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Tunisia

Perché è sacrosanto dire No al Sì della nuova casta dei sedicenti anti casta

Come Gianfranco Polillo voterà al referendum

 

Vi sono i buoni selvaggi e gli elettori colti. Ma solo i primi voteranno “Sì” al referendum costituzionale. Basta guardare alle motivazioni che hanno accompagnato questa sgangherata campagna elettorale. Da un lato gli interventi, fin troppo sofisticati, di uomini come Luciano Violante o Carlo Cottarelli. Dall’altro la discesa in campo di Luigi Di Maio, che la settimana prossima giocherà la sua partita per la vita. Se passerà il taglio dei parlamentari potrà continuare a dare le carte, seppur tra un numero di giocatori sempre più ridotto. In caso contrario il declino dei 5 stelle subirà un altro colpo. A dimostrazione della grande maturità degli italiani.

All’inizio della loro discesa in campo, si poteva anche sbagliare. Nella tradizione politica italiana gli elettori non hanno mai votato solo a favore di una forza politica. Più spesso hanno votato “contro” per evitare, come si diceva una volta, salti nel buio. Un “progresso senza avventure”: era questo uno degli slogan più fortunati della Dc, contro il sovrastante pericolo del comunismo. E non è stato una caso se, all’indomani della caduta del muro di Berlino, sia stata la sinistra italiana (post-comunista) a trarne i maggiori vantaggi.

Si poteva anche sbagliare, si diceva all’inizio, a causa degli errori, più che tragici, commessi, in precedenza, sia dal vecchio centro destra che dal suo omologo di sinistra. Un susseguirsi di occasioni sprecate ed un’alternanza di governo vissuta sempre come un “nuovo inizio”. Per cui la prima preoccupazione del nuovo Governo era disfare quanto fatto da quello precedente. Sarà forse un caso che, oggi si ricominci a parlare, in un campo così delicato come quello delle pensioni, di ripristinare il vecchio “scalone di Maroni”, pensato nel 2004, ma poi abolito dal successivo governo di Romano Prodi.

Le colpe attribuite loro, giuste o sbagliate che fossero, avevano alimentato nella maggioranza degli elettori una voglia di cambiamento. Ancora una volta “contro”. A maggior ragione, dopo la retorica della “casta”. Dapprima una semplice invenzione giornalistica, quindi testa d’ariete per imporre, memori di quanto era avvenuto nel ‘92, una nuova palingenesi. Come se si trattasse di una cosa ordinaria, capace di ripetersi a distanza di qualche anno. Ci voleva comunque tutta la sensibilità di un uomo di teatro, come Beppe Grillo, per trasformare, come sulla scena, una semplice sceneggiatura in una storia di successo.

Per un po’ lo slogan della lotta contro la “casta”, di cui la riforma costituzionale porta le stimmate, ha retto. Per i nuovi inquilini dei palazzi del potere, l’importante era non muoversi, per non sbagliare. Ma anche per questo sono necessarie capacità che i grillini non hanno dimostrato di possedere. Poi, seppure, lentamente: il disincanto. Non solo sotto il vestito niente, ma un continuo rinnegare sé stessi ed i simboli del proprio “avvento” elettorale. Si possono dimenticare le sconfitte sulla Tav, quelle sulla Tap, sull’Ilva? E via dicendo. Per non parlare del marasma di Roma o di Torino.

Ed è così che la presunta anticasta si è trasformata in una nuova “casta”, senza per altro avere le qualità intrinseche delle vecchie classi dirigenti italiane. Non solo di quelle repubblicane, ma anche di quelle vissute sotto lo Statuto Albertino. Si pensi, solo per fare un esempio, a quella che fu la gestione della bonifica Pontina. Non solo una colossale opera di ingegneria idraulica, ma una strategia politica complessa, che portò al trasferimento di migliaia di coloni da un capo all’altro della Penisola, dando loro una nuova speranza di vita.

Con questo referendum, i grillini vorrebbero annullare tutto questo e ripartire dall’inizio. Da quelle parole d’ordine semplificate, che esprimono, del resto, un universo culturale che è quello che è. Sperando ch’esso di nuovo possa fare presa. Ma rispetto ad un paio di anni fa le differenze sono profonde. Allora l’opinione pubblica era soprattutto contro i vecchi politici, ridotti al rango di politicanti.

Oggi le parti si sono invertite. Il che rende tutto molto più difficile e galvanizza, sul filo di lana, i fautori (noi tra questi) del “No”.

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