“Senza quei chip statunitensi, i missili e la maggior parte delle armi russe non funzionerebbero”.
La frase è di un anonimo funzionario ucraino e si riferisce alla presenza massiccia di componenti elettronici americani nei missili da crociera russi 9M727, una delle armi più devastanti utilizzate da Mosca nella sua guerra contro l’Ucraina. La dichiarazione è stata raccolta da Reuters, che ha dedicato – in collaborazione con il think tank britannico RUSI e con iStories, portale russo specializzato in giornalismo investigativo – un lungo approfondimento proprio alla presenza di componentistica occidentale nelle armi della Russia.
I CHIP AMERICANI NEI MISSILI RUSSI
Il missile 9M727, ad esempio, contiene microcontrollori, chip programmabili e processori di segnale realizzati da aziende statunitensi come Texas Instruments, Altera (società del gruppo Intel), Xilinx e Maxim Integrated Products. Ci sono anche semiconduttori di Cypress Semiconductor Corporation, ex-azienda americana inglobata dalla tedesca Infineon.
LA RUSSIA USA CHIP “DI BASE”
Reuters spiega che, nonostante le restrizioni occidentali – in vigore da diversi anni – alla fornitura di chip sofisticati all’industria della difesa russa, molti degli armamenti in dotazione a Mosca contengono anche semiconduttori non particolarmente avanzati, di quelli che si trovano nei dispositivi elettronici di consumo e che proprio per questo non sono generalmente soggetti a misure di controllo delle esportazioni.
L’EXPORT TECNOLOGICO OCCIDENTALE DOPO L’INVASIONE
Dopo l’invasione dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio scorso, gli Stati Uniti e altri paesi hanno vietato l’export di prodotti ad alta tecnologia verso la Russia con l’obiettivo di danneggiarne l’industria della difesa. Le società tecnologiche annunciarono la sospensione di tutte le esportazioni verso il paese. Eppure Reuters ha documentato l’esistenza di un flusso di componenti elettronici di fabbricazione occidentale diretti in Russia. Dall’inizio della guerra si contano migliaia e migliaia di spedizioni, riconducibili principalmente a fornitori non autorizzati. Ma non solo.
Reuters ha infatti trovato prove di spedizioni (via venditori terzi) di prodotti di AMD, Analog Devices, Infineon, Intel e Texas Instruments giunte in Russia dopo il 24 febbraio. AMD, Analog Devices e Infineon hanno detto di aver avviato delle indagini interne. Infineon e Texas Instruments hanno parlato di carichi già in transito al momento dell’invasione. Intel, invece, ha detto che i suoi prodotti erano riservati alle strutture della sua sussidiaria in Russia, prima che decidesse di terminare le attività nel paese, all’inizio di aprile.
Esaminando i dati doganali russi, Reuters è riuscita a identificare oltre 15mila spedizioni di componentistica elettronica occidentale che hanno raggiunto la Russia da dopo il 24 febbraio fino alla fine di maggio. La componentistica in questione include microprocessori, chip programmabili e dispositivi di archiviazione, tra le altre cose.
LA DIPENDENZA DELLA RUSSIA DALL’ELETTRONICA OCCIDENTALE
La dipendenza della Russia dall’elettronica occidentale per i suoi sistemi d’arma è cosa nota da parecchio tempo. “Mosca”, scrive Reuters, “ha una lunga storia di acquisizione di componenti militari di contrabbando dagli Stati Uniti, tra cui costosi chip specializzati per satelliti in grado di resistere alle radiazioni nello spazio”.
MOSSE E PAROLE DEGLI STATI UNITI
Il giorno dell’invasione dell’Ucraina, la Casa Bianca aveva annunciato che gli Stati Uniti e i loro alleati stavano imponendo restrizioni alla Russia sui semiconduttori, le telecomunicazioni, la crittografia, i laser, i sensori, i sistemi di navigazione, l’avionica e le tecnologie marittime con l’obiettivo di tagliarle l’accesso alle tecnologie d’avanguardia. Queste restrizioni non si applicano tuttavia a molti prodotti tecnologici non militari.
Un portavoce del dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha comunque dichiarato che “i potenti controlli sulle esportazioni messi in atto dagli Stati Uniti e da 37 alleati e partner stanno incidendo pesantemente sull’accesso della Russia agli articoli e alle tecnologie di cui ha bisogno per sostenere la sua aggressione militare, compresi i semiconduttori. Con il passare del tempo e con la continua diminuzione delle loro scorte, i nostri controlli saranno ancora più incisivi”.
CHIP VECCHI DI TRENT’ANNI
Ma l’analisi delle scatole nere dei missili russi 9M727 dimostrano che la Russia non si affida solo alle tecnologie più avanzate per i suoi armamenti di precisione. Anzi: i timbri impressi su due chip prodotti da Texas Instruments, ad esempio, mostrano che erano stati prodotti più di trent’anni fa. Un esperto ucraino di componentistica militare ha detto a Reuters che spesso i chip presenti nelle armi russe “sono gli stessi che puoi trovare nella tua auto o nel tuo microonde”.
Gehan Amaratunga, professore di ingegneria elettronica all’Università di Cambridge, ha esaminato la lista degli oltre seicento componenti occidentali rinvenuti nelle armi russe stilata dal RUSI e da Reuters. Li ha definiti dei “prodotti standard, datati e presenti in molti sistemi elettronici industriali. In quanto tali, non sono prodotti specialistici con specifiche militari”. Ha poi aggiunto che “tutti i circuiti integrati standard possono essere utilizzati sia per scopi civili che militari”.
L’ASIA PRONTA A COMPENSARE L’OCCIDENTE?
Al di là delle sanzioni, insomma, le esportazioni verso la Russia di molti componenti elettronici occidentali non sono ancora soggette a restrizioni. E anche se lo fossero – precisa l’agenzia -, ci sono tanti venditori nell’Asia orientale e in altre regioni del mondo potenzialmente disposti a inviarli a Mosca; molti di questi soggetti sfuggono peraltro al controllo delle aziende occidentali.
ANCHE L’ITALIA AGGIRA LE SANZIONI?
Sul Corriere della Sera Federico Fubini negli scorsi giorni ha scritto che Turchia – che non ha imposto sanzioni alla Russia – “è progressivamente diventata una piattaforma attraverso la quale numerosi esportatori del ‘made in Italy’ continuano a rifornire la Russia”.
“Difficile spiegare altrimenti le vistose stranezze degli ultimi mesi”, sostiene il giornalista. A giugno la Turchia è stata per l’Italia il paese di destinazione delle esportazioni che ha registrato la crescita più forte: +87 per cento su base annua, per un totale di 1,4 miliardi di euro. Strano, perché “in oltre dieci anni di vendite alla Turchia rimaste sempre nettamente sotto al miliardo al mese”. “Tanto più sorprendente”, aggiunge Fubini, “è questo boom perché nell’ultimo anno la lira turca ha quasi dimezzato il proprio valore sull’euro, rendendo l’import dall’Italia molto più costoso per le imprese locali”.
Da febbraio a giugno, poi, anche le esportazioni turche verso la Russia sono cresciute moltissimo.
LA LEGGE DI PUTIN
D’altra parte, la Russia stessa non ha nascosto la sua intenzione di continuare a importare tecnologie occidentali. A giugno il presidente Vladimir Putin ha firmato una legge che consente alle aziende russe proprio di importare prodotti e componenti elettronici anche senza il permesso delle società che ne detengono i marchi.
LA VULNERABILITÀ TECNOLOGICA DELLA RUSSIA
La Russia dipende dalla tecnologia occidentale per alcuni dei suoi armamenti perché non produce da sé la gran parte dei componenti elettronici necessari. Prima di utilizzarli, però, l’industria della difesa russa li sottopone ad un attento monitoraggio per assicurarsi che non contengano delle vulnerabilità (back door) sfruttabili dai governi dei paesi d’origine per condurre spionaggio o per sabotarli in combattimento.
Per evitare che componenti “compromessi” (nel senso di infiltrabili) finiscano nelle armi dell’esercito russo, il Cremlino si affida a un istituto scientifico vicino Mosca, l’All-Russian Research Institute of Radio Electronics, perché li verifichi e li certifichi. La Russia sta però cercando di incoraggiare le aziende domestiche a produrre internamente i componenti necessari al comparto della difesa.
Non sarà facile. In un documento dell’istituto visionato da Reuters si legge che la Russia non possiede equivalenti propri di molti componenti tecnologici occidentali.