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Giorgetti

Renzi, Draghi e la psicanalisi

I Graffi di Damato su Renzi e Draghi...

Dall’alto del suo metro e ottanta centimetri, sempre avvolti in abiti stretti che li fanno apparire anche di più, Matteo Renzi potrebbe godersi lo spettacolo della ressa alla porta o sul tram, come preferite, di Mario Draghi. Che ha ottenuto l’incarico di presidente del Consiglio certamente dal capo dello Stato, giustamente geloso delle sue prerogative costituzionali, ma grazie anche a lui, che ne ha dato a Mattarella l’occasione con un bel po’ di spallate al secondo governo di Giuseppe Conte, pur dopo averne promosso la formazione nell’estate del 2019. Una cosa, questa, che adesso gli rinfacciano da opposti punti di vista i molti avversari e alcuni dei pochi amici rimastigli.

Invece Renzi si diverte poco allo spettacolo prima della folla e poi della ressa attorno a Draghi perché, sorretto oggi dalla comprensione dello psicanalista Massimo Recalcati sulla Stampa, lamenta l’”odio” -ha detto- di cui è stato vittima nell’opera di liberazione dal presidente del Consiglio uscente. Cui pure -dice sempre lui- ha dato, durante l’esplorazione affidata da Sergio Mattarella al presidente grillino della Camera Roberto Fico, l’occasione di fare il tanto voluto terzo governo, sino a partecipare ai “tavoli” di Montecitorio per concordarne il programma.

Niente da fare. Conte -si duole Renzi- ha continuato a farsi sostenere da alleati improvvidi, come i grillini e i piddini, che non gli volevano far fare un governo nuovo davvero, ma un semplice rimpasto di quello finalmente dimissionario, una volta fallita la rianimazione tentata nell’aula di Palazzo Madama con quella votazione di fiducia fermatasi a quota 156 sì. Ne occorrevano almeno cinque in più per dare la prima mano di asfalto sulla strada dell’annientamento di Renzi tracciata dai pretoriani di Conte. Che sognavano una maggioranza a prescindere dai renziani, o da quel che ne sarebbe rimasto con una più felice campagna di arruolamento, fra i banchi dell’opposizione e gli ex grillini, di “europeisti, volenterosi, responsabili” e quant’altro.

Ora è Draghi che, con quella ressa davanti alla porta, potrebbe contare su una maggioranza a prescindere dai renziani, visto che sono pronti a partecipare al suo governo di “alto profilo”, dai banchi dell’ormai ex opposizione, i leghisti di Matteo Salvini e i forzisti di Silvio Berlusconi, oltre naturalmente ai “volenterosi” mobilitatisi inutilmente per un terzo governo Conte. Ma Draghi naturalmente non ha la minima intenzione di rifiutare la mano tesagli da Renzi praticamente senza condizioni.

I renziani, anzi, sono quelli obiettivamente più affini alla storia e alla visione che l’ex presidente della Banca Centrale Europea ha dei problemi dell’Italia, a cominciare dalle varie emergenze -sanitaria, sociale ed economica- ricordate dal presidente della Repubblica prima di dargli l’incarico, spiegando le ragioni della impraticabilità, in questo momento, dello scioglimento anticipato delle Camere. Che in apertura della crisi era stato reclamato con curiosa sintonia dall’opposizione di centrodestra ancora formalmente unita e dai settori della maggioranza uscente col motto di “Conte o elezioni”, come quello di “Roma o morte” scolpito sul monumento di Garibaldi al Gianicolo. Cui deve essersi ispirato Goffredo Bettini, il segretario ombra del Pd che oggi sul Fatto Quotidiano -e dove sennò?- dà del “sicario” a Renzi lamentando che siano tutti i liberi i suoi “mandanti”.

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