Per Pechino è una “mossa da guerra fredda”, per la Francia “una pugnalata alle spalle”. Così è stata accolta, per diversi motivi, l’annuncio di “Aukus”, l’acronimo della (nuova?) alleanza tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia che doterà Canberra di sottomarini nucleari.
E’ il gande gioco del Pacifico che prende sempre più forma. Si tratta di un importante patto strategico che legherà gli Stati Uniti e la Gran Bretagna alla sicurezza dell’Australia per il futuro. Ma anche di un chiaro avvertimento alla Cina. Tanto più che l’alleanza viene annunciata subito dopo l’incontro di Joe Biden con i leader del Quad: il quadrilatero delle democrazie indo-pacifiche, formato da Giappone, India e appunto Stati Uniti e Australia è definito in questo momento dagli americani un vero “cordone di contenimento” nei confronti dell’espansione cinese nell’area che abbraccia l’Oceano Pacifico, il Mar della Cina e il Pacifico Occidentale. Non è neppure un caso che la notizia si è venuta dopo il disastroso ritiro americano dall’Afghanistan quando gli Usa, per rassicurare glia alleati, schierarono due cannoniere nelle acque davanti a Taiwan, da sempre nel mirino di Pechino.
Anche la forma è sostanza e in questo caso più che mai. L’annuncio infatti è arrivato mercoledì nel tardo pomeriggio americano in diretta tv, con il premier australiano Scott Morrison e quello inglese Boris Johnson collegati con Biden alla Casa Bianca attraverso grandi schermi. Il patto segna un passo aggressivo e decisamente importante nei confronti della Cina. Gli Stati Uniti, finora, hanno infatti condiviso la tecnologia della propulsione nucleare con un solo paese, la Gran Bretagna. attraverso un accordo del 1958, che, come scrive il sito d’informazione Axios, è “considerato pietra angolare della relazione speciale tra le due nazioni”. Ora, annunciano i leader, la nuova alleanza a tre stabilirà nuovi canali di condivisione delle informazioni. Insieme a sforzi congiunti per sviluppare tecnologie avanzate, anche in settori come sicurezza informatica, intelligenza artificiale, informatica quantistica e, appunto, capacità sottomarine. Un patto a tutto campo insomma.
Gli esperti dei tre stati, ha spiegato Morrison, collaboreranno nei prossimi 18 mesi per identificare il modo migliore per permettere all’Australia di realizzare i suoi sottomarini nucleari. Canberra ci aveva d’altronde già provato, tramite un travagliato accordo da 66 miliardi di dollari con la Francia e la Naval Group, che ora verrà abbandonato. La marina militare francese ha espresso “grande delusione” per la scelta del governo australiano di siglare il patto con Usa e Regno Unito. Per il governo transalpino si tratta di una “scelta deplorevole” che, dice il ministero della Difesa in una nota, “non fa che rafforzare la necessità di sollevare forte e chiaro la questione dell’autonomia strategica europea”.
Il ministro degli esteri farnecse Jean-Yves Le Drian, si è spinto ancora più in là e ha definito l’intesa della Triplice “un’autentica pugnalata nella schiena”. Tra l’altro, secondo il quotidiano le Monde, la Francia non era neppure stata avvertita ufficialmente ma soltanto attraverso i rapporti dell’intelligence e gli articoli. Non si tratta di un dettaglio da poco e non riguarda soltanto Parigi che ha perso una commessa navale gigantesca. La lezione è che, dopo il ritiro dall’Afghanistan che sarà seguito da quello in Iraq, gli europei non si possono aspettare dagli Usa alcun trattamento privilegiato o di riguardo: in poche parole l’amministrazione Biden tiene in conto gli europei allo stesso mondo di Trump, soltanto che indora la pillola.
Biden le parole dolci le riserva ad altri. “I nostri governi e i nostri coraggiosi eserciti sono stati fianco a fianco per letteralmente oltre 100 anni. Nelle trincea nella prima guerra mondiale, saltando da un’isola all’altra nella Seconda guerra mondiale, durante i gelidi inverni della Corea e il caldo torrido nel Golfo Persico”, ha detto enfatico Biden parlando dopo gli altri due leader. “Oggi compiamo un altro passo storico per approfondire e formalizzare la cooperazione tra le tre nazioni. Perché tutti riconosciamo la necessità imperativa di garantire la pace e la stabilità nell’Indo-Pacifico a lungo termine”. Per poi concludere: “Dobbiamo essere in grado di affrontare sia l’attuale situazione strategica nella regione, sia il modo in cui potrebbe evolversi. Il futuro di ciascuna delle nostre nazioni, e del mondo intero, dipende da un Indo-Pacifico libero e aperto, duraturo e fiorente per i decenni a venire”.
La mossa ha sollevato ovviamente l’irritazione della Cina, che attraverso l’ambasciatore negli Stati Uniti, Liu Pengyu, ha invitato Usa, Regno Unito e Australia a “scrollarsi di dosso la loro mentalità da Guerra Fredda e il pregiudizio ideologico”. I tre Paesi, ha dichiarato il diplomatico, “non dovrebbero costruire blocchi che prendono di mira o danneggiano gli interessi di terze parti”. Ma i cinesi si aspettano questo e altro nel gran gioco del Pacifico.