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Biden

Dove va la democrazia americana con Biden

L'articolo di Salvatore Santangelo sull'ultimo volume di Gabriele Natalizia dal titolo "Renderli simili o inoffensivi. L’ordine liberale, gli Stati Uniti e il dilemma della democrazia"

 

Che cosa ci evidenzia l’Inaugural Address di Joe Biden? Secondo Gabriele Natalizia, docente di “International Relations” presso La Sapienza – Università di Roma e coordinatore del Centro studi Geopolitica.info, le parole del presidente democratico ci segnalano almeno 4 macro questioni: 1) L’America è un Paese in crisi; 2) le dinamiche interne — per questa nuova amministrazione — sono prioritarie; 3) c’è la chiara volontà di recuperare alleati per affrontare le nuove sfide che si stagliano all’orizzonte (quindi approccio multilaterale); 4) dovrebbe essere confermata la strategia del retrenchment.

Quindi poca politica estera nel discorso del neo presidente: per la prima volta il “problema” della democrazia è interno e non esterno.

Il passaggio più importante (e di non chiara interpretazione): “Guideremo non solo con l’esempio del nostro potere, ma con il potere del nostro esempio”.

Questa fotografia ci porta ad altri interrogativi: qual è il rapporto tra la crisi dell’ordine liberale e l’arretramento della democrazia nel mondo? Domande che — a causa della torsione strategica avvenuta nella politica estera americana dell’ultimo decennio, alla contemporanea ascesa internazionale di una potenza autoritaria come la Repubblica Popolare Cinese e al tentativo revisionista impostato da Putin — sono quanto mai attuali.

Proprio Natalizia prova a dare una risposta a questi nuovi scenari e lo fa nel suo ultimo volume: “Renderli simili o inoffensivi. L’ordine liberale, gli Stati Uniti e il dilemma della democrazia” (Carocci).

Partendo da una riflessione teorica sull’influenza degli ordini esterni su quelli interni degli Stati, il libro investiga le cause che inducono una potenza egemone a oscillare tra due politiche alternative ma entrambe rivolte alla preservazione dello status quo internazionale.

La prima — di medio-lungo termine — punta a rendere gli Stati secondari “simili”, ovvero a far adottare loro un regime modellato a immagine e somiglianza di quello dell’egemone. La seconda — di breve termine — punta a renderli “inoffensivi”, ovvero meramente allineati con l’egemone o quanto meno neutrali rispetto ai suoi interessi strategici.

L’indagine empirica affronta così in chiave comparata la risposta che gli Stati Uniti hanno offerto al “dilemma della democrazia” dal 1945 ai giorni nostri, spiegandola attraverso la presenza — o meno — di minacce esistenziali contro l’ordine liberale.

Un libro quanto mai attuale.

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