Mercoledì 14 luglio il primo ministro polacco Jarosław Kaczyński ha confermato che la Polonia ha firmato un contratto con gli Stati Uniti per acquistare 250 carri armati M1A2 Abrams.
Il costo sia per l’acquisto sia per le spese logistiche che per l’addestramento dovrebbe aggirarsi intorno ai sei miliardi di dollari.
Indipendentemente dalle caratteristiche tecniche degli Abrams – alludiamo al cannone da 120 mm, al mirino termico al sistema ottico avanzato -, lo schieramento di questi carri armati dovrebbe collocarsi sulla cosiddetta prima linea di difesa e cioè vicina ai confini di Ucraina, Bielorussia e Lituania non solo in funzione di deterrenza antirussa ma anche per una eventuale – quanto improbabile ed inverosimile allo stato attuale – offensiva terrestre da parte russa. L’unico vantaggio immediato, e cioè su breve e medio termine, sarà quello conseguito dall’industria militare americana.
Al di là della funzione di deterrenza e di difesa che questi carri armati andranno a svolgere, questo acquisto va interpretato secondo due chiavi di lettura: da un lato come ritorsione nei confronti della Germania che ha ormai portato a termine il Nord Stream due con la Russia (la Polonia stava valutando infatti anche di proseguire l’acquisto di altri Leopard 2 di fabbricazione tedesca) e dall’altro lato questo nuovo contratto rafforza indubbiamente la partnership atlantica della Polonia sempre più lontana – alla stessa stregua dell’Ungheria – dai principi giuridici condivisi dall’Unione Europea. E sarebbe bene tenere presente questo punto per non dimenticare come la Nato consideri indispensabile anche la Turchia, lontana dai principi giuridici dell’UE.
A proposito del ruolo della Polonia all’interno della Nato, vanno tenuti presenti alcuni aspetti assolutamente decisivi: la Polonia è stata posta a comando della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF) creata nel 2014 dalla NATO, in risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia; in secondo luogo la Polonia spende circa il 2% del Pil in difesa e anzi, a partire dal 2017, Varsavia ha portato la sua spesa al 2,5%. Infine la Polonia rappresenta un baluardo fondamentale per il fianco orientale della Nato.