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Qin

Chi è (e cosa pensa degli Usa) Qin Gang, il nuovo ministro degli Esteri cinese

Il nuovo ministro degli Esteri della Cina, Qin Gang, spende parole di simpatia per gli americani e dice di voler ricucire i rapporti con gli Usa. Cosa cambierà davvero nei rapporti tra le due superpotenze?

Potenza di Twitter. Il nuovo ministro degli Esteri cinese, l’ex ambasciatore negli Usa Qin Gang, cinguetta tutta la sua simpatia per il popolo americano affermando che opererà per rammendare la relazione bilaterale, e alla Borsa cinese immediatamente i titoli tecnologici fanno un balzo all’insù.

Il tweet del nuovo ministro

Nel suo lungo thread su Twitter Qin ricorda di aver assunto l’incarico di ambasciatore nel 2021 “in un momento di gravi sfide per le relazioni Cina – Usa” e sottolinea di aver visitato nel corso del suo mandato “22 Stati, agenzie governative, il Congresso, think tank, imprese, fabbriche, porti, aziende agricole, scuole e campi sportivi” e di essersi fatto nel frattempo ”molti amici per tutti gli Usa”.

Qin sostiene poi di essere rimasto “profondamente impressionato dai molti Americani hard-working, amichevoli e talentuosi” che ha incontrato, e su queste premesse si prefigge di “sostenere la crescita delle relazioni Cina – Usa, incoraggiare il dialogo, la mutua comprensione e le affinità tra i due popoli”.

Il cinguettio di Qin si conclude con l’auspicio di poter vedere, durante il suo mandato, “il mutuo rispetto, la coesistenza pacifica e la cooperazione win-win tra i nostri due Paesi”.

La reazione della Borsa cinese

Tanto è bastato perché nella Borsa cinese tutti i principali titoli tecnologici registrassero significativi incrementi nella prima sessione dell’anno.

Il gigante dell’e-commerce Alibaba ha chiuso la seduta con un guadagno del 4,4&; Tencent con un rialzo di più del 5% e Pinduoduo con un aumento del 3,7%.

Ottime anche le performance di Baidu (4%), Weibo (5.5%), NetEase (5,3%), KraneShares CSI China Internet (5,3%).

Profilo del nuovo ministro Qin Gang

Ma chi è Qin Gang?

Come riferisce Reuters, il neoministro è un uomo relativamente giovane (ha 56 anni) che ha scalato in breve tempo varie posizioni all’interno del ministero degli Esteri, dove è stato portavoce tra il 2006 e il 2014, capo del protocollo tra il 2014 e il 2018, viceministro dal 2018 fino alla nomina ad ambasciatore negli Stati Uniti, sopraggiunta nel luglio 2021.

L’Afp ricorda che Qin, originario della città di Tianjin nel nordest della Cina, si era guadagnato la reputazione di “wolf warrior”, espressione che sta a indicare quei diplomatici aggressivi che rispondono veementemente alle prese di posizione occidentali, e che per farlo approfittano di una presenza nei social media occidentali inibita ai comuni cittadini cinesi.

In passato, l’ex ambasciatore ha prospettato una visione della Cina che non ha nulla da imparare dall’Occidente e ha più volte evocato la storia del suo Paese quale vittima delle guerre dell’oppio del XIX secolo.

L’arrivo in America e il cambiamento di pelle

Ma come si desume dalla più recente time line del suo profilo Twitter, in corrispondenza con la sua nomina ad ambasciatore degli Usa, Qin ha sperimentato una metamorfosi e ha assunto i panni del diplomatico moderato e dialogante.

Sbarcando nel luglio del 2021 negli Usa – con cui, evidenzia Reuters facendo riferimento alla sua biografia pubblicata nel sito del ministero degli Esteri, non aveva alcuna precedenza esperienza di rapporti diretti – ha rilasciato immediatamente dichiarazioni dai toni concilianti, nonostante la sua nomina arrivasse in uno dei momenti più bassi nella storia delle relazioni sinoamericane.

“Credo fermamente – erano state le sue prime parole su suolo Usa – che la porta delle relazioni Cina-Usa, che è già aperta, non possa e non debba essere chiusa”.

“La relazione Cina-Usa”, è stata un’altra dichiarazione precoce, “è giunta a una nuova svolta critica, affrontando non solo molte difficoltà e sfide, ma anche grandi opportunità e potenziale”.

L’articolo su National Interest

Il 26 dicembre scorso la prestigiosa rivista americana di politica internazionale di orientamento conservatore National Interest ha ospitato un breve intervento di Qin da cui si può desumere la sua singolare visione del mondo che appare, almeno adesso, molto lontana da quella dei suoi più combattivi colleghi ma pur sempre informata dalla peculiare prospettiva cinese.

Qin anzitutto rigetta l’idea di uno scontro tra “democrazie contro autoritarismo”, tema caro al capo della Casa Bianca. “Come il presidente Xi Jinping ha sottolineato nel suo incontro col presidente Joe Biden (al G20 di Bali dello scorso novembre)”, scriveva il non ancora nominato ministro, “il mondo è abbastanza grande perché i due Paesi possano svilupparsi e prosperare insieme”.

“Le relazioni Cina-Usa”, proseguiva Qin, ”non dovrebbero essere un gioco a somma zero in cui una parte prevale sull’altra o prospera a spese dell’altra. Cina e Stati Uniti ora condividono più interessi comuni, non di meno”.

Nello stesso articolo trovano spazio poi significative dichiarazioni all’Ucraina che hanno solo un parziale riscontro nella posizione ufficiale della Cina sulla guerra. “La Cina è estremamente preoccupata della situazione in Ucraina”, rimarca Qin, con parole che non hanno precedenti nella serie di dichiarazioni e comunicati ufficiali di Pechino degli ultimi dieci mesi. Ciò che sta succedendo nel cuore dell’Europa viene definito “profondamente rattristante” e mette in luce quelle che Qin definisce ”importanti lezioni”.

E qui, al di là di alcuni luoghi comuni e ovvietà (“i conflitti e le guerre non producono alcun vincitore”; “non esiste una soluzione semplice ad un tema complesso”), torna in superficie l’identità comunista dell’autore, che si ritrova a riproporre la versione più volte ripetuta da Pechino sulla necessità di evitare “di fondare la propria sicurezza sulle altrui insicurezze”, frase in codice per dire che il conflitto è colpa della Nato che ha abbaiato alle porte della Russia.

“È necessario stabilire una cornice di sicurezza europea che sia equilibrata, efficace e sostenibile” afferma Qin riecheggiando il pensiero di quell’Emmanuel Macron che ha più volte ricordato come sia indispensabile, nel quadro di ipotetiche future trattative di pace, tenere in debito conto le preoccupazioni di Mosca.

Un lupo travestito da agnello?

È sicuramente una buona notizia per gli Usa e per il mondo che il nuovo ministro degli Esteri cinese si presenti al pubblico porgendo un ramoscello d’ulivo. Questa ventata di nuovo porterà sicuramente benefici ad una relazione bilaterale caratterizzata negli ultimi anni da crescenti tensioni e incomprensioni.

Andrà comunque tenuto presente che sotto la superficie dell’agnellino che tende la mano si cela uno dei diplomatici che per tutta la carriera ha difeso strenuamente e ad alta voce le ragioni della Cina comunista.

Inoltre, come ha dichiarato a Reuters Bonnie Glaser, esperta di Cina del German Marshall Fund of the United States, il nuovo ministro sembra presentarsi col profilo “non di un formulatore, ma di un implementatore della politica estera cinese” a evidenziare che Qin, come scrive l’agenzia di stampa britannica, “molto probabilmente prenderà spunto dai suoi superiori e in particolare da Xi Jinping”.

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