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Prodi Berlusconi

Prodi o Berlusconi dopo Mattarella? Siete proprio sicuri?

II corsivo di Teo Dalavecuras

 

Enrico Letta ha detto che parlare di Quirinale con due mesi di anticipo ”è una scelta assolutamente sbagliata: penso sia saggio concentrarsi sulle cose da fare oggi. Di Quirinale si parlerà a gennaio”.

Se questa – che all’orecchio dell’uomo della strada suona come un’ovvietà – ha fatto i titoli di prima pagina, è stata accolta con entusiasmo dagli altri capi-partito ed è stata interpretata dal sottile e esperto Paolo Mieli come indizio di un accordo in itinere se non già concluso tra i summenzionati capi-partito sul nome del prossimo presidente della Repubblica, vuol dire che la lunga coda di veri o presunti candidati al Quirinale sarà presto destinata a accorciarsi.

Ma il battage mediatico su questo argomento non accenna a quietarsi, visto che al già lungo elenco di potenziali aspiranti si aggiungono quotidianamente nomi nuovi, ultime o penultime – ho perso il conto – quelli di Paola Severino e Rosy Bindi che, secondo prassi, si sono affrettate a smentire. Per quanto risulta, invece, non hanno inequivocamente smentito né Silvio Berlusconi né Romano Prodi, che non si può dire trascurino la loro visibilità di questi tempi (se mai lo hanno fatto).

Se posso permettermi di esprimere un’opinione da profano di cose della politique politicienne e a maggior ragione di affari quirinalizi, l’elezione di uno dei due storici rivali della stagione “bipolare” (con molte virgolette) della politica italiana darebbe un brutto colpo all’istituzione sinora sopravvissuta, a torto o a ragione, al discredito che, negli ultimi anni, non ha risparmiato nemmeno luoghi metaforicamente sacri come la Banca d’Italia, o letteralmente come il Soglio di Pietro.

Lo dico senza nessun riferimento né alla storia né alle qualità personali di Berlusconi o di Prodi, di cui da decenni seguo le gesta e nei cui confronti nutro sincera ammirazione anche se non ne ho quasi mai condiviso – da elettore – le scelte politiche. Probabilmente, per le loro qualità personali stanno ben al di sopra di altri veri o presunti aspiranti al “soglio” quirinalizio.

Il fatto è che sia Prodi, sia Berlusconi, non sono mai riusciti a nascondere l’amorevole rancore con cui conservano il ricordo di alcune loro cruciali sconfitte, quella di Prodi per mano dei 100 franchi tiratori (ma Prodi puntualizza: “erano almeno 120”) che sette anni fa gli hanno sbarrato la strada verso il Quirinale, quella di Berlusconi per mano di un ordine giudiziario che aveva scelto di sfidare frontalmente.

Qualsiasi motivazione può giustificare l’ambizione di salire al vertice della piramide istituzionale italiana, il sogno di diventare, “da grande”, presidente della Repubblica, salvo – a mio umile parere – una: lo spirito di rivalsa. Perché degraderebbe l’istituzione.

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