Il procedimento di ratifica da parte dei 27 Stati membri che consente al Recovery Plan di entrare in funzione si è concluso ieri, 27 maggio, con l’approvazione del parlamento austriaco (con 143 voti favorevoli sui 171 totali) e di quello polacco, che l’ha approvato al senato, dopo essere riuscito a trovare una maggioranza alla camera bassa, con un appoggio a sinistra per compensare uno dei partiti di governo che si era sfilato.
Per quanto i processi di ratifica europei siano sempre complessi, va detto che negli ultimi giorni si è assistito a una accelerazione, rispetto alle attese che ne prevedevano la chiusura a metà se non a fine giugno. Il giorno precedente, il 26 maggio, infatti hanno concluso le ratifiche anche l’Ungheria, con una postura comunque antieuropea, e la Romania, in una riunione congiunta e straordinaria delle due Camere. Inoltre, è la prima volta che le ratifiche si fanno così in fretta: di solito occorrono un paio di anni. Qui si è risolto il problema in dieci mesi, cioè dal celebrato annuncio di luglio 2020, che possono comunque sembrare troppi, vista la posta in gioco.
La ratifica è avvenuta sul principio delle “risorse proprie”, che consente alla Commissione di chiedere denaro al mercato, e di dare così vita al Recovery Plan (Next Generation Eu) da 750 miliardi. I primi versamenti sono attesi a fine luglio o forse ad agosto. Si dovrà completare la comunicazione formale dell’avvenuta ratifica dagli ultimi cinque stati, Paesi Bassi compresi, che prevedono la firma del Re. Inoltre, i piani nazionali, almeno quelli presentati entro a fine aprile, sono attualmente oggetto di analisi e dovranno essere approvati sia dalla Commissione sia dal Consiglio (dei ministri degli Stati membri), per un impegno totale di tre-quattro mesi.
La debolezza europea rimane però manifesta: ci sono meno soldi rispetto agli Stati Uniti (1900 mld dollari, quasi 1600 miliardi di euro), che hanno già iniziato a spenderli. Per la verità alcuni Paesi non hanno atteso che l’Europa preparasse la cassa, e hanno anticipato i fondi, come nel piano France Relance che ha chiuso diversi bandi, come per i 1668 progetti industriali finanziati per 7,1 mld, secondo lo stato di avanzamento al 25 maggio scorso. Ogni Paese, dopo che il suo piano è stato approvato, può ricevere come anticipo il 13% dell’importo complessivo.
Dei 27 Stati membri, la ratifica è stata svolta in 20 parlamenti, mentre in cinque Paesi è stata sufficiente una decisione governativa: Repubblica ceca, Irlanda, Cipro, Lettonia, Malta, Slovenia e Slovacchia. Qualche pensiero preoccupato è venuto dalla Finlandia, per la quale era necessaria una maggioranza di due terzi, che alla fine è stata trovata. Anche il ricorso alla Corte costituzionale tedesca, che fu presentato dopo il voto favorevole delle due Camere, e che aveva prodotto la sospensione del processo di ratifica il 26 marzo, con relativo clamore dei media, è stato infine respinto il 21 aprile.