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Perché Trump ordina “Buy American first” per i farmaci

Come ha spiegato lo stesso Trump, l’ordine “richiede alle agenzie governative americane di acquistare tutte le medicine essenziali di cui abbiamo bisogno da fonti americane”. L'articolo di Marco Orioles

Donald Trump ieri ha firmato un ordine esecutivo dal nome emblematico “Buy American first” che istruisce le agenzie federali ad acquistare prioritariamente negli Usa certi farmaci essenziali.

COSA DICE L’ORDINE ESECUTIVO

L’ordine dà mandato alla Food and Drug Administration di produrre una lista di “medicine essenziali, rimedi medici e prodotti critici” da acquistare negli Usa.

Come ha spiegato lo stesso Trump, l’ordine “richiede alle agenzie governative americane di acquistare tutte le medicine essenziali di cui abbiamo bisogno da fonti americane”.

L’ordine tuttavia non si ferma qui perché, come ha chiarito lo stesso presidente, provvederà a “spazzare via tutte le barriere regolatorie non necessarie per la produzione farmaceutica interna e per supportare processi manifatturieri complessi così da tenere il prezzo delle medicine basso e permettere alle aziende americane di competere sulla scena mondiale”.

L’IDEOLOGO

Ad ispirare l’ultima mossa del tycoon è stato il suo consigliere economico Peter Navarro. È lui infatti che sostiene da tempo che paesi come Cina e India godono di un “ingiusto vantaggio competitivo a causa dell’assenza di un ambiente regolatorio”, mentre altre nazioni come l’Irlanda, con la loro tassazione competitiva, provvedono ad “attirare entro i loro confini la produzione farmaceutica”.

Come Navarro ha spiegato recentemente, la conseguenza è che gli Usa sono “pericolosamente iperdipendenti da nazioni straniere per medicine e forniture essenziali… come i respiratori”. ”

TROPPO POCHE LE FABBRICHE CHE PRODUCONO MEDICINALI IN AMERICA

I dati in effetti danno ragione a Navarro, visto che secondo il capo del dipartimento medicine della FDA Janet Woodcock sono basate negli Usa solo il 28% delle fabbriche che producono medicine per il popolo americano.

Questo elemento di fragilità produce i risultati rilevati in un recente studio della Confederazione delle Industrie Indiane e da KPMG, che ha appurato come una pillola generica su tre consumata dagli americani viene prodotto da un’azienda farmaceutica indiana.

LE CRITICHE

Pur approvando cautamente l’ordine, la Camera di Commercio Usa ha invitato a sorvegliare sull’implementazione de provvedimento perché – ha spiegato il suo vicepresidente esecutivo Myron Brilliant – “sarà fondamentale per evitare che i prezzi salgano mentre rafforziamo la sicurezza della nostra catena di produzione”.

Ma è la seconda critica della Camera di Commercio ad essere più insidiosa, perché ricorda che il popolo americano, aggiunge Brilliant, “beneficia del fatto di essere in grado di procurarsi prodotti medici da un ampia varietà di produttori interni ed esterni”. Pertanto, è la conclusione del vicepresidente, “mentre la carenza di un limitato numero di prodotti è un problema che va affrontato, ci vogliono soluzioni diverse per problemi diversi”,

Per il dr. Amesh Adalja, esperto di malattie infettive alla Johns Hopkins University Center for Health Security, la soluzione consiste invece nella realizzazione in America di una “stabile catena di produzione, in modo da avere una certa ridondanza in caso ci siano degli choc” come nel caso del Covid. Anche Adalja ammonisce inoltre sull’aumento del prezzo dei medicinali in caso di eccessivo ricorso a produttori esterni

Assai semplice e cristallina è invece la critica di Jeff Francer, ceo ad interim della Association for Accessible Medicines, lobby dei farmaci generici, per il quale il prezzo dei generici negli Usa è talmente basso che non ha alcun senso cercare alternative produttive esterne, mentre mettere in piedi una produzione interamente made in Usa avrebbe costi esorbitanti.

VACCINI

La giornata di ieri di Trump, non è stata solo segnata dall’ordine esecutivo sui farmaci, ma da nuove rivelazioni sul vaccino anti-Covid.

Il presidente ha infatti affermato che sarà possibile disporre del ritrovato prima delle elezioni presidenziali del prossimo 3 novembre – una previsione sin troppo ottimistica che viene condivisa  solo da una piccola parte del suo staff e praticamente da nessun esponente della comunità scientifica.

Il giorno prima, d’altronde, era stato Anthony Fauci, lo scienziato capo della task force anticoronavirus, a spiegare agli americani che la data tanto attesa non arriverà prima della fine dell’anno.

Ora, inoltre, a mettere il bastone tra le ruote alla gran fretta di Trump ci hanno pensato i suoi rivali democratici introducendo alla Camera una legge che obbliga la FDA a consultarsi con un panel di esperti per assicurarsi che un vaccino non sia stato confezionato troppo in fretta e senza tutti i requisiti di sicurezza.

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