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Sanzioni

Le mire della Russia sull’Ucraina e lo scontro interno al Cremlino su Putin

Con la guerra all’Ucraina Putin minaccia la pace globale ma lo scontro politico interno al Cremlino minaccia il suo regime. L’analisi di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici

 

La Russia ha invaso l’Ucraina, come l’intelligence statunitense, da novembre, aveva avvertito che sarebbe successo. Questo è un momento di gravità straordinaria per l’Europa.

La guerra contro l’Ucraina è iniziata con il discorso del presidente russo Vladimir Putin alle 4 del mattino, che ha anticipato di qualche minuto gli attacchi aerei russi diretti alle infrastrutture critiche nelle principali città ucraine, compresa la capitale Kiev.

Gli attacchi hanno preso di mira la difesa aerea, i centri di comando e controllo, la logistica, le basi aeree militari e gli aeroporti civili. Le forze di terra, nel frattempo, hanno attraversato i confini russi, della Crimea e della Bielorussia in Ucraina. Numerosi analisti e paesi europei si aspettavano solo incursioni limitate all’inizio di questa settimana. Ma l’invasione su larga scala che si sta verificando corrisponde pienamente alle previsioni ed agli avvertimenti dell’intelligence statunitense.

L’incursione militare della Russia nel territorio sovrano dello Stato Ucraino, segue una serie di precedenti atti di aggressione, tollerati e sottovalutati per interessi economici dalla EU e dalla comunità internazionale: l’invasione della Georgia nel 2008, l’annessione della Crimea nel 2014 e altri sforzi destabilizzanti in Europa, tra cui le interferenze elettorali e una guerra cibernetica e di disinformazione a tutto campo contro le democrazie occidentali.

Questo è un deliberato assalto frontale ai principi fondamentali dell’Europa intera, libera e in pace che ha sconfitto la guerra fredda una generazione fa. Un premeditato attacco alla sicurezza ed alla pace globale.
Una pace che si basa su accordi internazionali (firmati da Russia e URSS), come l’Atto finale di Helsinki (1975), la Carta di Parigi (1990), il Memorandum di Budapest (1994) e l’Atto di fondazione NATO-Russia (1997).

La pianificata aggressione della Russia all’Ucraina, alla sicurezza dei cittadini europei, alle democrazie occidentali, stabilisce un pericoloso precedente per cui le ambizioni espansionistiche di regimi dittatoriali vengono progettate, orchestrate e risolte con l’uso della forza militare, aprendo le porte a potenziali devastanti scenari di guerra in molte altre parti del mondo.

Le recenti azioni russe non si limitano all’Ucraina: il costante e significativo accumulo di forze in Bielorussia, l’escalation degli sforzi di disinformazione e guerra ibrida in Europa, così come le ripetute violazioni delle acque territoriali e dello spazio aereo della Svezia e degli stati baltici da parte di unità militari russe, indicano chiaramente un più ampio sforzo della Russia per sfidare l’attuale architettura di sicurezza in Europa.

Questo aumento dell’aggressività nella retorica e nella dottrina di politica estera del Cremlino potrebbe anche essere una conseguenza del feroce scontro tra alcuni membri del governo russo per l’influenza su Vladimir Putin, nel contesto delle prospettive di transizione del potere a Mosca, alimentate da voci sempre più insistenti di probabili dimissioni del presidente per motivi di salute.

Per tutto il 2021, il gruppo di potere che fa capo a Nikolai Platonovich Patrushev, (Segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia dal 2008, dal 1999 al 2008 Direttore del Servizio di Sicurezza Federale russo – FSB, che è la principale organizzazione di intelligence che ha sostituito il KGB sovietico), si è scontrato con il gruppo di Sergey Kuzhugetovich Shoigu, generale dell’esercito e politico, attuale ministro della difesa della Federazione Russa e presidente del Consiglio dei ministri della difesa della CSI dal 2012.

Con l’obiettivo di delegittimare Shoigu, molto influente nel processo decisionale di Putin, il gruppo Patrushev avrebbe messo in atto una intensa campagna per screditare il ministro della difesa, infliggendo attacchi mediatici e informativi che hanno perfino colpito personalmente Putin, facendone risaltare la grande ricchezza acquisita e le precarie condizioni di salute.

Nel 2021, Patrushev ha inferto un duro colpo al gruppo guidato dal capo del FSB Alexander Bortnikov, dopo aver presumibilmente impedito un attentato alla vita del presidente.
Il gruppo di Bortnikov, per reazione ha revocato il controllo delle risorse informative e di intelligence di Patrushev, ed ha anche fatto arrestare il presidente del dipartimento di relazioni pubbliche presso l’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca (MGIMO), il politologo Valery Solovey, un noto teorico complottista che ha pubblicato sui media insinuazioni sullo stato di salute del presidente Putin e su una sua probabile destituzione.

Quindi, le gravi decisioni del presidente Putin contro l’Ucraina, potrebbero essere state determinate anche dal suo stretto rapporto di fiducia con Shoigu e dalla sua influenza nel plasmare una politica estera aggressiva che ha portato Mosca allo scontro con l’Occidente, causando forte malcontento in alcuni gruppi di potere dentro e fuori dal Cremlino, che spingono affinché Putin venga rimosso dal potere, adducendo come motivazione soft il deterioramento del suo stato di salute.

In questo contesto, nonostante tutti i tentativi dell’Occidente per addivenire ad una soluzione diplomatica, Putin aveva già deciso di fare la guerra all’Ucraina. Il presidente russo ha come obiettivo niente di meno che la conquista di quella nazione vicina, smilitarizzandola, instaurando un nuovo governo fantoccio e dominandola d’ora in poi in un modo che ricorda la precedente sottomissione di quelle popolazioni dell’Europa orientale durante l’impero russo.

Il Cremlino ha meticolosamente pianificato obiettivi e tempistica del suo attacco: sapeva di poter ancora sfruttare la dipendenza energetica di un’Europa senza una strategia, che affida la propria reazione esclusivamente a sanzioni economiche che gli si ritorcono contro.
Inoltre, sembra improbabile che tale aggressione finisca con la guerra al popolo ucraino. Putin e i suoi partner in Cina, Iran e Corea del Nord sembrano voler sfruttare al massimo la finestra di opportunità originata dall’attuale debolezza economica, politica e militare degli Stati Uniti e dell’Occidente stremati dalla pandemia, usando la forza e la violenza per stabilire un nuovo ordine geopolitico.
“Putin non si vuole fermare all’Ucraina, vuole ristabilire l’Unione sovietica, è di questo che stiamo parlando, le sue ambizioni sono totalmente contrarie al resto del mondo”. Queste le parole del presidente americano Biden.

Ma quale rapporto ha Putin con l’epoca dell’Unione sovietica? Tentare di capire quale sia la sua interpretazione storica del comunismo sovietico potrebbe aiutarci a comprendere meglio gli eventi di questi giorni.
L’attuale scenario di guerra è collegato, da un lato alla totale assenza di una Grand Strategy degli Usa e dei suoi alleati, dall’altro lato dall’ascesa al potere dell’ex agente del GRU alla Presidenza della Federazione Russa, costellata di molti eventi oscuri ed inspiegabili.

Riconoscendo l’indipendenza delle repubbliche autoproclamate di Luhansk e Donetsk con un discorso assolutamente distorto dal punto di vista storico e politico la Russia, che si sente accerchiata dalla espansione ad Est della NATO, ha negato il diritto di esistere all’Ucraina come Stato. Putin considera una minaccia l’Ucraina indipendente e separata dalla Russia, istituita da Lenin dopo la rivoluzione comunista. L’atteggiamento nazionalista di Putin evidenzia una visione distorta dell’Europa, basata sull’ideologia staliniana e sull’aspirazione di ricostruire la Russia imperiale dell’era zarista.

La Russia imperiale che dal punto di vista dell’estensione territoriale è stata ispiratrice della “Direzione Generale Sovietica della Maskirovka Strategica” (Soviet Chief Directorate of Strategic Maskirovka – GUSM), costituita dal Maresciallo Nikolai Ogarkov e ben descritta negli anni ’80 dall’ex ufficiale del GRU Viktor Suvorov, nei suoi libri – “Inside the Soviet Army” “The Liberators” e “Spetsnaz”.

Nel bellissimo ‘Dentro l’Esercito Sovietico” scrisse che la Direzione Generale (che elaborava la dottrina militare russa per l’inganno e la disinformazione) “costituiva un asset strategico rassicurante… dietro il quale si nascondevano organizzazioni affaristiche che rappresentavano esponenti del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, dell’Esercito Sovietico, dell’Industria Militare ecc.”, e che le attività del Direttorato “permettevano al Politburo di fare affari con tutti coloro che in Occidente non capivano che si trattava di industrie ed imprese collegate ad uno Stato che operava su scala mondiale per uno specifico obiettivo”.

Per contrastare la dottrina Maskirovka di “Soviet Camouflage – Concealment and Deception, nel 1983 il presidente Ronald Reagan ordinò contromisure Top Secret alla CIA ed ai servizi di Intelligence con la National Security Decision Directive N. 108, recentemente parzialmente desecretata.

In “Spetsnaz” (1987) Suvorov scrisse che quando fu costituito il GUSM, molti alti ufficiali e generali del GRU aderirono al progetto ed altre personalità della società civile furono cooptate nel corso del tempo. In un articolo sull’organizzazione della Maskirovka nella International Defense Review del settembre 1985, Suvorov citò il Maresciallo Matvei Zakharov per aver detto: “Il servizio di disinformazione deve essere onnipotente, come le armi nucleari, e globale, come i satelliti”. Il potere del GUSM è in crescita e ben organizzato allo scopo di preservare e rafforzare la posizione dell’Unione Sovietica nel mondo”.

In una versione aggiornata di “The Liberators”, Suvorov ha scritto che la Direzione Maskirovka all’interno dello Stato Maggiore Russo era conosciuta come GUSM, mentre per le relazioni esterne era denominata “Commissione Tecnica di Stato” (GTK). La GTK è successivamente diventata Servizio federale per i controlli tecnici e delle esportazioni (FSTEK o FSTEC). I dettagli della sua storia, struttura e responsabilità, nonché la conferma della sua importanza strategica sono riportate sul suo sito web www.fstec.ru e su www.agentura.ru, fonte russa che attesta che l’organizzazione è stata creata come risultato della collaborazione tra il Ministero della Difesa sovietico e il KGB. Il Dizionario dell’intelligence sovietica e russa di Robert Pringle riporta che il GTK dirigeva la Maskirovka per il complesso militare-industriale e attingeva competenze dai servizi militari e di intelligence.

Alla luce di quanto detto: il GUSM e la Maskirovka sono tutt’ora attivi? Vladimir Putin, Surkov, Shoigu, i Siloviki e molti altri oligarchi, così come molti esponenti dei media, analisti politici, parlamentari, industriali e accademici, sono anch’essi membri del GUSM, che condividono l’obiettivo di (ri)costituire una versione moderna e tecnologica dell’URSS?
Gli sviluppi della situazione Ucraina potrebbero essere riconducibili al continuo predominio nel Cremlino di una élite dell’esercito russo nel Ministero degli Affari Esteri ed in altri dipartimenti governativi di personalità provenienti dall’era sovietica e membri del GUSM/FSTEK? Siamo di fronte ad una precisa, decennale, variegata e ben mascherata operazione di inganno strategico, concepita a suo tempo da Ogarkov e dall’allora presidente del KGB Yuri Andropov? Tale operazione di deception strategica è stata rinnovata e rilanciata dall’aggressivo espansionismo di Vladimir Putin con l’attacco all’Ucraina?

Attraverso il temporaneo allentamento della morsa asfissiante del Cremlino sull’Europa dell’Est, l’introduzione in Russia di una parvenza di democrazia e l’adozione di una aggressiva politica economica basata sull’uso geopolitico delle risorse energetiche, questa élite di ex comunisti sovietici opportunamente mimetizzati, ha:

A. ottenuto con successo un accesso illimitato al denaro, alla tecnologia, alle industrie, ai servizi, alle proprietà, ai media, alle popolazioni, al mondo accademico e alle “élite” occidentali;

B. infiltrato, sovvertito e diviso l’Occidente, indebolendolo dal punto di vista politico, energetico, disarmato militarmente e psicologicamente con la disinformazione, il terrorismo, l’estremismo, i traffici di armi e di droga, il crimine organizzato e la guerra cibernetica;

C. ricostruito le loro capacità strategiche offensive e difensive nel caso in cui la guerra ibrida in cui hanno coinvolto le democrazie occidentali si riveli alla fine inadeguata, in preparazione di una guerra calda che avrà luogo in un momento a loro scelta, con nuovi alleati e quando giudicheranno che le circostanze siano propizie.

Come siamo arrivati a questo punto in Europa? La risposta apparentemente ovvia e la più gettonata dai media è Putin. Ma l’Occidente dovrà condurre una dolorosa introspezione sui fallimenti delle sue politiche verso la Russia ed ora anche verso l’Ucraina. L’Europa, a differenza degli Stati Uniti, è sempre stata attratta dal business piuttosto che considerare Putin capace di usare la forza militare.

Con l’invasione russa dell’Ucraina, con le minacce di Putin a Svezia e Finlandia a non aderire alla NATO, si è definitivamente chiusa l’era post-guerra fredda e la Cina comunista sarà la prossima ad agire per estendere con la forza il suo governo totalitario su Taiwan.

Di fronte a questi pericoli gli Stati Uniti, l’Europa e la NATO devono elaborare una nuova dottrina in grado di esprimere una politica di pace attraverso la forza, volta a dimostrare in modo convincente che hanno una strategia, la capacità e la volontà di contrastare gli aggressori nemici della libertà.

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