Nel nostro gergo professionale il buco è quello che un giornale riesce a procurare ai concorrenti con una notizia esclusiva. Notizia intesa in senso lato, a volte anche un commento o un retroscena che dà di un fatto una versione particolare, che non lo completa ma addirittura ne cambia o persino rovescia contenuto e significato.
È avvenuto e sta tuttora avvenendo con la cattura di Matteo Messina Denaro dopo 30 anni di latitanza persino a casa sua, cioè nel suo territorio, dove gli è riuscito di nascondersi meglio che fuggendo lontano, anzi lontanissimo, al di là dei confini terrestri o marittimi del proprio paese.
Al notissimo scrittore Roberto Saviano è capitato – occupandosi appunto della cattura del superboss mafioso – di procurare un buco persino al giornale cui collabora, dicendo in una intervista alla Stampa una cosa alla quale non si era spinto nell’articolo scritto per il Corriere della Sera.
LE DICHIARAZIONI AL CORRIERE E ALLA STAMPA
Su quest’ultimo, salvando – credo – anche le coronarie del direttore Luciano Fontana, egli si è tenuto sulle generali scrivendo delle debolezze tante volte dimostrate o attribuite dallo Stato, dietro “lo scalpo da esibire al circo mediatico”, nella lotta alla mafia. Abbiano avuto non a caso processi su trattative e simili nella stagione delle stragi di fine Novecento che hanno sfiorato persino un Presidente della Repubblica in carica, fattosi proteggere dalla Corte Costituzionale. Mi riferisco naturalmente a Giorgio Napolitano.
Alla Stampa, invece, scendendo dalle stelle dello Stato alle stalle dei governi, Saviano ha contestato a quello in carica, a cominciare dalla premier Giorgia Meloni volata a Palermo per festeggiare la botta ricevuta dalla mafia con la fine della trentennale latitanza del suo capo, il diritto di intestarsi alcunché. “Questo – ha detto Saviano – è uno degli esecutivi meno antimafiosi che il Paese abbia avuto”.
“La predilezione (della mafia) per la destra è testimoniata da una infinità di atti e documenti”, ha aggiunto lo scrittore senza citare direttamente ma in qualche modo ispirandosi al discorso contro la fiducia alla Meloni pronunciato in veste di senatore grillino dall’ex procuratore generale della Corte di Palermo Roberto Scarpinato. Che è stato selezionato nelle liste pentastellate da Giuseppe Conte in persona nella sua nuova veste di aspirante capo di una sinistra naturalmente giustizialista.
Agli occhi di quest’ultima la Meloni avrebbe mandato apposta al Ministero della Giustizia Carlo Nordio per dare “uno schiaffo all’antimafia” – ha titolato oggi Repubblica – limitando il ricorso o l’uso distorto delle intercettazioni, che pure si sono rivelate utili alla cattura di Messina Denaro.
Pensate un po’ quanta erba si può seminare e raccogliere cavalcando l’antimafia dei professionisti a suo tempo smascherata da quel grande, grandissimo e benemerito rompiscatole che era Leonardo Sciascia.