Il 21 marzo, a conclusione della visita a Mosca del presidente cinese Xi Jinping, Cina e Russia hanno firmato quattordici accordi economici che coprono tanti settori diversi, dalla collaborazione scientifica alla cooperazione nucleare alla produzione di programmi televisivi. Ma che soprattutto testimoniano come Vladimir Putin abbia scelto lo yuan, la moneta cinese, come valuta di riferimento per la Russia negli scambi con l’estero.
LE PAROLE DI PUTIN
“Siamo favorevoli all’utilizzo dello yuan cinese per gli accordi tra la Russia e i paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina”, ha dichiarato Putin: “Sono fiducioso che questi accordi in yuan si svilupperanno tra i partner russi e le loro controparti nei paesi terzi”.
GLI OBIETTIVI DI RUSSIA E CINA CON LO YUAN
Mosca ha bisogno dello yuan – e della Cina, più in generale – per mitigare l’impatto delle sanzioni imposte dall’Occidente dopo l’invasione dell’Ucraina, che tra le altre cose escludono le banche russe dal sistema SWIFT, il riferimento internazionale per i pagamenti finanziari.
Dall’altro lato, Pechino sta lavorando molto all’internazionalizzazione dello yuan come alternativa al dollaro statunitense, come parte di un progetto più ampio di espansione del proprio peso politico nel mondo. Ad oggi, comunque, il dollaro resta la valuta nettamente dominante nelle riserve monetarie globali, come si nota a colpo d’occhio da questo grafico di Quartz; la quota dello yuan, di contro, è piuttosto bassa.
LA ROTTA ARTICA
Russia e Cina si sono inoltre accordate per lavorare insieme allo sviluppo della rotta artica, ovvero la Rotta del mare del nord (o Northern Sea Route): è una tratta per il commercio marittimo che segue la costa settentrionale russa e che viene pubblicizzata dal Cremlino come un’alternativa più veloce e conveniente – nonché riparata dalle ritorsioni occidentali – al canale di Suez.
Mosca è sempre più dipendente da Pechino per il suo sostentamento economico; questo accordo sull’Artico pare segnalare un’apertura notevole alla proiezione cinese in un’area che tradizionalmente rientra nella sfera di influenza russa.
IL PETROLIO
Putin ha detto che la Russia è pronta ad aumentare le forniture di petrolio alla Cina, della quale è diventata la maggiore fornitrice nei primi due mesi del 2023, superando l’Arabia Saudita: a febbraio le ha inviato 2 milioni di barili di greggio al giorno, un record.
S&P Global Platts scrive che Mosca potrebbe non riuscire ad aumentare le forniture molto più di così per via di alcune limitazioni alle infrastrutture di esportazione petrolifera.
Intanto, le raffinerie cinesi stanno beneficiando parecchio dei bassi prezzi di vendita del greggio russo: a febbraio la media è stata di 73,3 dollari al barile, il 13,7 per cento in meno rispetto all’anno prima (85,2 dollari). Il 20 marzo il greggio Urals spedito dal porto di Primorsk, sul mar Baltico, aveva un costo di 35,9 dollari al barile, con uno sconto di 36,1 dollari rispetto al Brent (il benchmark internazionale).
IL GAS NATURALE
Putin ha anche assicurato che Russia e Cina hanno raggiunto un accordo su quasi tutti i parametri di Power of Siberia 2, il nuovo gasdotto tra i due paesi (attraverserà la Mongolia) dalla capacità di 50 miliardi di metri cubi all’anno.
Mosca ha iniziato a mandare gas a Pechino attraverso la condotta Power of Siberia alla fine del 2019. I flussi sono cresciuti annualmente, passando dai 4,1 miliardi di metri cubi del 2020 ai 10 miliardi del 2021 fino ai 15,4 miliardi del 2022; quest’anno dovrebbero raggiungere i 22 miliardi.
IL COMMERCIO TRA RUSSIA E CINA
Putin ha detto che il commercio bilaterale è cresciuto del 30 per cento nel 2022, superando i 185 miliardi di dollari, e che nel 2023 arriverà a 200 miliardi. Gli scambi avvengono principalmente in yuan e in rubli “per proteggere il commercio reciproco dall’influenza di paesi terzi e dalle tendenze negative dei mercati valutari globali”.