Il conflitto in corso in Ucraina sta evidenziando le sfide associate al mantenimento di una guerra di attrito prolungata.
Con l’avvicinarsi dell’inverno e con l’esercito Ucraino determinato a colpire le basi militari in territorio russo, il conflitto entra in una nuova fase che evidenzia il problema della stanchezza militare, man mano che la guerra entra nel suo terzo anno.
I soldati ucraini, costretti a lunghissimi periodi di schieramento e combattimenti prolungati in prima linea per la carenza di uomini che possano dare il cambio, stanno affrontando una difficilissima fase di stress fisico e psicologico.
I rapporti parlano di un alto tasso di vittime e delle difficoltà associate alla impossibilità di sostituzione delle perdite. Per il presidente Zelensky, la strada da percorrere, sia dal punto di vista militare che politico, è piena di incertezze, come ha dimostrato il suo tour europeo appena concluso.
Mentre gli Stati Uniti, nonostante la campagna elettorale in corso, insieme a Ue, Regno Unito, Polonia e Stati baltici mantengono la propria politica di sostegno incondizionato a Kiev e una postura intransigente nei confronti della Russia, alcuni governi, in particolare Italia e Germania, hanno recentemente adottato un approccio contraddittorio. Inoltre, sempre più preoccupante per gli assetti Ue e Nato è il ruolo assunto dall’Ungheria del Primo ministro Viktor Orbán.
La Germania del cancelliere federale Olaf Scholz, secondo più grande donatore militare dopo gli Stati Uniti, continua a mantenere il sostegno all’Ucraina. Lo scorso 11 ottobre ha annunciato che un nuovo pacchetto di aiuti militari per l’Ucraina di 1,4 miliardi di Euro, verrà consegnato entro la fine dell’anno, con il sostegno di Belgio e Danimarca. Le forniture comprendono vari sistemi di difesa aerea, tra cui IRIS-T e Skynex, oltre a cannoni antiaerei Gepard, sistemi di artiglieria semoventi, veicoli blindati, droni da combattimento e sistemi radar. Certamente un’ulteriore significativa fornitura che però evidenzia i limiti dell’assistenza tedesca: sistemi difensivi piuttosto che capacità offensive, il che riflette la prudente posizione di Berlino, anch’essa influenzata dalle campagne elettorali interne.
Anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso il sostegno del governo italiano all’Ucraina durante la recente visita del presidente Zelensky, ma ha evitato di prendere impegni espliciti circa la fornitura di sistemi d’arma e soprattutto sul loro utilizzo.
Prese di posizione che evidenziano i limiti della influenza ucraina nei confronti di alcuni governi – in particolare Ungheria e Italia – che hanno votato contro la mozione europea sull’uso delle armi in territorio russo – e le sfide che l’Ucraina deve affrontare nel tentativo di sostenere il proprio sforzo bellico per difendersi dall’aggressione di Mosca.
Le aperture diplomatiche fatte dal presidente Zelensky durante i suoi incontri europei hanno contribuito ad alimentarne il sostegno politico, ma riflettono anche la realtà sempre più dura di un conflitto che ha messo a dura prova la determinazione di tutte le parti coinvolte. Ci si chiede se l’Ucraina possa continuare a contare sull’incrollabile sostegno di tutti gli alleati occidentali, soprattutto nel caso di un ritorno alla Casa Bianca del candidato repubblicano Donald Trump, che negli scorsi mesi ha ulteriormente complicato la capacità dell’Ucraina di ottenere sostegno per le proprie operazioni militari.
Nondimeno, le sfide non sono limitate alla parte ucraina. Anche la Russia sta incontrando difficoltà nel sostenere la sua campagna militare, con segnalazioni di carenze di equipaggiamento, fallimenti logistici e crollo del morale delle truppe. Tuttavia, la capacità della Russia di mobilitare un gran numero di uomini ed il suo continuo accesso alle scorte di artiglieria e missili le hanno permesso di mantenere la pressione sulle forze ucraine. Ciò è avvenuto grazie al sostegno della Cina, dell’Iran e della Corea del Nord. È di questi giorni la segnalazione del ministro della Difesa della Corea del Sud, che ha informato l’intelligence Usa che la Corea del Nord probabilmente invierà truppe per combattere a fianco della Russia – aggiungendosi a una serie di equipaggiamenti militari che Pyongyang ha recentemente donato al suo alleato.
Secondo il Pentagono, malgrado la perdita o il danneggiamento dei propri equipaggiamenti militari ed una ridotta mobilitazione forzosa di truppe nell’ultimo anno, durante la scorsa estate Mosca ha continuato a conquistare territorio nella regione orientale ucraina di Donetsk, con una costante avanzata verso Pokrovsk, una città fulcro di molteplici vie di trasporto per il movimento di persone e attrezzature.
Conquiste che però sono costate a Mosca enormi perdite di vite umane, con le vittime ed i feriti russi che dall’inizio dell’”Operazione Militare Speciale” hanno superato le 600.000 unità. Man mano che la Russia si è avvicinata alla città e colpisce le linee difensive ucraine, le truppe colpite sono aumentate. Lo scorso mese di settembre è stato il mese più letale dell’intera guerra.
Sempre secondo il Pentagono, le perdite russe, sia in termini di morti che di feriti in azione, nel solo primo anno di guerra avrebbero superato il totale di tutte le perdite sovietiche in qualsiasi conflitto dalla Seconda Guerra Mondiale in poi. Oltre alle perdite di alti ufficiali e truppe subite, la Russia ha visto danneggiate o distrutte 32 navi della sua flotta navale del Mar Nero e circa i due terzi dei suoi carri armati. Attacchi subiti che hanno costretto il Cremlino a ripulire i magazzini di equipaggiamenti militari di epoca sovietica per riadattarli ed inviarli al fronte, riorientare il bilancio statale verso l’industria della Difesa, ma soprattutto a ricorrere al sostegno di Cina, Iran e Corea del Nord.
Nonostante tali enormi costi in termini di vite umane e ripercussioni economiche, la Russia è stata in grado di sostenere la sua guerra totale contro l’Ucraina per due anni e mezzo, senza dover ricorrere ad ulteriori reclutamenti forzati. Quest’ultima esigenza è di importanza strategica, perché politicamente la più impopolare per il Cremlino, proprio per le crescenti perdite subite in Ucraina. Finora la Russia è riuscita a reclutare più soldati soprattutto grazie a stipendi più alti e concedendo sussidi alle famiglie delle vittime.
Tuttavia, l’aumento di vittime tra le truppe russe non fa presagire una vittoria per l’Ucraina, che sta subendo anch’essa ingenti perdite. Il Pentagono si aspetta che la Russia continuerà a conquistare territori e città ucraine lungo il fronte, usando proprio il vantaggio numerico di soldati per sconfiggere le solide difese di Kyiv, in difficoltà anche per i ritardi nella ricezione degli aiuti occidentali.
La scorsa settimana, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva programmato un forum di leader mondiali a Ramstein, che doveva essere preceduto da un vertice ristretto tra Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer.
Al centro dell’incontro – dove spiccava il mancato coinvolgimento della premier italiana Giorgia Meloni, presidente di turno del G7 – la guerra in Ucraina in primis ma anche il conflitto in Medioriente. Incontri poi rinviati a causa dell’emergenza provocata dell’uragano Milton, che ha pesantemente colpito la Florida e costretto il presidente Biden a rimandare il suo viaggio in Europa.
Al sostegno occidentale all’Ucraina, la Russia reagisce unendo alla guerra d’informazione la leva delle organizzazioni terroristiche internazionali
I conflitti in Ucraina ed in Medio Oriente hanno evidenziato l’importanza della guerra dell’informazione nella guerra moderna. Sia la Russia che l’Ucraina hanno usato la propaganda e la disinformazione per plasmare la percezione pubblica e influenzare l’opinione internazionale. La Russia ha utilizzato i media controllati dallo Stato e le campagne sui social media per giustificare le sue azioni in Ucraina come una risposta difensiva all’aggressione occidentale, accusando l’Ucraina e la Nato di provocazioni e minacce. Il Cremlino ha anche cercato di sfruttare le divisioni all’interno delle società occidentali, utilizzando la disinformazione per amplificare la polarizzazione politica e minare il sostegno pubblico agli aiuti militari all’Ucraina, ed ora anche a Israele.
L’Ucraina, da parte sua, si è concentrata sull’evidenziare la guerra di aggressione, non provocata e mai dichiarata della Federazione Russa, ed ha usato i social media per ricevere il sostegno internazionale ed evidenziare la minaccia contro l’Europa e la pace internazionale posta da Mosca. Il governo ucraino ha anche lavorato a stretto contatto con le aziende tecnologiche e le agenzie di intelligence occidentali per contrastare la disinformazione russa e garantire che il suo messaggio potesse raggiungere un pubblico globale.
Il ruolo della guerra dell’informazione si è esteso oltre i media tradizionali, con entrambe le parti che impiegano i cyberattacchi come parte delle loro strategie più ampie. Gli hacker russi hanno preso di mira le istituzioni governative ucraine, le infrastrutture critiche e i sistemi finanziari nel tentativo di interrompere la capacità di funzionamento del Paese. Le forze cibernetiche ucraine, insieme a gruppi di hacker alleati, hanno risposto prendendo di mira i siti web del network cibernetico che risponde al governo russo e altre risorse informative che giocano un ruolo chiave nella propaganda russa.
La dimensione informatica dei conflitti in corso hanno assunto dimensioni globali, evidenziando la vulnerabilità delle società moderne agli attacchi ibridi ed ha posto in primo piano l’importanza della sicurezza informatica nella guerra contemporanea e nella difesa delle nostre infrastrutture critiche.
L’intelligence russa fa leva sui terroristi delle organizzazioni internazionali per destabilizzare i Paesi europei?
Recentemente, il Security Intelligence Service finlandese (Supo) ha riferito che le agenzie di intelligence russe stanno utilizzando i social media per reclutare individui per operazioni di sabotaggio in Europa. Secondo il Supo, il Cremlino avrebbe stanziato ingenti risorse economiche per il reclutamento di sabotatori e criminali informatici per condurre azioni di spionaggio, attacchi cyber ed attentati di tipo terroristico, incendi dolosi e atti di vandalismo volti a creare psyops, paura e caos. l’intelligence finlandese ha sottolineato che l’obiettivo di questi attacchi è diffondere il panico e interrompere il normale funzionamento delle infrastrutture critiche. Azioni come il danneggiamento della linea ferroviaria francese prima delle Olimpiadi di Parigi, che gli investigatori non hanno escluso la possa essere stato realizzato con il coinvolgimento di un attore statale. Da diversi mesi l’intelligence francese è molto attenta alla minaccia di interferenze straniere, in particolare da parte della Russia. Alcuni cittadini europei sono stati recentemente arrestati in Francia dopo aver compiuto diverse operazioni di destabilizzazione. Una coppia moldava è stata ritenuta responsabile dei graffiti con la Stella di Davide blu che sono stati dipinti con lo spray su decine di edifici a Parigi e dintorni dopo l’inizio della guerra tra Israele e Gaza nell’ottobre 2023. Alla fine di maggio, un ucraino, un tedesco e un bulgaro sono stati arrestati con l’accusa di aver collocato sotto la Torre Eiffel delle bare, drappeggiate con bandiere francesi e recanti il messaggio “Soldati francesi dell’Ucraina”. Azioni effettuate dopo che il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto infuriare Mosca, rifiutandosi più volte di escludere la possibilità di inviare truppe di terra occidentali in Ucraina.
E ancora, oltre ai sabotaggi descritti nel recente articolo “la guerra ibrida della Russia”, anche l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (in tedesco: Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV), il Servizio di intelligence tedesco che esercita la sua attività sul territorio nazionale, indica l’intelligence russa come probabile mandante di un sabotaggio verificatosi lo scorso luglio, che solo per una serie di coincidenze non ha provocato un disastro aereo. Il tentato sabotaggio ha riguardato un volo proveniente dagli Stati baltici che è stato ritardato a Lipsia, che nel suo carico merci doveva imbarcare anche un pacco contenente un dispositivo incendiario. Il caso ha voluto che proprio a causa del ritardo, quel pacco ha preso fuoco in un container mentre era ancora terra. L’incendio, che l’intelligence attribuisce ad un atto di sabotaggio di probabile matrice russa, avrebbe dovuto far esplodere l’aereo in volo.
Mentre la Russia nega sistematicamente di essere dietro qualsiasi “operazione destabilizzante”, ci sono pochi dubbi che dietro questi sabotaggi ci sia un’interferenza straniera.
Il Supo ritiene che c’è una sorta di esternalizzazione delle azioni sovversive e che la Russia possa reclutare sabotatori attraverso canali legati ai gruppi delle estreme destre e sinistre in Europa. Inoltre, i fondamentalisti islamici con cittadinanza russa appartenenti ai vari gruppi etnici, costituiscono una parte significativa dei militanti dell’ISIS, e rappresentano per il Cremlino una efficace base di reclutamento a cui attingere per le operazioni in Europa, dove cresce la preoccupazione per l’uso di documenti falsi per facilitare il movimento di questi individui all’estero. Anche se non completamente falsificati, questi documenti possono essere stati alterati dopo il loro rilascio per l’iscrizione all’istruzione o per contratti di lavoro in Russia, rendendoli difficili da valutare ai valichi di frontiera dell’Ue. Inoltre, stanno venendo alla luce compravendite di cittadinanze false, come quelle recentemente scoperte in Venezuela dagli investigatori italiani. Cittadinanze e passaporti italiani acquistati da fondamentalisti islamici appartenenti a Hezbollah e segnalati nelle Black list antiterrorismo statunitensi.
Le Agenzie di intelligence occidentali sospettano che questi agenti stiano formando cellule dormienti in tutta Europa. Ciò che si sta approfondendo con le indagini è se l’FSB stia guidando queste operazioni, che rientrano nella dottrina militare e nella sfera di competenza dell’intelligence militare russa. Ciò suggerisce che l’FSB stia coltivando basi di reclutamento di hacker per attività di spionaggio contro politici e personalità europee, e stia facilitando il loro arruolamento, dato che la Lubyanka (quartier generale dell’FSB) è stata coinvolta nell’inserimento di questi individui in organizzazioni terroristiche con funzioni antiterrorismo in Russia, creando così collegamenti con reti estremistiche straniere.
È anche possibile che queste operazioni di intelligence russa prevedano un uso più esteso di risorse all’estero, compresi gli individui della diaspora russa, utilizzati anche per procacciare informazioni compromettenti su politici e influenti personalità occidentali.
Una politica di destabilizzazione ed indebolimento dei Paesi ritenuti nemici e avversari, volta a ridurre il supporto dell’Occidente a Kyiv e a Gerusalemme, portata avanti dalla Russia con il sostegno di Pechino insieme ad Iran, Corea del Nord ed agli altri regimi fondamentalisti di ogni tipo.