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Tunisia

Putin, Zelensky e le putinate di Berlusconi

Con l'avallo delle tesi di Putin da parte di Berlusconi sull'aggressione all'Ucraina, l'Italia rischia di essere un anello debole dell'Occidente. L'analisi di Gianfranco Polillo

 

Tutto il rispetto per il Presidente Berlusconi. Ma il tentativo posto in essere per “contestualizzare” il suo precedente intervento, nettamente a favore di Vladimir Putin, non ha convinto. I fatti: riunione dei deputati, presso la Camera. Invito a non divulgare quanto starà per dire. Discorso spesso interrotto dagli applausi, segno evidente di una forte condivisione, specie nei punti più controversi. L’attacco contro Zelensky. Una manina che registra tutto. Il giorno dopo: la diffusione attraverso LaPresse. Ed infine il deflagrare nel mondo dell’informazione.

La spiegazione della guerra in terra d’Ucraina é quella più volte diffusa dal Cremlino. Berlusconi, almeno nella registrazione che é stata diffusa, non accenna ai fatti di Piazza Majdan: le grandi manifestazioni che portarono alle dimissioni e successiva fuga del Presidente filo russo Janukovyč. La sua narrazione inizia dal fallimento degli accordi di Minsk (la capitale della Bielorussa). Allora si cercò di regolare i rapporti tra i militanti filo occidentali e quelli filo russi, nei due oblast di Donetsk e Lugansk.

Non funzionarono ed il risultato fu lo sviluppo di una guerra civile destinata, alla fine, a produrre migliaia di morti, da entrambe le parti. Fu allora – secondo il doppio pensiero Putin/Berlusconi – che una delegazione della fazione filo russa si rivolse al nuovo Zar, sollecitandone l’intervento, come pacificatore. Vari tentennamenti di quest’ultimo, alla fine costretto a non rimanere indifferente di fronte al grido di dolore dei propri fratelli. E muoversi per ripristinare una sovranità violata. Doveva essere una guerra “piccina picciò”, come cantava Francesco De Gregori (Gesù bambino) ed invece quel maledetto di Zelensky, decidendo di resistere, ha complicato ogni cosa.

Colpito dal clamore che quell’interpretazione aveva sollevato, Berlusconi, nella telefonata con Enrico Mentana, si lamentava del fatto che quelle parole erano state decontestualizzate. Nella moderna geopolitica, la sua spiegazione, il problema é evitare una possibile saldatura tra la Russia e la Cina. Intelligenza vorrebbe che Putin fosse spinto a non rompere con l’Europa. Per questo era necessario operare. Posizione condivisibile solo in astratto. La verità è che Putin ha già deciso da che parte stare. Lo dimostra l’annessione alla Russia non solo del Donbass, ma dei due ulteriori oblast di Kherson e Zaporizhzhia. Che con il Trattato di Minsk non avevano alcuna relazione. Quindi altro che pacificazione, ma pura volontà di conquista.

L’argomentare di Berlusconi non poteva cadere nel silenzio. Immediate le reazioni di tutto lo schieramento parlamentare, con le varie componenti dell’opposizione in brodo di giuggiole. Imbarazzo nella maggioranza parlamentare ed all’interno di Forza Italia. Con Tajani, ministro degli Esteri in pectore, costretto a smarcarsi. Due tweet a distanza di pochi minuti. Nel primo in difesa del popolo ucraino, sulla falsariga di quanto detto, poco prima, da Gianbattista Fazzolari, il braccio destro di Giorgia Meloni. Gli ucraini: “Eroi che non si arrendono di fronte all’orrore della guerra. Le loro gesta a difesa della democrazia e della libertà saranno per sempre scritte nella storia.“ Meritato, quindi, il riconoscimento tributato loro dal Parlamento europeo, con l’assegnazione del Premio Sacharov 2022.

Il secondo per comunicare che l’indomani si sarebbe recato al summit del PPE per ribadire la posizione filo-atlantista ed europeista di Forza Italia (di quale?), in difesa dell’Ucraina e di condanna dell’invasione russa. Parole nette, che hanno ricevuto il plauso di esponenti stessi di Fratelli d’Italia. Meno convincenti, invece, i tentativi di Giorgio Mulé, nel salotto buono di Bruno Vespa, di minimizzare. Berlusconi, a suo dire, riferiva il pensiero dei russi, senza necessariamente condividerlo. Purtroppo l’audio testimoniava ben altro. Ancora più imbarazzante la tesi di Licia Ronzulli: dura condanna di colui che aveva registrato e poi consegnato a LaPresse il discorso incriminato. Una frattura evidente, che attraversa la pattuglia parlamentare di Forza Italia.

Non poteva mancare, infine, la reazione di Giorgia Meloni e del suo più stretto entourage. Che si é manifestata in due prese di posizioni. La prima, dal punto di vista temporale, a firma di Giovanbattista Fazzolari, come indicato in precedenza. La seconda, ben più dura, della stessa Meloni. “Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. – ha ribadito – Intendo guidare un Governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del Governo, a costo di non fare il Governo”.

In tarda serata, infine, la difesa di Silvio Berlusconi. Un mix delle posizioni espresse da Mulé e dalla Ronzulli. Mi hanno volutamente frainteso e sono da troppo tempo oggetto di un “dossieraggio” (foto e registrazioni rubate) indegne di un Paese civile: questo il senso della replica, dopo le inevitabili dichiarazioni di fedeltà atlantica ed europea. Resta tuttavia il problema di come egli stesso abbia potuto dare credito a a pseudo giustificazioni, scritte in cirillico, che la propaganda russa, con un successo evidente, ha saputo incuneare nell’establishment italiano e non solo. Creando, a volte, semplice “disinformazia”, altre, ambiguità, come nel caso di molti pacifisti immaginari.

Nel caso di Berlusconi, comunque, alcuni hanno ritenuto di risolvere il problema buttandola in psicologia: la grande amicizia passata con il leader del Cremlino e recentemente rinnovata, con le 20 bottiglie di vodka, in occasione del suo ultimo compleanno. Altri ricordano invece la sua grande abilità di venditore. Pronto a cogliere quindi quel senso di stanchezza che, a proposito della guerra, circola nell’opinione pubblica italiana. E che forse, con i primi freddi, é destinato a crescere. Altri ancora, nella voglia irrefrenabile di riprendersi la scena, non tollerando di essere superato da quelle che considera proprie creature. Per altro poco riconoscenti.

Sarà certamente così. Sennonché simili interpretazioni possono giustificare un singolo episodio. L’impulso irrefrenabile, prima di una quiete ritrovata. Ma qui siamo in un susseguirsi di eventi. Una vera e propria guerra che rischia di terremotare il primo governo politico (dopo tanto tempo) eletto dal popolo, senza passare per le alchimie parlamentari. E per giunta un Governo di centro-destra. C’é quindi qualcosa che non torna, considerata la posta in gioco.

Troppo presto per dirlo, ma la sensazione é quella di una forte pressione internazionale, che si é, da tempo, concentrata sui punti più sensibili dello schieramento politico italiano. C’é una frase nel comunicato di Giorgia Meloni che lascia pensare: “L’Italia con noi al Governo – è detto – non sarà mai l’anello debole dell’Occidente, la Nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori.” L’Italia, in altre parole, non tornerà ad essere terra di frontiera, aperta alle scorrerie delle grandi potenze straniere. Un elemento che sembrava acquisito, con il Governo Draghi. Ma che, oggi, qualcuno o più di uno (il silenzio della Lega sull’intera vicenda) vorrebbe neutralizzare.

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