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Centrodestra

Perché nel Pd delle primarie manca il popolo di sinistra

Anche l'ex popolo della sinistra, con le sue istanze economiche e sociali, è finito da tempo nel centrodestra, nella destra delle periferie, lontane dalle Ztl dei centri storici, insieme con il cosiddetto centro di una classe media tassata e impoverita. La nota di Paola Sacchi

 

La differenza appare più che nel merito delle proposte, nel metodo, nella postura. Più dettata dalla realpolitik, che lontanamente evoca un po’ “Ceto medio e Emilia rossa” di togliattiana memoria, quella di Stefano Bonaccini; più di stampo movimentista, all’inseguimento dei Cinque Stelle, quella di Elly Schlein.

Dentro il Pd, con i due sfidanti alla prova delle primarie di domani, parte importante degli esponenti del vecchio stato maggiore, da Dario Franceschini a Andrea Orlando a Nicola Zingaretti, vede in Schlein come una sorta di ultima trincea per impedire l’Opa di Giuseppe Conte. Ma resta una vecchia e spietata regola per cui in politica quasi sempre vince l’originale. Con il governatore emiliano, ex renziano, invece, per i sostenitori della ex vice di Bonaccini si lascerebbe troppo spazio sul fianco più di sinistra del Pd.

Resta il fatto che i dem sembrano stretti, per un verso o per l’altro, in una sorta di imbuto che non li porta a far centro. Nel senso di coprire quell’area di ceto medio, attratta da politiche riformiste, di sviluppo, che da decenni ormai, insieme agli strati più poveri che lambiscono sempre di più la stessa classe media, è nel centrodestra. Oppure si è rifugiata nell’astensionismo ed è rimasta indifferente anche al “Terzo polo”, come le ultime elezioni di Lombardia e Lazio dimostrano.

Anche l’offerta di Bonaccini, per quanto non si limiti a parlare solo di operai ma anche di imprese che “premino il lavoro”, si mostra asfittica sul versante centro. C’è – a differenza della contendente, che mette l’accento soprattutto sui diritti civili pur parlando anche lei di lavoro – da parte di Bonaccini più realpolitik verso la maggioranza di governo di centrodestra.

Per l’interesse degli italiani se si è d’accordo su alcune cose l’opposizione potrebbe trovare un’intesa con la maggioranza, dice il governatore emiliano. Bonaccini sembra pure tentare di fare qualche passo avanti rispetto a quell’atteggiamento elitario, da “superiorità morale”, che ha sconnesso la sinistra dalla realtà, dicendo stop alla “puzza sotto il naso” e a vittorie “solo nei salotti radical chic”.

Ma complessivamente dalla gara delle primarie deriva l’immagine di un Pd che gioca in difensiva e stenta a trovare l’appeal di una proposta alternativa. Un Pd che non ha riflettuto bene sugli errori messi come la polvere sotto il tappeto in più di dieci anni al governo, senza aver vinto le elezioni.

Arrivando al paradosso che anche l’ex popolo della sinistra, con le sue istanze economiche e sociali, è finito da tempo nel centrodestra, nella destra delle periferie, lontane dalle Ztl dei centri storici, insieme con il cosiddetto centro di una classe media tassata e impoverita.

Ma questo è un processo che dura ormai da molto tempo. Il centrosinistra tranne due vittorie alle elezioni e con governi di non lunga durata pensava di aver risolto il problema con giochi di Palazzo e la soluzione dei governi tecnici. Che però non poteva essere eterna.

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