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Usa Italia

Perché Washington tifa Roma

L’analisi di Alessandro Fugnoli, strategist del fondo Kairos, sui rapporti fra Stati Uniti e Italia anche alla luce della nuova maggioranza governativa e del nuovo esecutivo presieduto da Giuseppe Conte Dice il globalista che i mercati e l’Europa ci stanno spiegando che così non va bene e che dobbiamo metterci in riga. Bisogna ascoltarli perché…

Dice il globalista che i mercati e l’Europa ci stanno spiegando che così non va bene e che dobbiamo metterci in riga. Bisogna ascoltarli perché hanno ragione nel merito e perché ci finanziano. Dice il sovranista che i mercati e l’Europa si sono impadroniti dell’Italia, prendendosi molto di più di quello che eravamo disposti a concedere. Dobbiamo fare il contrario di quello che ci chiedono perché gli interessi del dominante sono di segno opposto rispetto a quelli del dominato.

Tanto il globalista quanto il sovranista ipostatizzano i mercati, l’Europa e i poteri forti o fortissimi. Danno cioè loro un volto unico e un’identità definita. Per i globalisti questo volto è severo ma giusto, per i sovranisti è invece rapace e distruttivo. Il dibattito tra globalisti e sovranisti è circoscritto all’Occidente. La Cina, il Giappone, la Russia o l’India sono ombre sullo sfondo, poteri astrattamente forti che non si rapportano politicamente o emotivamente a noi. Se comprano o vendono Btp lo fanno solo per diversificare o guadagnare e non hanno nessuna intenzione di ammonirci, aiutarci, punirci o dominarci. In questo senso coincidono con il mercato nella sua forma più pura e astratta.

In Occidente invece, in casa nostra, i soggetti esterni che influenzano il corso dei Btp in questo momento sono una pluralità che ha interessi talvolta divergenti. Non c’è un unico immenso Moloch con le idee chiare, ma un certo numero di Moloch grandi, medi e piccoli. E i Moloch si dividono in politici, finanziari e intermedi. La politica, innanzitutto, cominciando da Washington. C’è qualcuno che tifa per la dissoluzione dell’euro o, per incominciare, per l’uscita dell’Italia? C’è Steve Bannon, l’anima in pena del trumpismo antemarcia che insieme a Farage agisce su un piano esclusivamente ideologico, e poco altro. Il trumpismo reale, quello della Sala Ovale, del Tesoro e del Dipartimento di Stato, vuole un’Italia che non dia problemi e che non viva sull’orlo della guerra civile, perché questo potrebbe portare a radicalizzazioni antisistema che rischierebbero di scivolare nell’anticapitalismo, nell’antiamericanismo, nel putinismo, nello chavismo. Per questo l’America si è dimostrata più aperta a cooptare gli uomini nuovi della politica italiana di quanto abbia fatto l’Europa.

In generale, Washington vede l’euro come uno strumento utile per tenere insieme l’Europa, un continente che, se balcanizzato, finirebbe spartito tra America Russia e Cina in modo disordinato e conflittuale (con il rischio grave di una saldatura russo-tedesca). Un’Europa che si tiene insieme, invece, continuerebbe a gravitare intorno all’America sulle questioni di fondo.

E poi non c’è solo la strategia, ma anche la contingenza. Un’Italia in crisi finanziaria nei prossimi mesi, decisivi per tentare di mantenere a novembre il controllo repubblicano sul Congresso, farebbe scendere anche Wall Street e rafforzerebbe troppo il dollaro in un momento in cui si vorrebbe proprio il contrario. Si può quindi concludere che, al di là di qualche tiepida apertura ideologica verso il populismo italiano, l’America trumpiana, in nome della Realpolitik, si adopererà per un governo che abbia una legittimazione popolare reale e che sia però sufficientemente addomesticato da non mettere in discussione l’euro.

(estratto della newsletter Il Rosso & Il Nero)

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