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Erdogan Bin Salman

Perché la Turchia è ormai una democratura. L’analisi di Marta Ottaviani

"Con queste elezioni la Turchia si va a collocare nell’insieme delle cosiddette democrature, ossia dittature mascherate che con la democrazia di stampo europeo non hanno più niente a che vedere". Conversazione con Marta Ottaviani, giornalista e saggista esperta di Turchia e Russia.

“Con queste elezioni la Turchia si va a collocare nell’insieme delle cosiddette democrature: con la democrazia di stampo europeo non ha più niente a che vedere”

È questo l’amaro commento che Marta Ottaviani, giornalista e saggista esperta di Turchia e Russia, offre in questa intervista di Start Magazine dedicata alle elezioni presidenziali che la scorsa domenica hanno per la terza volta incoronato a Presidente Recep Tayyip Erdogan, cementandone un potere che appare ormai indistruttibile

Ottaviani, né il devastante terremoto dello scorso febbraio, né le macerie di un’economia allo sbando sono riusciti a convincere il popolo turco a voltare le spalle a Erdogan. Come si spiega?

Né il terremoto né l’economia hanno rappresentato per Erdogan un fattore di rischio, come dimostra il fatto che nelle zone colpite dal terremoto Erdogan è comunque risultato ampiamente vincitore, con percentuali anche superiori al 60%. Quanto all’economia non è stata una motivazione sufficiente per non rinnovare la fiducia al Presidente.

Considerate le mille picconate di Erdogan al sistema democratico e ai diritti umani, dobbiamo dedurne che ai turchi non interessi nulla di queste cose?

Credo che la Turchia sia sempre stata una democrazia ampiamente imperfetta, e che sotto Erdogan abbia assunto ormai le forme di un’autocrazia. Con queste elezioni la Turchia si va a collocare nell’insieme delle cosiddette democrature, ossia dittature mascherate, tipiche di determinati Paesi ad esempio dell’Asia e che con la democrazia di stampo europeo non abbia più niente a che vedere.

Queste sono state elezioni vissute all’insegna del nazionalismo più spinto, presente in tutti i partiti e raggruppamenti. Perché?

Questo nazionalismo molto spinto non deve sorprendere. Quello turco è un popolo nazionalista e conservatore e in questi venti anni di potere Erdogan non ha fatto nient’altro che accentuare questa componente, trascinando anche altre forze politiche su questo stesso piano, un po’ perché incapaci di proporre qualcosa di diverso e un po’ perché il nazionalismo è una parte integrante dell’identità turca.

Pensando ai famosi troll russi, le chiediamo: Putin ha dato un aiutino al suo amico turco?

Il candidato sconfitto Kemal Kılıçdaroğlu ha accusato la Russia di essere intervenuta con la diffusione di video fake. Addirittura c’è chi dice che Erdogan abbia messo in piedi una fabbrica dei troll proprio all’interno del palazzo presidenziale. Va detto però che la Turchia è un Paese che ben si predispone a teorie complottiste e a dietrologie di ogni tipo. Quindi probabilmente chi ha messo in campo queste fake news lo ha fatto perché sapeva che avrebbero attecchito, così come chi ha gridato alla lotta alla disinformazione lo ha fatto perché sa che il popolo turco è particolarmente incline a credere a queste realtà parallele.

Cosa dobbiamo attenderci ora: sono numerosissimi i dossier aperti anche sul fronte Nato e Unione europea. Quali saranno le prossime mosse del presidente?

Io credo che sostanzialmente, almeno per il momento, non cambierà molto né nel modo di condurre la vita politica e quella economica né nei confronti della Nato o dell’Unione europea e degli altri suoi alleati. Siamo di fronte a un Erdogan che ha vinto con un margine che lo tiene sicuro, diciamo che è stato reincoronato dal suo popolo; quindi il Presidente continuerà a comportarsi come ha fatto ieri. Scordiamoci in particolare che scelga di allontanarsi dalla Russia: Erdogan continuerà a giocare su più tavoli con la stessa spregiudicatezza alla quale ci ha abituati da tempo.

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