamenti “accoppiati”, legati cioè alle quantità effettivamente prodotte.

Gli Stati membri, inoltre, dovranno varare un pagamento redistributivo a favore delle aziende di minore dimensione, per un ammontare pari almeno al 10% della dotazione complessiva per gli aiuti diretti. L’obiettivo di redistribuzione potrà essere conseguito, in alternativa, facendo ricorso al plafonamento (ovvero fissando un tetto massimo agli aiuti percepibili da una singola impresa) e alla degressività, ovvero un taglio sui pagamenti di maggiore importo (da 85mila a 100mila euro).

Non è passata invece la richiesta del Parlamento europeo che sollecitava un aiuto unico per tutte le imprese a livello nazionale entro il 2026. Le differenze tra gli importi attualmente erogati (la cosiddetta “convergenza interna”) saranno progressivamente ridotte in misura dell’85 per cento. Una misura questa che, in Italia, rischia di penalizzare fortemente la risicoltura e la zootecnia.

Altra importante novità riguarda l’inserimento di un “terzo pilastro” (accanto ad aiuti diretti e sviluppo rurale) dedicato alla condizionalità sociale della Pac con vincoli ai finanziamenti per le aziende. La condizionalità sociale entrerà in vigore nel 2025, ma gli Stati membri hanno la facoltà di anticipare di due anni l’avvio. In sostanza, saranno multate le imprese che non rispettano i contratti e alcune normative europee sul lavoro.

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