Qual è la posizione delle monarchie del Golfo nell’attuale escalation della crisi in Medio Oriente? Che ruolo stanno svolgendo le loro diplomazie? E che relazioni, aperte o clandestine, intrattengono con Israele? Di questi ed altri temi Start Magazine ha discusso con Cinzia Bianco, che è visiting fellow presso lo European Council on Foreign Relations ed esperta della regione.
Come stanno vivendo i Paesi del Golfo l’escalation tra Israele e Iran?
Quello che accomuna i principali Paesi della regione, ossia Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, è la ferma volontà di non essere trascinati nell’escalation, di non finirci in mezzo. Il loro timore in particolare è quello di diventare obiettivi per l’Iran in quanto partner degli Stati Uniti o aventi relazioni con Israele.
Cosa sta facendo l’Arabia Saudita in particolare?
L’Arabia Saudita si sta dando molto da fare per preservare il canale diplomatico creato con l’Iran a seguito dell’accordo di Pechino del marzo 2023. Lo sta facendo cercando di mantenere sempre aperta la comunicazione e praticando un frequente engagement. Lo fa anzitutto per tranquillizzare le preoccupazioni esistenziali dell’Iran, che teme fortemente un attacco congiunto diretto da parte di Israele, Usa e Arabia Saudita. Ma lo fa anche nel tentativo di rendersi utile come canale di comunicazione tra il governo americano e quello di Teheran.
E gli Emirati Arabi Uniti?
Questo Paese è quello che si trova nella situazione più delicata, in primo luogo perché ha relazioni diplomatiche ufficiali con Israele risalenti agli Accordi di Abramo firmati nel 2020 sotto l’amministrazione Trump. Tra l’altro negli Emirati Arabi Uniti sono presenti alcune installazioni israeliane a partire da quella che viene chiamata l’antenna del Mossad. Una situazione dunque oggettivamente pericolosa per gli Emirati che viene gestita mantenendo una posizione di equilibrio, ad esempio vietando agli Usa e a Israele di usare il proprio territorio per colpire l’Iran.
Questo tuttavia non ha impedito agli Emirati di intercettare alcuni missili lanciati dagli Houthi verso Israele, e si vocifera che lo abbia fatto anche con i missili iraniani sia nell’attacco contro Israele del 13 aprile che in quello del 1° ottobre.
Anche i sauditi hanno intercettato missili Houthi?
Sì, ed è diventata una prassi anche perché i missili dei ribelli sciiti passano necessariamente nello spazio aereo saudita.
E il Qatar che gioco sta giocando?
Il Qatar può vantare per sé il ruolo internazionalmente riconosciuto di mediatore più importante per un cessate il fuoco a Gaza e potenzialmente anche per una deescalation in Libano. Questo rappresenta per loro anche una sorta di assicurazione che scongiura eventuali rappresaglie iraniane.
Il Qatar non ha intercettato alcun missile?
La risposta è no. D’altra parte il Qatar non ha minimamente pensato di avviare una normalizzazione con Israele, a differenza degli emiratini che hanno già compiuto il passo e dei sauditi che ci hanno già pensato. Il Qatar dunque sfoggia una posizione che potremmo definire di neutralità attiva che gli consente di svolgere un ruolo di primissimo piano in questa crisi.
Che ruolo ci possiamo prefigurare per Arabia Saudita ed Emirati in caso di attacco israeliano all’Iran?
Possiamo immaginare che si premurerebbero di chiarire di non aver contribuito ad una eventuale azione militare, e che non lo avrebbero mai fatto. Questo servirebbe per evitare di venire trascinati nel conflitto. Secondo me però anche in questa occasione sarebbe possibile che ambedue i Paesi effettuassero azioni di difesa nei confronti di Israele come nelle altre occasioni.