Enrico Letta, dopo il nuovo diniego del presidente Sergio Mattarella che, citando Giovanni Leone, ha allontanato l’ipotesi di un bis, caldeggiato, invece, da esponenti del Pd, cerca di uscire dalle difficoltà lanciando, con un’intervista a La Stampa ieri, la proposta di un patto dei partiti sulla manovra di Bilancio.
Proposta valida anche per le elezioni quirinalizie? Il segretario del Pd si limita a ribadire che di Quirinale si parlerà solo a gennaio. Ma, per fare un paragone musicale, come può uno scoglio arginare il mare? Ovvero, il mare di un toto-nomi che ormai impazza nelle discussioni in Transatlantico tra quelli che sono proprio i grandi elettori?
Il centrodestra di governo (Lega e Forza Italia con Antonio Tajani) dicono sì, ma lo dicono al confronto sulla Manovra. Matteo Salvini rivendica di essere stato il primo a proporlo. E significativamente rievoca lo smacco per il Pd sul ddl Zan. Salvini si limita a dire che sulla legge di Bilancio è meglio, appunto, non andare “al muro contro muro”, come accadde al Pd sullo Zan.
A dispetto di chi lo descrive sui giornali mainstream “ormai ai margini”, il leader leghista in questo fine settimana fa due mosse che rilanciano il suo profilo di governo. Intanto, in collegamento con una convention a Palermo, ricorda che grazie alla Lega sono stati ottenuti risultati come il mantenimento per le pensioni di opzione donna e della flat tax per partite Iva a 65.000 euro.
Per la Manovra rilancia, al tempo stesso, il profilo di lotta a partire da quella sul reddito di cittadinanza, per una netta rimodulazione a partire dai fondi, ma afferma anche che “nei nostri destini dal prossimo anno c’è un governo di centrodestra a guida Lega”.
Cosa che ha subito scatenato una ridda di ipotesi e scenari vari sul fatto che Salvini voglia elezioni anticipate. Cosa che non ha mai negato, del resto, anche se realisticamente ha spesso ricordato che sono proprio i parlamentari a non volere il voto prima del 2023. Ma, comunque sia,”dal prossimo anno” può anche significare la preparazione alla campagna elettorale.
L’altra mossa fatta da Salvini è la sua significativa presenza ieri in piazza S.Pietro, con la fidanzata Francesca Verdini, alla preghiera dell’Angelus di Papa Francesco, nel giorno dedicato ai poveri. Una presenza, che sarà oggetto delle solite derisioni liquidatorie da sinistra, ma che segue la visita dello stesso Salvini nel settembre scorso in Vaticano da Monsignor Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” della Santa Sede e autore della nota lettera in cui si chiedevano forti correzioni al ddl Zan.
Intanto, sul piano dei rapporti interni al centrodestra c’è da registrare che sempre ieri, e sempre collegato con la Sicilia per una convention, in questo caso di Forza Italia, anche Silvio Berlusconi ha parlato di un centrodestra che alle Politiche del 2023 deve tornare a vincere, confermando chiaramente la formula del bipolarismo. Anche se, naturalmente dal suo punto di vista, Berlusconi ha parlato di “un centro forte alleato con la destra democratica”, rivendicando quindi il ruolo da baricentro di FI, come forza “liberale, cristiana, europeista”.
Ma, a dispetto di primi frettolosi titoli online, il Cav non ha parlato di un Draghi bis al governo. Ha detto, invece, che deve proseguire l’opera di ricostruzione iniziata dall’esecutivo di emergenza nazionale. Quanto al premier, Berlusconi ha ribadito che per questo lo vede bene al suo posto fino al 2023. Quindi, non al Colle. Una lettura semplicistica direbbe che lì invece Berlusconi intende andare lui. Ma non ha avanzato alcuna autocandidatura, finora.
Certamente, il quattro volte premier, l’ uomo per il quale da sempre niente è impossibile, il sogno legittimamente lo coltiva, perché, come dice chi lo conosce bene, sarebbe la riappacificazione nazionale, “l’attuazione del discorso di Onna”.
Ma il punto è che Berlusconi, come è sua indole, intende comunque contare molto a un “tavolo di gioco” stavolta molto difficile perché non ci sono king maker, ovvero, nessuno ha i numeri per la Corsa al Colle.
Fioriscono scenari e nomi, ma per il Quirinale, dove il centrodestra unito potrebbe giocare la sua partita dalla quarta votazione, restano oggettivamente più in ballo finora due nomi: Draghi e proprio Berlusconi (che volle il primo alla Bce). O chi lo stesso Berlusconi e il centrodestra unito potrebbero indicare.
Il Mattarella bis, che potrebbe essere invocato ancora dalla sinistra se la situazione si dovesse avvitare, nonostante i ripetuti, netti dinieghi del Capo dello Stato, appare al momento un’ ipotesi più lontana.
Giorgia Meloni, presidente di FdI, si limita a dire che serve “un presidente che rispetti le regole, a partire dalle elezioni”. Più esplicito il numero due azzurro, coordinatore nazionale di FI, Tajani: “Il centrodestra presenterà una candidatura unitaria e Silvio Berlusconi ha tutti i titoli”.