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Perché la Task Force Usa non piegherà facilmente gli Houthi. Parla Ardemagni (Ispi)

"Dubito che la Task Force avrà un effetto di deterrenza nei confronti degli Houthi e che sarà capace di piegare le loro politiche. Ecco perché". Conversazione di Start Magazine con Eleonora Ardemagni, Senior Associate Research Fellow per il Medio Oriente e il Nord Africa dell’Ispi.

Non domati dalla potente coalizione araba a guida saudita che ha scagliato contro di loro una guerra devastante durata sette anni e risoltasi per ora solo con una tregua, i ribelli Houthi dello Yemen alzano ora il tiro attaccando le navi cargo che transitano per il Mar Rosso col proposito di colpire Israele. Ma chi sono davvero gli Houthi e qual è il legame che intrattengono con quella Teheran di cui sposano ideologia e agenda regionale? Ma soprattutto: riuscirà la Task Force navale a guida Usa, appena dispiegata nell’area insieme anche a una fregata italiana, a contrastare i loro attacchi?

Start Magazine ha rivolto queste domande a un’esperta che conosce come pochi la regione e i suoi attori, e cioè a Eleonora Ardemagni, Senior Associate Research Fellow per il Medio Oriente e il Nord Africa dell’Ispi.

 Che cosa pensa dell’operazione Prosperity Guardian? Sarà in grado di contrastare efficacemente la minaccia degli Houthi?

Dubito che la Task Force avrà un effetto di deterrenza nei confronti degli Houthi e che sarà capace di piegare le loro politiche. Basta una semplice constatazione: nell’area del Mar Rosso Meridionale e dello Stretto di Bab el-Mandeb è attiva dal 2022 un’altra Task Force in una missione a guida Usa cui partecipano molti Paesi e sotto il cui ombrello opererà la nuova missione varata martedì dal Pentagono. Nonostante questa presenza, gli Houthi hanno potuto tranquillamente sferrare la loro offensiva. Non c’è dunque alternativa, secondo me, all’affrontare la questione a monte occupandosi della guerra in Yemen che abbiamo colpevolmente dimenticato.

Una guerra che, nonostante gli sforzi profusi in sette anni dalla coalizione a guida saudita, non è riuscita nell’intento di scacciare gli Houthi da Sana’a, vero?

Proprio così, l’Arabia Saudita non è riuscita a ottenere in Yemen la vittoria che si aspettava e quindi quel conflitto si trascina ormai da otto anni. Nel 2022 è stata raggiunta una tregua tra le parti che tecnicamente non è più operativa essendo scaduta parecchi mesi fa. Malgrado ciò le parti la stanno ancora osservando e infatti il livello di violenza è molto diminuito. Ora, però, l’apertura di un nuovo fronte nel Mar Rosso rimette tutto in discussione.

Qual è dunque il calcolo degli Houthi?

I ribelli stanno scommettendo che l’Arabia Saudita non voglia rispondere interrompendo i negoziati in corso per un cessate il fuoco bilaterale in Yemen e non voglia in particolare rischiare di ritrovarsi di nuovo il proprio territorio colpito da missili e droni come negli anni caldi di quella guerra. Ma la scommessa degli Houthi è anche un’altra e riguarda la loro convinzione che gli Usa non intendano colpirli, aprendo così per loro un altro scenario di crisi, in un delicato anno elettorale.

Pare proprio che ai sauditi a nulla sia servita la normalizzazione delle relazioni con l’Iran sigillata a Pechino all’inizio dell’anno.

L’Arabia Saudita ha scelto in questa fase di privilegiare la via diplomatica, in nome di una politica estera che presta attenzione anzitutto agli interessi economici del Regno. Certo è che il disgelo con Teheran non ha condotto, come sperato, alla riduzione dell’instabilità in Medio Oriente e nemmeno ad una maggiore sicurezza delle rotte commerciali destabilizzate da continui attacchi di matrice iraniana. L’infiammarsi del Mar Rosso è proprio uno di quegli sviluppi che Riad non aveva previsto.

Ma l’Iran è o non è in grado di fermare gli Houthi?

Gli Houthi sono un movimento politico e un gruppo armato alleato di Teheran che fa parte di quella più ampia galassia di movimenti armati filoiraniani. Ma non può essere assolutamente considerato un mero proxy, e sicuramente non è una creazione della Repubblica islamica. La sua autonomia decisionale va tuttavia messa in relazione a obiettivi politici allineati con quelli di Teheran.

Visto anche il deludente risultato della guerra saudita, possiamo considerare lo Yemen ormai saldamente in mano degli Houthi?

Attualmente il Paese è diviso a metà: il Nordovest, inclusa la capitale Sana’a, è sotto il controllo degli Houthi, mentre la restante parte del territorio è sotto il controllo del governo riconosciuto. Ma quest’ultimo di fatto esercita un potere molto limitato su un fronte anti Houthi composto da un insieme molto variegato di gruppi locali che hanno obiettivi e agende molto diversi e che non intendono stare in un ipotetico Yemen unito dentro la compagine dello stesso governo riconosciuto. Si può dunque facilmente prevedere che l’instabilità sarà la cifra di questa regione anche nel prossimo futuro.

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