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Perché la Giustizia non funziona. Parla il professor Cassese

Come riformare la Giustizia? Conversazione con Sabino Cassese, giurista, ex ministro della Funzione pubblica ex giudice della Corte costituzionale

 

“Nel nostro paese non vi è un’autentica separazione dei poteri”. A dirlo è il giurista, ex ministro ed ex giudice della Corte costituzionale, Sabino Cassese. “Il potere legislativo – continua il giudice Cassese – si sta spostando su quello esecutivo, la funzione amministrativa tende ad essere assorbita dall’organo legislativo, la magistratura occupa spazi che sono propri della funzione legislativa e spesso anche di quella amministrativa”. Il tema sul banco è l’ennesimo scontro tra politica e magistratura che sta vivendo il nostro paese.

LO SCONTRO TRA POLITICA E MAGISTRATURA

Da un lato c’è il caso Del Mastro delle Vedove. Il Gip di Roma Emanuela Attura ha chiesto l’imputazione coatta del viceministro della giustizia, sebbene il Gip avesse chiesto l’archiviazione della sua posizione nell’ambito delle indagini per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al caso Cospito, l’anarchico detenuto al 41 bis. Dall’altro c’è il caso Santanché. La ministra del Turismo ha dichiarato di essere stata informata della sua imputazione solo a mezzo stampa. “Se non c’è una vera propria separazione dei poteri, le funzioni dello Stato saranno sempre oggetto di conflitti e quello tra politica e rappresentanza della magistratura è uno di questi”, rimarca il prof. Cassese.

IL BOTTA E RISPOSTA TRA GOVERNO E ANM

“Chi confida nello scontro visto in altre epoche temo rimarrà deluso”, ha detto la Premier Meloni commentando le rimostranze dell’ANM secondo la quale la magistratura sarebbe sotto attacco. “Le vicende Del Mastro e Santanché sono segnali di una situazione di crisi, che va valutata nella sua completezza – spiega il prof. Cassese -. Bisogna quindi partire dai ritardi della giustizia e dall’enorme numero di cause pendenti, rendere la giustizia più sollecita, riportare i magistrati all’esercizio della funzione giurisdizionale, mentre ora sono sparsi nell’esercizio di tutti i poteri dello Stato, assicurare alla giustizia e ai magistrati una vera indipendenza e autonomia, che non vi sarà fino a che vi sono magistrati in tutti gli altri poteri dello Stato e finché il corpo dei magistrati sarà rappresentato da un vertice associativo “militante”.”

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE?

Intanto il Governo, attraverso la voce del ministro Tajani ha ribadito la volontà di proseguire lungo la strada della separazione delle carriere. “Bisognerebbe partire dalla separazione dei poteri per arrivare alla separazione delle carriere – aggiunge il giudice Cassese -. Quest’ultima è un completamento indispensabile della riforma Vassalli”. Però a una parte della magistratura non piace l’idea di avere carriere separate e all’orizzonte potrebbe esserci il rischio di una “reazione” che potrebbe acuire lo scontro tra politica e magistratura, magari attraverso iniziative giudiziarie. “È possibile che alla base dell’opposizione alla separazione delle carriere vi sia semplicemente una reazione “di corpo”, cioè che la carriera unica consente più agevoli e frequenti trasferimenti e promozioni – rassicura il giurista -. Comunque, lo scontro dipende da chi alza la voce e da chi presta megafoni a coloro che alzano la voce”.

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: ABUSO D’UFFICIO E TRAFFICO D’INFLUENZE

Tra le altre norme che, secondo il piano del ministro della giustizia Nordio, dovrebbero essere oggetto di riforma ci sono l’abuso d’ufficio  e il reato di traffico di influenze. Entrambe hanno incontrato il secco “no” da parte dell’ANM. “In Italia vi sono sufficienti strumenti per tenere sotto controllo la corruzione. Nell’Unione Europea sanno bene quali sono in Italia organi e procedure incaricati di questa funzione – spiega il prof. Cassese -. Quindi, l’intervento proposto al governo è fattibile e auspicabile”.

SABINO CASSESE: “UNA GIUSTIZIA IN RITARDO NON È AUTENTICA GIUSTIZIA”

Nel libro “Il governo dei giudici” (Laterza, 104 pagine, 12 euro) il prof. Cassese ha descritto la magistratura come un’istituzione che non gode più della piena fiducia dei cittadini e al cui interno vi sono degli squilibri. “I giudici hanno come compito principale quello di dare giustizia. Una giustizia in ritardo non è autentica giustizia. Una giustizia che si fa sulle pagine dei giornali e non nelle aule giudiziarie non è autentica giustizia. Una giustizia amministrata da magistrati che sono considerati come partigiani non è una giustizia autenticamente imparziale – conclude il giurista -. Quindi, le priorità sono: una giustizia sollecita; una giustizia discreta; una giustizia gestita da magistrati imparziali”.

(Pubblicato su Policy Maker)

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