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Piano Di Biden

Le misure di stimolo di Biden all’economia Usa saranno un volano o un freno per l’innovazione?

Conta più l’offerta o la domanda ai fini della crescita? Il piano di Biden viene criticato perché troppo sbilanciato sulla seconda anziché sulla prima. Di seguito una sintesi dell’analisi di A.W. Salter, professore di economia presso la Texas Tech University pubblicata sul Wall Street Journal di oggi.

Il piano infrastrutturale da 2,3 trilioni di dollari del presidente Biden ha entusiasmato molti economisti per il ritorno della pazzia keynesiana della vecchia scuola. “La politica fiscale è tornata”, ha esultato il premio Nobel Joe Stiglitz.

“Tutto ciò contribuirà a creare maggiore domanda e questo dovrebbe dare alle persone più condizioni per investire”. Ma la crescita economica – che, anche Stiglitz sarebbe probabilmente d’accordo, è il modo migliore per combattere la povertà – dipende dall’offerta, non dalla domanda. E il piano Biden potrebbe bloccare l’innovazione che la guida.

Che sia pubblica o privata, la spesa non causa crescita. Il signor Stiglitz e i suoi alleati hanno interpretato le cose al contrario: il consumo è a valle della produzione. La crescita riguarda l’aumento dell’offerta di beni nel tempo; non è possibile spendere se la merce non è stata prodotta. La produzione cresce con il miglioramento della tecnologia e dei processi di produzione. Tale miglioramento richiede risparmio e investimento piuttosto che consumo.

I primi dettagli sul piano infrastrutturale di Biden non sono promettenti in termini di incentivi al risparmio e agli investimenti. Il disegno di legge include significativi aumenti delle tasse sulle società, che danneggerebbero anche famiglie e investitori. Il presidente e il suo team meritano credito per aver tentato di equilibrare il piano. Ma aumentare le tasse, soprattutto sulle imprese, indebolisce gli incentivi a investire. Il risultato è che si rinuncia alla crescita.

Il piano di Biden inoltre dirotta, in gran parte, risorse lontano dagli utilizzi che aumenterebbero la produttività. I miglioramenti in opere come strade e nei ponti possono aumentare la quantità di aziende in grado di produrre, e quindi la crescita, facilitando lo spostamento di manodopera e merci in tutta la nazione. Ma questo tipo di investimenti risulta una minoranza del totale delle spese del piano; altre tipologie di spese scateneranno l’effetto opposto. Si prenda ad esempio la proposta di investimento nell’espansione dell’energia pulita e delle stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Questa è un’interpretazione piuttosto forzata di infrastruttura e che può risultare per di più sprecata.

Il governo, negli anni, non si è distinto particolarmente per la capacità nello scegliere gli investimenti. Il presidente Obama promise progetti che avrebbero dovuto essere smart e con una forte impronta green.

Quello che abbiamo ottenuto è stata la debacle di Solyndra, che ha consumato centinaia di milioni di dollari dei contribuenti producendo ben poco valore aggiunto.
Quelle risorse avrebbero potuto essere investite altrove. Ecco, adesso Biden sta proponendo esattamente lo stesso, moltiplicato all’ennesima potenza.
Il risultato è che all’orizzonte si staglia lo sperpero di un’enorme quantità di capitale produttivo.
Biden vuole configurarsi come l’apripista di un rinnovato New Deal e di una Great Society dei nostri giorni, ma non c’è niente di rinnovato o eccezionale nella politicizzazione degli investimenti.
La politica ha effettuato numerosi tentativi nel corso degli anni, ma anche se si avessero a disposizione tutti i finanziamenti del mondo, non ci sarà un aumento della produttività se essi non vengono canalizzati correttamente.

Perché è una produzione più efficiente che crea prosperità economica. Non una spesa orientata da una scelta politica di parte.

I piani del Presidente avranno bisogno di una grande quantità di risorse economiche per essere attuati, ma sono destinati probabilmente a produrre solo disappunto.

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