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Russia Economia

Putin sta vincendo la guerra dell’informazione?

L'approfondimento di Francesco D’Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano Studi Strategici "Niccolò Machiavelli".

 

Secondo la narrazione dell’Operazione Militare Speciale” del presidente Vladimir Putin, la guerra in Ucraina è un’operazione militare di liberazione del popolo russofono, perseguitato dagli ucraini ed una legittima risposta armata ad una grave minaccia posta in essere dall’Ucraina nel momento in cui ha manifestato la volontà di aderire alla Nato. Sempre secondo la narrazione del Capo del Cremlino, le istituzioni ucraine, che si ispirano all’ideologia nazista ben radicata nelle più alte sfere della leardership politica del Paese, non avendo riconosciuto le due repubbliche filorusse del Donbas, dove vi era in corso un genocidio a danni della popolazione russa presente in quel territorio, si è visto costretto, suo malgrado, ad intervenire militarmente.

Narrazione fatta propria anche dall’alleato cinese: “l’allargamento a Est della Nato, guidato dagli Stati Uniti, è la radice della crisi ucraina”, come riporta Zhongsheng del Quotidiano del Popolo. “La Nato è diventata uno strumento degli Stati Uniti per praticare la loro egemonia”. “La Nato guidata dagli Stati Uniti ha creato per lungo tempo turbolenze intorno alla Russia, incluso l’avvio di rivoluzioni colorate”.

Il PLA Daily, altro autorevole giornale cinese, ha recentemente pubblicato l’ultima delle sue sei serie sul “ruolo spregevole degli Stati Uniti e dell’Occidente nella crisi ucraina”. L’ultima puntata si concentra sulle false affermazioni secondo cui gli Stati Uniti stavano sviluppando armi biochimiche in Ucraina. Pensieri condivisi anche in Occidente e che continuo a sentire nei dibattiti televisivi italiani. Questo per evidenziare che tali duri messaggi anti-Usa e anti-Nato, basati sulla disinformazione e sulla propaganda del Cremlino, non sono destinati solo al pubblico interno della Russia e della Cina ma dimostrano l’efficacia della Information Warfare (IW) russa.

Nell’ambiente informativo globalizzato di oggi la capacità di influenzare la narrazione e la percezione è diventata, probabilmente, la forma di potere più sfruttata, partecipativa e rilevante.

L'”Operazione Militare Speciale” della Russia contro l’Ucraina, che di fatto è una guerra ma dalla narrazione di ciascuna parte in causa sembrano essere due diversi conflitti, è l’esempio più evidente di tale potere informativo e quindi contrariamente a quanto affermano molti analisti, geopolitici e media occidentali, il presidente Putin sta vincendo la guerra dell’informazione.

Una delle conseguenze della rivoluzione dell’informazione è rappresentata dai profondi e definitivi cambiamenti dell’uso delle tecnologie di comunicazione come strumento di guerra da parte di alcune potenze, statali e non statali.

La nuova guerra è stata variamente etichettata come “Cyberwar”, “Information Warfare”, “Network Centric Warfare”, “Information Operations” “Memetic Warfare” e “Command & Control Guerra” (C2W). Etichette a parte, è chiaro che l’efficienza del processo decisionale, sia in tempo di pace che in guerra, è direttamente inficiato dalla Information Warfare, e cioè dalla capacita di influenzare, per migliorare (o degradare) l’efficienza del processo decisionale di uno Stato (competitor commerciale e/o nemico). La massima efficienza teorica del processo decisionale dipende dalla strategia usata per generare informazioni dai dati (Big Data), dalla quantità e dalla qualità dei dati disponibili e dalla quantità di ambiguità contenuta nei dati utilizzati.

Il concetto di information warfare (IW) è stato formulato da numerosi studiosi ed enti di ricerca accademici e militari e si può definire come una metodologia di approccio al conflitto imperniato sulla governance dell’informazione in ogni sua forma e a qualunque livello, con lo scopo di assicurarsi il decisivo vantaggio specialmente in un contesto militare combinato e integrato. La guerra basata sull’informazione è sia difensiva che offensiva e produce i suoi effetti nella politica, nell’economia e nella vita sociale ed è applicabile all’intera sicurezza nazionale sia in tempo di pace che in tempo di guerra. Dal punto di vista prettamente militare la IW tende a colpire l’esigenza di comando e controllo del leader nemico e sfrutta le tecnologie per dominare il campo di battaglia.

Esistono diversi Modelli di Information Warfare e per comprendere come la Russia persegue la superiorità in questa ampia applicazione della guerra dell’informazione come fattore chiave per la supremazia e la vittoria nel conflitto attuale e futuro, utilizziamo il modello della USAF descritto in “Cornerstones of Information Warfare”, che è stato pubblicato nel 1997 e firmato dall’allora Segretario dell’Aeronautica Militare Usa, Sheila E. Widnall e dal Generale Ronald R. Fogelman, Capo di Stato Maggiore della US Air Force.

Cornerstones definisce “Information Warfare qualsiasi azione per negare, sfruttare, corrompere o distruggere le informazioni del nemico e le sue funzioni informative; proteggere noi stessi da queste azioni e sfruttare le nostre funzioni informative”.

La citazione sopra riportata da Cornerstones è rafforzata dai professori dell’università di Cambridge Franklin Stan e Oyama Susan. Entrambi affermano che le “informazioni” non sono mai “là fuori” disponibili per essere raccolte, piuttosto, sperimentiamo “fenomeni” o “sensazioni” sotto forma di dati (Big Data) e questi dati diventano informazioni quando vengono elaborati in presenza di conoscenza. Informazioni che una volta venivano intensivamente, con enormi sforzi e rischi, ricercate dai Servizi di intelligence e che invece oggi forniamo volontariamente e gratuitamente attraverso i nostri dispositivi elettronici o non proteggendo adeguatamente i dati dai gestori di infrastrutture e tecnologie stranieri, dallo spionaggio e dagli attacchi digitali degli hacker.

I mezzi per realizzare l’attacco alle informazioni (o la difesa delle stesse) sono i seguenti:

  • Sicurezza delle operazioni (Operations Security – OPSEC)
  • Occultamento, copertura e inganno (Concealment, Cover and Deception – CCD)
  • Operazioni psicologiche (Psychological Operations – PSYOPS) – si tratta di operazioni incentrate alla corruzione delle informazioni memorizzate nel processore proteico (la mente umana)
  • Distruzione (Destruction – Hard Kill) – distruggere o degradare i dati può essere realizzato sia ritardandoli fino a quando la loro utilità è ridotta, oppure distruggendoli in tutto o in parte. Per esempio, l’uso dell’occultamento è una misura di attacco (degradazione) contro il compito di raccolta. L’uso del jamming per ridurre la capacità di un canale di comunicazione (ritardando così la trasmissione) è un altro esempio.
  • Guerra elettronica (Electronic Warfare – EW)

Mentre nel ciclo dell’intelligence il processo di trasformazione dei dati deriva dall’identificazione del fabbisogno informativo ed offrire al decisore gli scenari sui quali basare le proprie scelte, il concetto fondamentale nella IW è che le informazioni non vengono raccolte, immagazzinate, spostate o utilizzate solo per ridurre l’incertezza, ma i dati sono usati per generare informazioni ed eseguire la Valutazione della Situazione (Perform Situation Assessment SA) per colpire l’esigenza di comando e controllo del leader nemico.

Sempre secondo Cornestones esistono solo quattro tipi di misure di attacco possibili per contrastare la guerra dell’informazione (IW):

  • Degradare – operazione rivolta contro i sistemi di raccolta delle informazioni.
  • Corrompere – consiste nell’inserire dati falsi. Per esempio, l’uso di manichini o sagome di mezzi o stazioni missilistiche inutilizzabili sul campo di battaglia è una misura di attacco contro la funzione di raccolta. L’intrusione in un canale di comunicazione e lo spoofing sono altri esempi;
  • Negare – significa negare completamente con un attacco diretto ai mezzi di acquisizione delle informazioni. L’uso di un laser ad alta energia per accecare o distruggere un sensore elettro-ottico è un esempio di negazione per attacco diretto. Un altro esempio è un virus che distrugge i sistemi operativi in un computer usato per effettuare valutazioni della situazione.
  • Exploit – è raccogliere dati contro il movimento di dati dell’avversario. Questo aumenta i dati disponibili per la Valutazione della Situazione e rende più efficiente la generazione di informazioni favorevoli.

Tornando alla Russia, il maresciallo Nikolai Orgakov, capo di Stato Maggiore sovietico negli anni ’80, è stato uno dei primi alti ufficiali sovietici a richiamare l’attenzione delle Forze armate sul ruolo di innovazione della guerra indotto dalle tecnologie dell’informazione, che dovranno essere inserite ed utilizzate dalla dottrina militare Russa come formidabili armi del secolo XXI, perfino paragonabili alle armi di distruzione di massa.

La dottrina militare della Federazione Russa (2010) identifica una serie di strumenti per proteggere gli interessi nazionali della Russia, ed indica esplicitamente come minaccia la Nato, che ambisce ad implementare l’infrastruttura militare dei Paesi membri il più vicino possibile ai confini della Federazione Russa e ad espandere l’influenza dell’Alleanza, tentando di destabilizzare lo status quo dei singoli Stati e delle regioni legate alla Federazione, minando la stabilità strategica della Russia. Per rafforzare tale postura militare nel dicembre 2016 il presidente Putin emana un’altra Dottrina della sicurezza informatica della Russia, basata sulle precedenti dottrine della sicurezza militare e dell’informazione, sostenendo la necessità di equilibrare il bisogno dei russi di ottenere informazioni e le esigenze di sicurezza delle informazioni nazionali, enfatizzando ulteriormente la politica dello Stato di anteporre la sicurezza nazionale alle libertà civili. Inoltre, il documento evidenzia che i media russi sono soggetti ad una continua discriminazione all’estero ed impone l’obbligatorietà per i mezzi di informazione nazionali di promuovere un’immagine positiva della Russia.

Secondo la dottrina militare russa, la guerra dell’informazione è una forma di potere politico e uno strumento geopolitico che consente un alto livello di manipolazione e di influenza, pertanto una forma di conflitto che deve essere onnicomprensiva e perennemente attiva contro nemici ed avversari.

I due principali filoni della guerra dell’informazione nel pensiero russo sono:

  • guerra psicologica, per colpire il personale delle forze armate e la popolazione. Questa viene condotta in condizioni di competizione naturale, cioè permanentemente;
  • guerra tecnologica dell’informazione, per incidere sui sistemi tecnici che ricevono, raccolgono, elaborano e trasmettono informazioni, condotta durante guerre e conflitti armati.

Nella visione russa, la guerra dell’informazione non è un’attività limitata alla guerra in corso, bensì ha una natura olistica e onnicomprensiva ed è sia il soggetto che il mezzo del conflitto. Non è limitato alla fase iniziale delle ostilità dove generalmente include la preparazione di informazioni utili in merito al campo di battaglia ma è un’attività costantemente in corso, a prescindere dallo stato delle relazioni con l’avversario.

L’Information Warfare russa copre una vasta gamma di diverse attività e processi che cercano di rubare, infiltrare, interdire, manipolare, distorcere o distruggere le informazioni ed i canali e i metodi disponibili per farlo. Coprono una gamma altrettanto ampia di aree di intervento, inclusi computer, smartphone, App, dichiarazioni di leader o celebrità, campagne online di troll o messaggi di testo, fino ad arrivare a trasmettere video sulle principali piattaforme occidentali, tipo YouTube, Meta, Instagram e la cinese TikTok, rivolti ad una pluralità di individui, soprattutto giovani e giovanissimi o approcci diretti a singoli obiettivi.

In pratica, la guerra dell’informazione russa prevede da un lato il massimo controllo e censura del sistema di informazione interno con il fine esclusivo della sicurezza nazionale e a discapito dei diritti civili dei propri cittadini, rendendo inaccessibili tutti i media, le piattaforme social occidentali e internet; dall’altro sfrutta al massimo gli stessi media occidentali rivolgendoceli contro come strumento di guerra psicologica, quando portano dentro le case degli europei, anche in fasce orarie protette, le immagini di morte, la devastazione delle città bombardate, le sofferenze dei cittadini ucraini costretti a vivere in condizioni disumane e ad espatriare. Si tratta appunto di quelle operazioni incentrate sulla corruzione delle informazioni memorizzate nella mente umana, che le nostre Tv ci propongono continuamente, incutendoci paura ed angoscia. Obiettivo primario della guerra psicologica.

Una guerra informativa che molti ritengono stia vincendo il presidente Zelensky, ma che invece rappresenta una forma di potere politico e un potente strumento geopolitico che consente al presidente Putin un alto livello di manipolazione, influenza, minaccia e deterrenza a fronte di una bassa probabilità di reazione militare da parte della Nato.

Maskirovka: metodi per l’inganno

Bisogna altresì considerare la lunga ed efficace operazione di inganno condotta dal presidente Putin nei confronti dell’Europa.

La Russia ha una lunga tradizione nel condurre campagne d’inganno e, con la “Maskirovka” (letteralmente, “metodi per l’inganno”), un insieme di stratagemmi al fine di manipolare e controllare il nemico creando una falsa impressione della situazione reale, costringendolo ad agire in un modo prevedibile. Da un punto di vista militare, Maskirovka è una componente cruciale della guerra dell’informazione, che prevede misure organizzative e interconnesse, operative-tattiche e ingegneristiche condotte per ingannare l’avversario e proteggere i sistemi di comando e controllo.

Maskirovka comporta una serie di metodi, compresi gli aspetti sia psicologici che tecnici, a tutti i livelli di conflitto. È un’attività quotidiana diretta (principalmente) contro servizi e sistemi di intelligence nemici, ma anche verso sistemi di comando e controllo civili. L’obiettivo è ottenere effetti sia sintattici che semantici manipolando le informazioni ed i sistemi d’informazione.

Il Cremlino, implementando la propria dottrina militare, basata sulla vision dell’ex Capo di Stato Maggiore Valerii Gerasimov, secondo il quale “i mezzi militari non sono che una piccola parte della guerra, la parte più importante è di gran lunga utilizzata da mezzi non militari”, dimostra che la guerra strategica dell’informazione russa (strategicheskoe informatsionnoe protivoborstvo) svolge un ruolo importante nello smantellare la leadership governativa e militare, sabotare i sistemi di difesa aerea e spaziale, ingannare il nemico disinformando e manipolando le opinioni pubbliche e altre misure per ridurre la volontà dell’avversario di contrastare e resistere.

L’information warfare è anche una forma di moltiplicatore di forza che cambia il paradigma della stabilità strategica, come hanno capito molto bene anche attori non statali come le organizzazioni terroristiche di matrice islamista.

Bisogna quindi riconoscere che sia prima che durante l’attacco all’Ucraina la guerra dell’informazione di Vladimir Putin, supportata da un lungimirante utilizzo geopolitico delle risorse energetiche, dai miliardi degli oligarchi e con il contributo di molti esponenti dei media, analisti, politici, parlamentari, industriali e accademici, ha creato polarizzazioni e supporto attraverso l’uso dei mass media e Internet, al fine di tutelare i loro interessi ed ottenere influenza positiva anche sull’opinione pubblica italiana. L’esempio più eclatante è l’”operazione Russia con Amore” lanciata da Mosca a seguito di una telefonata tra i presidenti Putin e Conte con la missione di soccorrere l’Italia nella lotta al Covid-19, successivamente replicata con l’uso geopolitico del vaccino Sputnik. Durante la prima fase della pandemia anche la Cina attivò una simile azione di influenza e propaganda, inviando un team di esperti della Croce Rossa di Xi Jinping a Roma “con tonnellate di aiuti per affiancare gli specialisti italiani nella lotta al Covid-19, mettendo in comune esperienza e conoscenze accumulate”.

La Russia per anni ha ingannato i nostri Servizi d’intelligence (non quelli Usa) ed i nostri politici, influenzando il loro processo decisionale, soprattutto per quanto concerne le politiche energetiche e commerciali.

Per migliorare il nostro sistema di Difesa e proteggere lo Stato con maggiore efficacia da nuove minacce e vulnerabilità multi-dimensionali, oltre ad aumentare gli investimenti per le spese militari necessari a mantenere la prontezza operativa delle nostre Forze armate e raggiungere il 2 per cento del Pil per rispettare gli accordi Nato, bisognerebbe costituire un Consiglio di sicurezza nazionale, simile a quello di altre democrazie, che possa contribuire ad elaborare una Grand Strategy italiana e dotato di strumenti efficaci di informazione e di decisione negli ambiti ambientale, sanitario, economico, infrastrutturale, cibernetico, educativo e produttivo, oltre che di protezione civile.

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