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Francia Russia

Perché Macron barcolla in vista delle presidenziali 2022

Che cosa sta succedendo a Macron? L'analisi del saggista Alberto Toscano, esperto di Francia, per Affari Internazionali

Osservando i risultati elettorali, domenica sera alla tv, i francesi hanno constatato il legame tra queste regionali e le future presidenziali. Le 20, con l’annuncio dei risultati, erano passate solo da un paio di minuti e già il presidente uscente-entrante della regione Hauts-de-France, Xavier Bertrand, si precipitava davanti alle telecamere per commentare il proprio successo con un discorso basato più sulla politica nazionale che su quella locale. Archiviato il voto delle ultime due domeniche, col rinnovo delle amministrazioni di regioni e dipartimenti, la Francia è ormai nell’atmosfera delle elezioni che più contano agli occhi dei suoi abitanti: le presidenziali del prossimo aprile. Anche lo scarsissimo indice di partecipazione a quest’ultima consultazione (solo un avente diritto su tre) dimostra che tutto ruota attorno alle presidenziali.

Dalle urne regionali emergono però considerazioni importanti. Il sistema elettorale a due turni è chiaramente rimodulato sulla base del “fattore Rn“. Tutto cambia a seconda del fatto che l’estrema destra del Rassemblement national (Rn) riesca o no a portare il proprio candidato al secondo turno di un’elezione importante. Se ciò accade, il sistema elettorale diventa di fatto a un solo turno, dato che l’altro candidato si trova in tasca la quasi certezza del successo. I risultati regionali dimostrano che – nelle consultazioni di maggiore rilievo politico – una «regola non scritta» (un «soffitto di cristallo») impedisce all’estrema destra francese di assumere il potere perché gli altri la isolano e si coalizzano contro di lei. Ciò accade anche quando  (com’è stato il caso nella regione Paca, Provenza-Alpi-Costa Azzurra) il suo candidato – nel caso specifico l’ex ministro gollista dei Trasporti, Thierry Mariani – viene dalla destra classica e ha fatto parte di un governo di centrodestra.

I NUOVI SCENARI

Le presidenziali dell’aprile 2022 saranno di fatto un’elezione a un solo turno nel caso in cui Marine Le Pen riuscisse a qualificarsi per il ballottaggio finale, mentre saranno una vera un’elezione a due turni nell’ipotesi in cui ne resti esclusa. Fino a queste regionali, il Rn veniva generalmente descritto come un partito in ascesa, rafforzato dai movimenti di protesta che agitano la società transalpina in una sorta di moto perpetuo. Adesso Marine Le Pen subisce la più dura sconfitta da quando, dieci anni fa, ha assunto la guida del partito d’estrema destra al posto di suo padre Jean-Marie. Le previsioni circa un «remake 2022» del film andato in onda nel 2017 – con Emmanuel Macron e Marine Le Pen al secondo turno – potrebbero dunque essere costruite sulla sabbia.

Queste regionali hanno dimostrato che i vecchi partiti non sono affatto scomparsi. La “destra storica” dei Républicains (ex Ump) è fortissima sul territorio. Aveva sette regioni e le ha riconquistate tutte in modo più agevole che nel 2015. Se i Républicains non si suicideranno in guerre di corrente, avranno buone chances di portare il loro candidato (o candidata) al ballottaggio per l’Eliseo. I socialisti, che dopo le presidenziali del 2017 sembravano una specie in via d’estinzione, avevano cinque regioni e cinque ne hanno riconquistate. È davvero molto difficile che la sinistra possa portare un proprio candidato (o candidata, visto che si parla della sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo) al ballottaggio presidenziale. Ma, dieci mesi prima di quella scadenza, un’ipotesi del genere va comunque messa in conto.

LE CARTE DEI NEGOLLISTI

Resta da misurare la vera forza di cui il presidente Macron dispone nel Paese. Sul piano locale, il suo partito La République en Marche (Lrem) è una delusione, come queste recenti elezioni hanno dimostrato. Le 13 regioni del territorio europeo della Francia sono andate alla destra, alla sinistra e (nel caso della Corsica) agli autonomisti. I macronisti – che dominano la scena nazionale – avrebbero difficilmente potuto uscire peggio di così da questa tornata elettorale. Oggi il potere di Macron resta comunque solido e la sua popolarità è confortante. La sua credibilità personale peserà moltissimo in un primo turno presidenziale.

Oggi più di un mese fa è plausibile che la sfida finale per l’Eliseo, nella primavera prossima, veda contrapposti il presidente uscente e un candidato della destra tradizionale. Moltissimo dipenderà dalla capacità dei Républicains e della loro area politica (Xavier Bertrand non fa più parte di questo partito) di trovare un solido accordo tra loro in vista delle presidenziali. La loro scelta definitiva sarà in novembre. Non hanno molto tempo per farla.

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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