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Recovery Plan, come si muovono gli Stati Ue

L'articolo di Enrico Martial

 

Il procedimento di ratifica da parte dei 27 Stati membri che consente al Recovery Plan di entrare in funzione si è concluso ieri, 27 maggio, con l’approvazione del parlamento austriaco (con 143 voti favorevoli sui 171 totali) e di quello polacco, che l’ha approvato al senato, dopo essere riuscito a trovare una maggioranza alla camera bassa, con un appoggio a sinistra per compensare uno dei partiti di governo che si era sfilato.

Per quanto i processi di ratifica europei siano sempre complessi, va detto che negli ultimi giorni si è assistito a una accelerazione, rispetto alle attese che ne prevedevano la chiusura a metà se non a fine giugno. Il giorno precedente, il 26 maggio, infatti hanno concluso le ratifiche anche l’Ungheria, con una postura comunque antieuropea, e la Romania, in una riunione congiunta e straordinaria delle due Camere. Inoltre, è la prima volta che le ratifiche si fanno così in fretta: di solito occorrono un paio di anni. Qui si è risolto il problema in dieci mesi, cioè dal celebrato annuncio di luglio 2020, che possono comunque sembrare troppi, vista la posta in gioco.

La ratifica è avvenuta sul principio delle “risorse proprie”, che consente alla Commissione di chiedere denaro al mercato, e di dare così vita al Recovery Plan (Next Generation Eu) da 750 miliardi. I primi versamenti sono attesi a fine luglio o forse ad agosto. Si dovrà completare la comunicazione formale dell’avvenuta ratifica dagli ultimi cinque stati, Paesi Bassi compresi, che prevedono la firma del Re. Inoltre, i piani nazionali, almeno quelli presentati entro a fine aprile, sono attualmente oggetto di analisi e dovranno essere approvati sia dalla Commissione sia dal Consiglio (dei ministri degli Stati membri), per un impegno totale di tre-quattro mesi.

La debolezza europea rimane però manifesta: ci sono meno soldi rispetto agli Stati Uniti (1900 mld dollari, quasi 1600 miliardi di euro), che hanno già iniziato a spenderli. Per la verità alcuni Paesi non hanno atteso che l’Europa preparasse la cassa, e hanno anticipato i fondi, come nel piano France Relance che ha chiuso diversi bandi, come per i 1668 progetti industriali finanziati per 7,1 mld, secondo lo stato di avanzamento al 25 maggio scorso. Ogni Paese, dopo che il suo piano è stato approvato, può ricevere come anticipo il 13% dell’importo complessivo.

Dei 27 Stati membri, la ratifica è stata svolta in 20 parlamenti, mentre in cinque Paesi è stata sufficiente una decisione governativa: Repubblica ceca, Irlanda, Cipro, Lettonia, Malta, Slovenia e Slovacchia. Qualche pensiero preoccupato è venuto dalla Finlandia, per la quale era necessaria una maggioranza di due terzi, che alla fine è stata trovata. Anche il ricorso alla Corte costituzionale tedesca, che fu presentato dopo il voto favorevole delle due Camere, e che aveva prodotto la sospensione del processo di ratifica il 26 marzo, con relativo clamore dei media, è stato infine respinto il 21 aprile.

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